C’è chi dice che non conosce bene le sfumature dell’italiano, chi invece è convinto che ci sia un preciso calcolo politico alla base dell’utilizzo di quel termine, “frociaggine“. Una parola così fuori dagli schemi che il solo pensare che l’abbia pronunciata Papa Francesco crea un cortocircuito clamoroso. Tutti però, dentro e fuori il Vaticano, sono concordi su un aspetto: l’utilizzo di termini ed espressioni spiazzanti, spesso mutuate da stereotipi e gergo iper popolare, fanno parte della cifra comunicativa del Pontefice. Che quando lascia perdere i discorsi preparati e parla a braccio spesso e volentieri “non si tiene”. E allora “frociaggine”, allora “zitellone” alle suore, allora i cristiani che “non devono fare i figli come i conigli”, allora “pugno in faccia” a chi insulta “la mia mamma”, tutti episodi ricordati dal Corriere della Sera. Al netto della questione comunicativa, tuttavia, ci sono le conseguenze delle parole in libertà di Bergoglio fuori e dentro la Santa Sede. In questo ultimo caso, la boccaccesca presa di posizione del Papa argentino ha chiuso in partenza la questione dell’ammissione degli omosessuali ai seminari, punto che dovrebbe essere all’ordine del giorno del prossimo sinodo al pari delle donne diacono (anche in questo caso Bergoglio è contrario). Proprio ciò che accade nei seminari, a leggere Repubblica (che ha ripreso la notizia pubblicata da Dagospia domenica 26 maggio) è una delle enormi preoccupazioni del Pontefice.
Il documento dei preti – In tal senso, torna d’attualità l’iniziativa di un gruppo di lavoro sinodale formato da sacerdoti con un orientamento omosessuale che inviò un proprio elaborato alla Conferenza episcopale italiana e alla Segreteria del Sinodo nella fase di preparazione dell’assemblea sulla sinodalità (la cui seconda sessione avrà luogo nel prossimo ottobre, magari con nuovi contributi sulla materia). “Crediamo che una visione più limpida sull’orientamento sessuale, scientificamente fondata e spiritualmente in ascolto delle chiamate di Dio, possa portare maggiore serenità alla Chiesa; essa permetterebbe a tutti i suoi presbiteri e religiosi di stare a testa alta con tutti ed essere più pacificati e riconciliati, sinceri, perché meno gravati da pregiudizi e più liberi – scrivevano i promotori -. Sarebbe un dono per tutti, omosessuali ed eterosessuali presenti nei presbiteri e nelle comunità religiose; sarebbero eliminate le falsità nei rapporti coi confratelli; crescerebbe per tutti la capacità di ascolto e la sensibilità”. Il documento, intitolato ‘Con tutto il cuore’, è il risultato della condivisione di una cinquantina di preti con orientamento omosessuale o bisessuale, che si sono incontrati tra febbraio e marzo 2022. Uno di loro ha fatto sapere: “Il fine di questa lettera non è recriminare un diritto, ma il forte desiderio che da domani ogni anima che si avvicina, che entra in Chiesa possa sentirsi accolta da Dio stesso, dalla sua Parola, dal suo essere Amore“.
Il parroco – Non mancano reazioni anche dalle varie parrocchie italiane. A scrivere una lettera aperta al Papa è stato don Dino D’Aloia, direttore dell’ufficio di pastorale con le persone LGBT della diocesi di San Severo (Foggia) e parroco di San Giuseppe Artigiano. “Caro Papa Francesco – gli scrive il parroco da anni impegnato in un percorso pastorale di inclusività della comunità Lgbtq – l’orientamento omosessuale – non é una scelta ma una condizione che si scopre di avere, a volte con grande sofferenza. È ovvio che nel sacerdozio celibatario attualmente sostenuto dalla Chiesa così come per gli eterosessuali anche per gli omosessuali non c’è posto per rapporti fisici intimi – spiega il presule – ma non capisco perché un omosessuale dovrebbe essere escluso dal seminario e dal sacerdozio solo perché senza sua scelta si ritrova a vivere la sua condizione affettiva. Questa direttiva – prosegue – è fortemente lesiva dell’aspirazione vocazionale che Dio mette nel cuore di alcuni omosessuali. Che poi in questo modo non si fa altro che invitare al nascondimento, alla finzione e all’ipocrisia. Non c’è altra strada per chi sa di essere gay e desidera la santità nel sacerdozio. Io stesso – conclude – conosco preti che vivono questa condizione non scelta e sono di grande esempio per me”.
Le reazioni fuori dalla Chiesa – “Mi definisco fieramente frocia“. Parola di Imma Battaglia, la leader storica del movimento Lgbt Italia, secondo cui “quando il politically correct non ha azioni in linea con la correttezza politica è evidente che è una ipocrisia, perciò preferisco che mi dica in faccia frocio”. Sulle affermazioni di Papa Francesco la sua idea è chiara: “Sono rimasta senza parole perché per quanto questo Papa sia popolare mi lascia delusa e offesa. La scelta di seguire un’ispirazione teologica deve anche seguire regole che dovrebbero essere uguali per tutti – argomenta – Se si sceglie quella strada c’è il celibato, l’astensione dalla sessualità, che vale tanto per gli eterosessuali che per gli omosessuali”. Secondo la Battaglia questa è una discriminazione: “Come c’è tanta frociaggine, c’è tanto puttanaio. È sempre la stessa cosa, le regole non sono uguali per tutti, mi faccio una risata ma mi dà molto fastidio: io dico né frociaggine né puttanaggine“.