di Marcello Saltarelli e Silvia Panini*

Il governo della famiglia esorta le donne a fare più figli, ma poi taglia i fondi per le famiglie, per i comuni e per la sanità. È quello che la maggioranza di destra capitanata da Meloni sta facendo con le sue politiche. Nella bozza di decreto attuativo preparato dal ministero dell’Economia, che sta circolando in queste ore sui giornali, si annuncia un taglio dei fondi pubblici per 250 milioni di euro per i comuni italiani solo quest’anno, per arrivare a 1,25 miliardi di tagli totali entro il 2028.

I tagli saranno distribuiti a seconda dei fondi del Pnrr ricevuti da ciascun comune: i comuni che stanno ricevendo di più – e quindi investendo maggiormente – subiranno maggiori decurtazioni. Un bell’incentivo all’impegno, volendo essere ironici.

Il decreto si aggiunge ai tagli alla sanità pubblica, raccontati in maniera poco trasparente ma i cui effetti invece sono purtroppo tangibili. Sebbene infatti la spesa sanitaria in termini nominali sia cresciuta del 4,5%, tutto l’aumento è stato assorbito dall’inflazione (cresciuta nello scorso anno allo stesso tasso) e dai rinnovi contrattuali del personale, non lasciando di fatto margine agli investimenti. Inoltre, la spesa per la sanità pubblica italiana è ben lontana dalla media europea: il nostro paese alloca a questo settore meno della metà della Francia e il nostro potere d’acquisto nominale in termini di sanità è forte la metà di quello tedesco.

Insomma, non certo un sistema competitivo e di cui farsi lustro rispetto agli altri Paesi Ue.

La decisione del Mef è, secondo noi di Volt, al contempo pericolosa e rappresentativa del governo Meloni. È una decisione pericolosa perché questo ulteriore taglio ai fondi per i comuni e per la sanità ha un’unica diretta conseguenza: aumentare le ingiustizie sociali. Se si riducono ulteriormente le risorse per il sistema sanitario pubblico e se si tagliano i servizi che i comuni offrono ai cittadini, da quelli alla persona fino al trasporto pubblico, dalla raccolta rifiuti ai centri per l’accoglienza, significa che a questi servizi potranno accedere solo coloro che se lo potranno permettere. Significa che la coesione sociale dei nostri centri abitati verrà meno, un taglio alla volta, in maniera profonda.

Una rete sociale di previdenza capillare e accessibile come quella che i comuni dovrebbero offrire riduce il rischio di disagio e isolamento sociale. Proprio quel disagio che il nostro governo propagandisticamente promette di voler combattere con tutti i mezzi, dimenticando che l’esercito necessario per questo obiettivo non è quello militare, ma un esercito di operatori sociali, medici ed educatrici.

Ma davvero ci sorprende che questo governo abituato a sbandierare la famiglia come elemento fondante della società la consideri solo in quanto simbolo tradizionalista e non in termini di investimenti e tutele? Ci stupisce davvero che il governo Meloni attui questa misura, dopo che ha varato solo bonus una tantum per le famiglie – peraltro solo per madri con almeno due figli – non intervenendo sul tema stipendi e potere d’acquisto, e ignorando la riforma del salario minimo?

Senza investimento nei servizi pubblici non si investe nella comunità. Senza investimento nella comunità non c’è futuro. E non c’è neanche presente. Alla faccia del governo della famiglia.

*candidati di Volt alle elezioni europee per Volt Italia nella lista Pd

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