Trenta arresti tra la Lombardia, il Piemonte e la Calabria certificano lo strapotere della ‘ndrangheta nel mercato del traffico di stupefacenti. L’indagine condotta dagli investigatori del Servizio Centrale Operativo di Roma e della Squadra mobile di Como, ha portato all’esecuzione di 25 ordinanze di custodia cautelare in carcere e 5 agli arresti domiciliari.
Le persone sotto inchiesta sono accusate a vario titolo per associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, con l’aggravante dell’essere l’associazione armata, poi usura ed estorsione con l’aggravante del metodo mafioso, autoriciclaggio per aver riutilizzato i proventi dell’attività di spaccio per acquistare locali pubblici e finanziare società intestate fittiziamente prestanome e, infine, per avere indebitamente percepito finanziamenti con garanzia pubblica ottenuti attraverso presentazione di falsa documentazione contabile. Tra le persone coinvolte vi sono anche personaggi con precedenti per associazione a delinquere di stampo mafioso che, secondo gli investigatori ,”forti della comune appartenenza e cultura ‘ndranghetista, non si sono fatte scrupolo ad usare violenza nei confronti delle vittime di usura che non restituivano i prestiti ricevuti”. Alcuni di loro, affiliati alle “locali” di Erba e Canzo, sono stati condannati in un’altra inchiesta contro la ‘ndrangheta in Lombardia, l’indagine “Crimine-Infinto”.
In particolare le indagini hanno consentito di scoprire le attività illecite di due organizzazioni, operanti nel Comasco, dedite al narcotraffico e alla gestione delle locali piazze di spaccio, utilizzando metodi tipicamente mafiosi. Come ad esempio estorsioni legate a prestiti usurari ai danni di commercianti e imprenditori locali, attivi nei settori tessile, calzaturiero e dell’automotive, nonché l’indebito conseguimento di erogazioni pubbliche garantite dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese del Ministero del made in Italy. Tra i capi di imputazione vi è infatti quello relativo a un mutuo di 700mila euro, garantito dal fondo di garanzia per le Pmi, ottenuto attraverso società di comodo, create ad hoc per l’emissione di fatture fittizie. Nel corso delle indagini sono stati sequestrati anche 690mila euro in contanti, nascosti nel doppiofondo di un’auto utilizzata dagli indagati.
“L’indagine, svolta soprattutto grazie alle intercettazioni, ha evidenziato ancora una volta che il traffico degli stupefacenti costituisce non solo uno dei modi principali con cui le organizzazioni criminali accumulano enormi ricchezze ma anche un consolidato strumento per imporsi nei territori di riferimento”, ha detto Vincenzo Nicoli, direttore del Servizio Centrale Operativo. “Dall’inchiesta – spiega ancora – emerge che l’egemonia nel traffico di stupefacenti e una diffusa attività di usura sono state agevolate non solo dalla disponibilità di armi da parte dei vertici ma anche da sistematiche minacce che facevano riferimento alla contiguità di alcuni degli indagati a pericolose cosche della ‘ndrangheta, da tempo radicate nel comasco”.