Il danno ambientale ed economico. Hanno come sempre un doppio volto le conseguenze degli illeciti in materia ambientale e lo hanno maggior ragione in Campania dove il traffico dei rifiuti ha infestato alcune aree del territorio ormai tragicamente noto come Terra dei Fuochi. La nuova operazione da parte dei Carabinieri del Noe, coordinata dalla Dda, ha portato all’arresto di dodici persone nelle province di Napoli, Avellino, Benevento e Salerno per traffico illecito di rifiuti speciali e corruzione. Le indagini, iniziate nel mese di gennaio 2023, hanno svelato l’attività di un’associazione che smaltiva illecitamente i rifiuti speciali di provenienza industriale nell’impianto pubblico di Tufino.
Oltre 1000 tonnellate di rifiuti speciali sono state smaltite, secondo gli inquirenti, con un aggravio di costi alla Sapna – società interamente partecipata dalla città metropolitana di Napoli che gestisce il ciclo integrato dei rifiuti solidi urbani della area metropolitana del capoluogo – per circa 500mila euro, oltre i danni spesso causati all’impiantistica dallo sversamento di rifiuti anche ferrosi. Lo smaltimento ha causato danni agli impianti rimasti bloccati per lunghi periodi. Gli stessi militari hanno sottoposto a sequestro le due aziende private produttrici di rifiuti industriali.
I finanzieri Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria hanno poi eseguito un sequestro da 200 milioni di euro nei confronti dei fratelli Giovanni, Cuono e Salvatore Pellini, imprenditori di Acerra, in provincia di Napoli, operanti in diversi settori economici, tra i quali la gestione del recupero, smaltimento e riciclaggio di rifiuti urbani e industriali. La notifica del provvedimento è stata contestuale a un ordine di dissequestro e restituzione della Cassazione. Il nuovo decreto di sequestro è stato emesso dalla sezione per l’applicazione delle misure di prevenzione del Tribunale di Napoli su richiesta della Procura.
Le modalità per bypassare il sistema
Le prime anomalie erano state inizialmente segnalate dalla Sapna. Secondo le indagini degli inquirenti dell’associazione a delinquere fanno parte diverse figure professionali tra cui gli amministratori di alcune aziende di rifiuti speciali delle province di Napoli e Salerno, autisti di automezzi adibiti alla raccolta di rifiuti urbani e alcuni dipendenti infedeli dell’impianto di Tufino.
Gli autisti delle due società avevano un ruolo specifico, ovvero quello di fare da tramite tra i produttori di rifiuti speciali e gli operai addetti alla gestione dei rifiuti all’interno dello Stabilimento di Tritovagliatura ed Imballaggio Rifiuti (Stir) che consentiva loro di intascare denaro, in cambio del servizio reso. Essenziale il ruolo degli addetti al TMB (Trattamento meccanico biologico) di Tufino, perfettamente organizzati per bypassare il rigido sistema di controllo previsto dalla Sapna e consentire agli autisti degli automezzi di operare indisturbati. Secondo quanto raccolto infatti, era stato studiato un piano ad hoc: una squadra veniva incaricata di fornire i propri turni di lavoro ai complici esterni così da pianificare e sversare in piena tranquillità gli illeciti. Alcuni degli indagati, dopo aver effettuato gli smaltimenti, completavano la loro collaborazione rubando anche delle bobine di ferro, del valore di circa 20.000 euro, utilizzate nell’impianto di Tufino per imballare i rifiuti, occultando le stesse all’interno degli stessi autocompattatori.
Il gip: “In concorrenza con la criminalità organizzata” – Sottolinea “la concreta e grave capacità criminale” dei tre fratelli imprenditori di Acerra (Napoli) Giovanni, Cuono e Salvatore Pellini, il Tribunale di Napoli (presidente Teresa Areniello) nel decreto con il quale ha disposto nuovamente a loro carico un sequestro di beni da oltre 200 milioni di euro. I fratelli Pellini, sottolinea il giudice per le indagini preliminari, “hanno avviato le loro attività e hanno prosperato in un settore imprenditoriale tradizionalmente riservato alla criminalità organizzata, prescindendo da essa” anzi “agendo in concorrenza con essa”, “operando in maniera assai spregiudicata, certamente avvantaggiati anche dal ruolo istituzionale ricoperto da uno di essi che, sebbene esponente delle forze dell’ordine (Salvatore Pellini era un carabiniere), risulta essere uno degli organizzatori dell’associazione tesa al traffico di rifiuti che che si avvaleva per i suoi scopi dell’attività imprenditoriale formalmente attribuita ai (suoi) fratelli Pellini, Giovanni e Cuono”. In sostanza, secondo il Tribunale, ma anche secondo la Procura e la Guardia di Finanza di Napoli, “si sono resi autori di gravissime condotte, le cui dannose conseguenze si sono riverberate e si riverberano tutt’oggi sulla salute pubblica e, in particolare, sulla comunità di Acerra“.
Gli arrestati, gli indagati e i ruoli – Tra gli arrestati c’è chi teneva i contatti con gli imprenditori interessati al business, i dipendenti infedeli, tutti della stessa squadra, che facevano passare e trattavano i carichi di rifiuti speciali che nello Stir di Tufino non si dovevano neppure avvicinare. C’era chi faceva in modo che gli approdi nell’impianto degli autocompattatori rigorosamente senza geo localizzazione non lasciassero alcuna traccia documentale. I destinatari delle misure cautelari sono Michele Salvatore Esposito (autista della società Super Eco) ritenuto insieme con Giuseppe D’Elia (dipendente della Sapna), capo e promotore dell’associazione a delinquere. Era lui a coordinare gli autisti coinvolti nello smaltimento illecito dei rifiuti speciali nello stir di Tufino (Napoli). Non solo. Procacciava, secondo gli inquirenti della Dda, gli imprenditori interessati al business e attraverso D’Elia si teneva in contatto con i dipendenti “infedeli” dell’impianto. È ritenuto coinvolto anche nel furto delle bobine di ferro da 20mila euro ciascuna.
Anche D’Elia, secondo l’ipotesi accusatoria, era il referente degli autisti che trasportavano i rifiuti, riceveva, per carabinieri e pm, i compensi da distribuire alla squadra di cui faceva parte. Altro indagato e destinatario di misura cautelare è Carmine Felice Aufiero, dipendente e autista della cooperativa Multy Service di Palma Campania (Napoli): prelevava, secondo gli inquirenti, i rifiuti nelle ditte degli imprenditori presuntamente collusi e li trasferiva nello Stir. Anche lui è ritenuto dalla Dda coinvolto nel furto delle bobine, come Francesco Somma, dipendente e autista della Super Eco srl.
Poi ci sono due dipendenti della Sapna addetti alla pesatura dei rifiuti: si tratta di Ludovico Petrillo e di Antonio Porcaro: erano loro ad occuparsi della verifica dei documenti dei rifiuti che accedevano all’impianto e, quindi, per gli inquirenti, erano loro, secondo l’accusa, che consentivano l’arrivo, lo scarico e la ripartenza degli autocompattatori avvenissero senza lasciare traccia. Indagato anche Enrico Menna, dipendente Sapna, addetto alla movimentazione e produzione ancora una volta della squadra B (che è quella coinvolta) dello Stir: per i carabinieri avrebbe avuto un ruolo nel furto delle preziose bobine che trasferiva negli autocompattatori con un muletto.
Pietro D’Afiero invece, anche lui dipendente Sapna in veste di gruista (sempre della squadra B dello Stir) pur non sapendo cosa stesse accadendo nell’impianto avrebbe, secondo l’ipotesi dell’accusa, omesso di rendere noti al capo turno gli affari illeciti. A redigere la documentazione di copertura, invece, era il capoturno (Squadra B dello Stir) Felice Raffaele Campitiello che, quindi, supervisionava gli smaltimenti illeciti. Poi ci sono gli amministratori di due società interessati all’affare: Giovanni Moccia (Polimec srl), Vincenzo Cesarano (Fratelli Cesarano srl). Il dipendente della Super Eco srl Antonio Musella invece si occupava di fornire agli autisti Michele Esposito e Francesco Somma degli autocompattatori privi di geo localizzazione e anche gli orari in cui conferire per non avere problemi, cioè in cui erano presenti i dipendenti “infedeli” dello Stir.