Mentre l’esercito di Israele prosegue nelle operazioni militari a Rafah nonostante la Corte internazionale di giustizia dell’Aja ne abbia ordinato la sospensione, sul fronte internazionale continuano a levarsi le voci di protesta contro quello che sta accadendo nella Striscia. L’Algeria ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza Onu per discutere gli ultimi raid israeliani sulla città a sud di Gaza. L’incontro, che si terrà a porte chiuse, è stato confermato per oggi alle 15.30 ora di New York, le 21.30 italiane.
Qualcosa si muove anche a Bruxelles. La Commissione europea è impegnata nelle “procedure necessarie” per estendere l’invito a Tel Aviv a partecipare al Consiglio d’associazione Ue-Israele e spera che il governo israeliano “accetti l’invito al più presto perché le questioni da discutere sono abbastanza urgenti”. Lo ha riferito un portavoce dell’esecutivo Ue all’indomani dell’intesa trovata tra i ministri degli Esteri europei a convocare la riunione nell’ambito dell’accordo commerciale Ue-Israele, noto anche come Accordo di associazione.
I Paesi dell’Unione intendono porre sul tavolo della riunione la situazione dei diritti umani a Gaza, il rispetto della sentenza della Corte di giustizia internazionale sullo stop all’offensiva a Rafah, i fondi all’Autorità nazionale palestinese e la legittimità del lavoro dell’Unrwa, chiedendo a Israele di “smettere di definirla un’organizzazione terroristica”. Il Consiglio d’associazione, ha precisato il portavoce della Commissione Ue, rappresenta il livello di confronto bilaterale “più alto” tra l’Ue e i Paesi terzi.
Comincia anche a intravedersi all’orizzonte la possibilità di iniziative concrete. “Per la prima volta” i ministri degli Esteri dell’Ue si sono impegnati in una discussione “significativa” sulle sanzioni contro Israele se non rispetta il diritto internazionale umanitario, ha detto il ministro degli Esteri irlandese Micheal Martin, secondo il quale “c’è stato un consenso molto chiaro sulla necessità di sostenere le istituzioni giuridiche umanitarie internazionali”.
Mentre si moltiplicano le iniziative internazionali e continuano i raid dell’Israel Defense Force su Rafah, Tel Aviv si muove sul piano della diplomazia. Il giornalista Barak Ravid di Axios ha riferito che ieri Israele ha consegnato ai mediatori di Egitto, Qatar e Usa un proposta “ufficiale scritta e aggiornata” su un possibile accordo per il rilascio degli ostaggi. Secondo Ravid la proposta mostra più flessibilità sul “numero degli ostaggi vivi” che saranno rilasciati e anche “la volontà di discutere la richiesta di Hamas di una calma sostenibile a Gaza”. Ora – secondo la stessa fonte – il Qatar incontrerà Hamas a Doha.
Spagna, Irlanda e Norvegia riconoscono lo Stato di Palestina – Gli Stati che non lo hanno ancora fatto, intanto, continuano a muoversi in ordine sparso verso il riconoscimento della Palestina. Il premier spagnolo Pedro Sanchez in una dichiarazione istituzionale in spagnolo e in inglese ha annunciato che “nella riunione del Consiglio dei ministri di oggi il governo della Spagna approverà il riconoscimento dello Stato di Palestina. La Spagna si unisce così a oltre 140 Paesi nel mondo che già lo riconoscono. Si tratta di una decisione storica con l’unico obiettivo: contribuire che israeliani e palestinesi raggiungano la pace”. In particolare Sanchez ha affermato che la Spagna “non riconoscerà cambi sulle linee di frontiera del 1967 che non siano concordati fra le parti”. Ha specificato che lo Stato riconosciuto da Madrid include Cisgiordania e Gaza “collegate da un corridoio, con Gerusalemme est come capitale e l’Autorità Palestinese come autorità nazionale. “Non è una dichiarazione contro nessuno, tanto meno contro Israele, un popolo amico col quale vogliamo avere i migliori rapporti possibili”, ha spiegato il premier, aggiungendo che “la Spagna continuerà ad appoggiare la Palestina”. Il riconoscimento avviene in contemporanea con quello dei governi di Irlanda e Norvegia.
Irlanda e Norvegia si sono unite alla Spagna nel formalizzare una decisione annunciata congiuntamente la settimana scorsa. Davanti alla Leinster House, sede del parlamento irlandese, da questa mattina la bandiera palestinese sventola accanto a quella europea e ucraina. “Questo è un momento importante e penso che mandi un segnale al mondo che ci sono azioni pratiche che si possono svolgere come Paese per contribuire a mantenere viva la speranza e l’obiettivo di una soluzione a due Stati in un momento in cui altri stanno tristemente cercando di bombardarla fino all’oblio”, ha dichiarato il taoiseach, Simon Harris, prima della riunione del governo che ha formalizzato la decisione.
La Norvegia, che non è membro Ue ma spesso allinea la sua politica estera a quella del blocco, ha sottolineato tramite il ministro degli Esteri, Espen Barth Eide, che il riconoscimento dello Stato di Palestina rappresenta “una pietra miliare” per le relazioni bilaterali e ha evidenziato che Oslo è “da più di 30 anni” uno dei “più forti difensori” dei palestinesi. Eide, che domenica ha consegnato al primo ministro e ministro degli Esteri palestinese, Mohamed Mustafa, un documento formale con il riconoscimento dello Stato di Palestina, ha espresso “fiducia” che “il governo palestinese continuerà il difficile lavoro di riforma e getti le basi per governare in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza dopo un cessate il fuoco”. Secondo il capo della diplomazia di Oslo, si tratta di “una ferma espressione di sostegno alle forze moderate di entrambi i Paesi”.
L’annuncio di Sanchez riaccende la polemica tra Madrid e Tel Aviv. “E’ una giornata storica, finalmente il nostro Paese compie un mandato ricevuto dieci anni fa e questa è la strada che deve portarci verso la pace”, ha commentato la vicepremier e leader di Sumar, Yolanda Diaz. Tuttavia “il passo che facciamo oggi con il riconoscimento dello Stato palestinese è chiave, ma con quello cui stiamo assistendo in Palestina non è sufficiente e dobbiamo fare passi avanti”, ha aggiunto. Secondo la Diaz, Spagna deve chiamare a consultazione l’ambasciatrice in Israele e deve unirsi alla denuncia del Sudafrica davanti la Corte internazionale di Giustizia per crimini contro l’umanità, oltre a esigere l’embargo totale di armi a Israele. “Stiamo assistendo a un autentico massacro, un autentico genocidio” a Gaza, ha detto la vicepremier.
Israele: “Madrid complice dell’incitamento al genocidio degli ebrei” – Immediata la risposta di Tel Aviv. Khamenei, Diaz e Sinwar “vogliono la scomparsa dello stato di Israele e la creazione di uno stato terroristica islamico dal fiume al mare”, ha scritto su X il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz, accompagnando le sue parole con un montaggio fotografico in cui affianca le immagini del capo politico di Hamas a Gaza Yahya Sinwar, a quelle della vicepremier spagnola e dell’ayatollah Ali Khamenei. Katz accusa quindi Sanchez “non licenziando Yolanda Díaz e annunciando il riconoscimento dello Stato palestinese” di essere “complice dell’incitamento all’omicidio del popolo ebraico e dei crimini di guerra”.
Schlein (Pd): “Anche l’Italia e l’Ue riconoscano la Palestina” – In Italia il Partito democratico si accoda. “Abbiamo visto che la Spagna e la Norvegia hanno proceduto al riconoscimento”, ha detto la segretaria Elly Schlein, “sarebbe ora che lo facesse anche l’Italia. Noi insistiamo sul riconoscimento a livello di Unione europea perché possa aiutare il percorso di pace, un processo di pace in Medio Oriente che è più necessario che mai”. “Quindi bene le notizie che arrivano dalla Spagna e la Norvegia, si muova anche l’Italia”, ha aggiunto.
Gli Usa valutano se Israele ha varcato la linea rossa – L’amministrazione Biden sta ancora valutando se l’attacco israeliano che domenica ha ucciso almeno 45 sfollati palestinesi in una tendopoli a Rafah costituisca una violazione della “linea rossa” suggerita da Joe Biden: lo riferisce Axios citando due dirigenti americani.
Londra: “L’indagine sia rapida e trasparente” – Il ministro degli Esteri britannico David Cameron ha definito come “profondamente angoscianti” le immagini diffuse dai media dopo il raid condotto dagli israeliani a Rafah e chiesto che l’indagine dello Stato ebraico sia “rapida, completa e trasparente“. “Abbiamo urgentemente bisogno di un accordo per liberare gli ostaggi e far entrare gli aiuti, con una pausa nel conflitto per consentire di lavorare a un cessate il fuoco sostenibile a lungo termine”, ha aggiunto Cameron sul suo profilo di X.
Pechino: “Grave preoccupazione” – Anche la Cina ha espresso “grave preoccupazione” per l’azione militare di Israele in corso a Rafah. La portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning, nel briefing quotidiano, ha sollecitato “tutte le parti a proteggere i civili e le loro strutture”.