Calcio

Verona fa pace con la sua storia: dalla assurda retrocessione di Malesani al miracolo di Baroni, storia di un’impresa

Il capolavoro non sta tanto nell’aver centrato l’obiettivo, quanto nel modo in cui lo si è raggiunto. Perché c’è stato un periodo, all’incirca fra dicembre e febbraio, in cui qualsiasi accenno a una possibile salvezza del Verona poteva essere equiparato a una battuta da avanspettacolo. Neanche quattro mesi più tardi, invece, la storia è molto diversa. L’Hellas ha centrato una miracolosa salvezza. E per di più con una giornata di anticipo. Ma ci è riuscito soprattutto ribaltando quell’impresa al contrario che era diventata una macchia indelebile nella propria storia. È la stagione 2001/2002. Sulla panchina gialloblù è seduto Alberto Malesani, il gran visir di tutti gli allenatori dalla mentalità offensiva, un innovatore troppo spesso frenato da un carattere complesso.

In rosa ci sono giocatori come Ferron, Oddo, Zanchi, Frick, Gilardino, Mutu, Camoranesi, Italiano, Colucci, Cossato, Dossena, Cassetti, Adailton e Paolo Cannavaro. All’undicesima giornata il derby con il Chievo, allora addirittura primo in classifica, assomigliava a uno spareggio tricolore. La squadra di Delneri passa in vantaggio prima con Luciano e poi con Corini. Solo che si fa recuperare dal gol di Oddo, dall’autorete di Lanna e dal centro di Camoranesi. Al fischio finale è 3-2 per l’Hellas. Malesani, che al Chievo ci aveva passato una vita, dà vita a un’esultanza diventata iconica. Prima corre sotto la curva. Poi si inginocchia davanti ai tifosi. Infine si rialza e scivola riuscendo a tenersi sulle mani. Quel Verona assomiglia a un gioiellino, a un meccanismo perfetto. È così fino al pomeriggio del 17 febbraio. Si gioca la giornata numero 23. I gialloblù sono settimi e sognano l’Europa. Solo che vengono seppelliti sotto tre reti dall’Inter di Hector Cuper. È la debacle che infrange l’incantesimo. Nelle ultime 11 giornate il Verona raggranella appena 7 punti. E finisce in B. È un’impresa al contrario che con il passare degli anni si è trasformata in barzelletta, argomento di discussione per i nostalgici di una Serie A zeppa di fenomeni.

Ora l’Hellas di Marco Baroni ha fatto pace con il suo passato. Perché la salvezza appena conquistata è stata il frutto esattamente del percorso inverso. L’inizio era stato con il piede pigiato sull’acceleratore. Vittoria contro l’Empoli. Vittoria contro la Roma. E dopo due giornate il Verona si era trovato in testa alla classifica. Poi però le cose sono cambiate in fretta. Nelle successive quattordici partite la squadra aveva raccolto appena cinque pareggi. La classifica aveva smesso di sorridere. L’Hellas era diventato triste e solitario ma non final, visto che la stagione disperata della Salernitana aveva già prenotato per i campani l’ultimo posto in graduatoria. La stagione era stata centrata in pieno dalla Legge di Murphy a dicembre. Prima il presidente del club, Maurizio Setti, viene indagato per una serie di sponsorizzazioni ottenute mediante fatture false. Poi la Guardia di Finanza sequestra preventivamente il 100% delle azioni del club detenute da Setti.

È una bomba così grande che rischia di far saltare in aria tutta la società. Il mercato di gennaio diventa un esercizio a rovescio. Non si acquista per rafforzare. Si vende per sopravvivere. Le partenze sono state così numerose da diventare praticamente impossibili da seguire. Tanto che molti giornali specializzate hanno preferito parlare di “numerosi” colpi in uscita senza specificarne il numero esatto. La contabilità è comunque pesante. In ordine sparso sono partiti Ngonge (Napoli), Hiem (fresco vincitore dell’Europa League con l’Atalanta), Doig (Sassuolo), Terracciano (Milan), Amione (Santos Laguna), Hongla (Granada), Djuric (Monza), Saponara (Ankaragücü), Faraoni (Fiorentina), Günter (Fatih Karagümrük). In conferenza stampa il ds Sean Sogliano spiega: “Dopo una serie di considerazioni, abbiamo deciso di puntare su giocatori ancora poco conosciuti ma con importanti esperienze nelle massime serie”. E ancora: “Quando una società prende coscienza della sua situazione economica, è doveroso migliorarla per evitare di avere delle problematiche future. C’era un momento in cui avrei voluto spegnere il telefono per evitare di ricevere altre offerte e non nego che abbiamo rifiutato anche altre due otre proposte importanti. Poi è chiaro che io non sia stato contento di vendere Ngonge ma quando ti arrivano offerte del genere non si possono non accettare”.

Nella categoria “giocatori ancora poco conosciuti” rientrano i nuovi acquisti: Noslin, Mitrovic, Tavsan, Dani Silva, Belahyane, Świderski, Centonze e Vinagre. L’Hellas incassa 45 milioni di euro. Non ne spende neanche 8. Ha la rosa meno preziosa di tutta la Serie A (appena 68.3 milioni di euro, sostanzialmente come il Parma, la prima di B). Sembra tutto finito. Invece i giocatori iniziano a incastrarsi l’uno con l’altro. Fino a quando la squadra non sembra avere addirittura più senso che in passato. Merito dei nuovi, ma anche dei vecchi. Michael Folorunsho, cartellino di proprietà del Napoli (con zero presenze all’attivo) e una serie di prestiti tra Bari (due volte), Reggina (due volte) e Pordenone, si conferma come uno dei giocatori più interessanti di questa Serie A. Verso la fine di aprile la Procura di Bologna dispone la revoca del sequestro preventivo delle quote del club di Setti. È il segnale che qualcosa sta cambiando. Il girone di ritorno è un manifesto del romanticismo. Il Verona mette insieme 23 punti, uno in più della Juventus. Se il campionato fosse iniziato a metà gennaio il club gialloblù viaggerebbe intorno al decimo posto. Nelle ultime cinque partite la strada è tutta in salita. Il Verona però pareggia contro l’Atalanta e vince contro l’Udinese e la Fiorentina. Si gioca tutto lunedì scorso contro la Salernitana. Baroni prende i suoi giocatori e versa nelle loro calotte craniche una fame impensabile solo qualche mese prima. Il risultato lo conoscono tutti. L’Hellas vince 2-1. Ed è salvo. A fine partita Baroni dice: “Devo ringraziare anche il direttore Sean Sogliano perché comunque a gennaio ci siamo guardati e abbiamo detto che eravamo rimasti su una barchetta, con un remo per uno”. Ed è stato allora che il tecnico ha dimostrato di non aver paura dell’altezza delle onde.