La centrale del riciclaggio italo-albanese da oltre 10milioni di euro, reinvestiti in una frenetica acquisizione di attività di ristorazione nel centro di Firenze, si trovava nel ristorante “Il Cavallino”. Qui una telecamera nascosta dagli investigatori della Guardia di Finanza ha ripreso a lungo la prassi della consegna di denaro “in nero”. Soldi ricavati, anche, dalla sottrazione dei contanti accumulati nei ristoranti comprati e gestiti dalla cricca, dove era prassi frequente non battere lo scontrino. È uno dei dettagli ricavati dal decreto di perquisizione ordinato ieri dalla Dda di Firenze – pm Crhistine Von Borries, procuratore aggiunto Luca Tescaroli, con il visto del procuratore Filippo Spiezia – ed eseguito in 23 luoghi diversi tra Firenze, Livorno e la provincia di Napoli.

La mappa del riciclaggio nei ristoranti a Firenze

Nove gli indagati noti: l’imprenditore Alessandro Bigi, presidente della squadra di calcio di Ischia, l’ex portiere “pararigori” del Napoli e della Fiorentina Pino Taglialatela, dal quale Bigi ha acquistato tra dicembre e gennaio le quote dell’Ischia calcio con il denaro ritenuto frutto dei proventi illeciti, l’albanese Elouert Kamani e altri suoi connazionali: Albiona Ziaj, Aminul Mohamad, Emad Abu Qubù, Leandra Quercetini, Redon Marku, Musa Kakuli, Samir Houjeiri, Darko Gilevski, Eros Giona, Orkes Kaman, tutti loro “anche dipendenti delle varie attività di ristorazione di Kamani e Bigi”, si legge nel decreto.

Si indaga per una associazione a delinquere finalizzata alla commissione di autoriciclaggio e appropriazione indebita. Un sodalizio del quale Kamani e Bigi sarebbero stati i promotori mentre la signora Ziaj sarebbe stata l’organizzatrice: a lei il compito di raccogliere e distribuire le direttive e il denaro da spartire. Taglialatela non è indagato del reato associativo, ma solo del reimpiego di capitali illeciti riciclati con l’acquisto del 50% delle quote dell’Ischia da parte di Bigi. Formalmente pagate poco più di 9 mila euro, di fatto con 100.000 euro, secondo l’accusa, che contesta all’ex calciatore anche 80.000 euro di fatture false per sponsorizzazioni dell’Ischia “fittizie in tutto o in parte”.

Va precisato che al momento queste sono solo ipotesi. Sulle quali i pm fiorentini, con l’aiuto anche dello Scico, cercano riscontri attraverso le attività di indagine e le perquisizioni compiute ieri a tappeto, anche in Albania, a Valona e nella stessa capitale albanese, Durazzo, Elbasan, da parte della Procura speciale contro corruzione e criminalità organizzata di Tirana (Spak).

L’obiettivo degli inquirenti è quello di risalire all’origine del fiume di denaro col quale Bigi e gli altri sono riusciti a fare incetta di ristoranti nel centro storico di Firenze a partire dal 21 dicembre del 2012, data di acquisto de “Il Cavallino”. Il decreto li elenca tutti: Osteria del Proconsolo, Il Cavallino, tre locali a insegna Gustavino, Locanda Fiorentina, Trattoria Giovanni, Lo Scudo, La Bistecca-Osteria Fiorentina, Braceria dei Tre Amici, Trattoria Ponte Vecchio, Osteria del Fiore Ristorante Pizzeria, Bisteccheria Santa Croce, Ristorante Caffè Pitti” (ora insegna ‘Trattoria de Pitti’), Orcagna, Osteria Antico Bottaio, Osteria Lungarno, Sasso di Dante, Bar/Ristorante Santa Maria Novella, Casa del Vin Santo, Osteria da Caterina, Museo della Bistecca, Lo Spuntino di Pesce, Osteria San Fiorenzo, Caffè della Galleria, Borgo Saccardi, Tre Pepi, Osteria le Pietre Bisteccheria, La Tenda Rossa, Cimatori 30 Osteria, Il Caminetto, Palapa.

Il sodalizio ha comprato anche il birrificio Kaizen, due alberghi e imprese di noleggio auto. Il meccanismo sarebbe stato sempre lo stesso: riciclare denaro in nero dalle attività già comprate, per prenderne di nuove e incrementare esponenzialmente il giro d’affari. Un flusso di soldi tale da consentire a Bigi una vita più che agiata e acquisti extralusso, tra cui una Ferrari ritirata direttamente a Modena “per € 270.000 e versando in nero altri € 137.110”, quelli trovati dalla stradale nella sua auto durante un controllo. Una delle tre Ferrari comprate in questi anni dagli indagati, insieme ad oro, gioielli e diamanti.

Nella fase iniziale delle indagini l’attenzione si è concentrata, come si legge dal decreto, “sui rapporti di contiguità, di cointeressenza, di vincoli interpersonali propri, talvolta anche di natura finanziaria, tra i soggetti indagati e personaggi collegati, a vario titolo, alla criminalità di matrice albanese e non solo, ovvero sodali di associazioni delinquenziali costituite prevalentemente da cittadini della medesima nazionalità”. Non sono però stati trovati riscontri su collegamenti tra il sodalizio di Bigi e Kamani e la delinquenza albanese. E quindi resta al momento senza risposta la domanda che alimenta i sospetti dei pm: come hanno fatto i due a comprare dal 2012 al 2022 circa venti ristoranti, mentre dichiaravano redditi incompatibili con questo giro d’affari? Solo da quell’anno in poi i loro guadagni ‘tracciati’ si fanno più consistenti, fino ai 250mila euro annui. E sempre da quell’anno, il 2022, sarebbe iniziata la prassi di non emettere scontrini. Per poi drenare quel denaro così ottenuto verso la “cassa comune” utilizzata sia per acquisire altre attività, sia per pagare anche in nero i dipendenti, la merce extralusso, le quote dell’Ischia. Si chiama “appropriazione indebita aggravata”.

L’avvocato Gennaro Tortora, difensore di Taglialatela, ha diffuso una nota con la quale afferma che “dalla lettura degli atti messi a disposizione la posizione di Taglialatela risulta estranea alle attività oggetto di indagine a carico di Bigi. Appare evidente che i rapporti tra gli stessi si fondassero esclusivamente su attività sportive dell’’Ischia Calcio’. L’indagato tiene ad esprimere la sua tranquillità in ordine allo sviluppo della vicenda giudiziaria, in relazione alla quale si è già reso disponibile per ulteriori chiarimenti, con il più ampio spirito di collaborazione”.

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