Sono un alcolizzato al 100% e lo ammetto. Sono un tossicodipendente in via di guarigione. Quando ho lasciato il Millonarios ho toccato il punto più basso perché in quegli anni la mia dipendenza è diventata molto seria. Non lavoravo più in allenamento, avevo perso la mia dignità, la fiducia delle persone care e la cosa più importante e preziosa che ho, ovvero i miei tre figli. Ho perso molte cose a livello sentimentale e amoroso“. Senza filtri e con una sincerità disarmante, Fredy Guarin ha messo a nudo le proprie fragilità raccontandosi alla rivista Semana. Il centrocampista colombiano, con un passato all’Inter, ha parlato di un periodo molto doloroso della sua vita in cui si è rifugiato nelle dipendenze: “Purtroppo a un certo punto mi sono lasciato “distrarre” e mi sono aggrappato all’alcol: ho commesso molti errori, ho preso decisioni sbagliate, ho ferito molte persone, ho fatto stare male i miei cari e i miei amici. Sui social sono stato immortalato in situazioni brutte o strane perché l’alcol è sempre stato il peggior fattore scatenante per tutto ciò che mi accadeva”, ha raccontato.

Dopo aver toccato il fondo, però, il calciatore ha avuto il coraggio di reagire: “È arrivato un punto in cui non potevo più continuare così. Ho dovuto chiedere aiuto, lo avevo già fatto diverse volte, ma avevo sempre una ricaduta. Ho dovuto arrendermi e chiedere aiuto ad alcuni professionisti con cui sto lavorando per rimettere a posto le cose, per riacquistare la fiducia dei miei figli, dei miei parenti e dei miei amici. Da solo non potevo farcela. Stavolta però è tutto diverso e questa è la volta definitiva. So già quale non è la strada, e so che la strada è Dio, che mi dà forza ogni giorno e una vita sobria e sana, per poter dare ai miei figlio tutto l’amore che ho per loro”.

“Non avevo alcun rispetto della mia vita” – Guarin racconta che le sue paure più profonde erano di morire e finire in carcere, ma “senza saperlo”, spiega, “vivevo in un carcere condannato a morte. In quel cammino oscuro che stavo facendo ero vicino alla morte perché non avevo rispetto, non avevo limiti, non avevo coraggio e mi lasciavo portare ogni giorno più in là in quel buco. Ho bussato alle porte dell’inferno. So di cosa si tratta e non voglio mai più tornare a quella vita. Non capivo quello che rischiavo quando ero ubriaco. Sono stati momenti molto dolorosi e la prigione la stavo già vivendo”. Dopo aver vistato tanti amici famosi voltargli le spalle, il centrocampista ringrazia chi è ancora al suo fianco: “Ora so chi sono i miei amici veri, quelli che vogliono vedermi stare bene. Mi sono stati accanto Falcao, James Rodriguez, Juan Fernando Quintero, Ospina, Cuadrado, Zanetti, Córdoba e altri che erano lì in quei momenti bui”.

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