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A Rafah Israele attacca i campi profughi: tre stragi in 48 ore e oltre 80 morti. Colpita anche la tendopoli che Tel Aviv dichiarava “sicura”

Doveva essere la ‘zona sicura‘ per i palestinesi di Rafah, si è trasformata nell’ennesimo cimitero di civili scavato nei crateri delle bombe israeliane. Non sono bastati i due massacri nel campo profughi di Tal al-Sultan, Tel Aviv ha lanciato i suoi missili anche sulla tendopoli di al-Mawasi, il ‘rifugio’ nel deserto nel quale aveva spinto centinaia di migliaia di persone con la promessa che lì sarebbero state al sicuro in caso di attacco su Rafah. L’ultima strage commessa da Israele va avanti ormai da 48 ore e le vittime lasciate sul terreno sono oltre 80. Secondo Axios, però, l’amministrazione Usa sta ancora valutando se l’attacco israeliano di domenica costituisca una violazione della “linea rossa” suggerita da Joe Biden. Mentre da Israele il portavoce militare Daniel Hagari nega: “Contrariamente ai rapporti di queste ultime ore, l’esercito non ha colpito nella zona umanitaria di al-Mawasi”. In serata il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana, John Kirby, ha fatto sapere che gli Stati Uniti “continuano a ritenere” l’operazione a Rafah “limitata“: “L’ingresso di un carro armato, di per sé non rende un’operazione di grosse dimensione”, ha precisato.

Non sono così bastati i 45 morti causati dall’attacco aereo contro il campo profughi di Tal al-Sultan. Nella notte l’esercito israeliano è tornato a colpire la città all’estremo sud della Striscia di Gaza. Sono 16 le vittime secondo la Difesa civile palestinese e la Mezzaluna Rossa palestinese di un altro raid che è andato a colpire la stessa zona di domenica, quella di Tal al-Sultan. “È una zona – ha detto un testimone all’emittente panaraba – brulicante di tende e sfollati. All’improvviso un missile è caduto sull’edificio, costruito utilizzando alcuni blocchi di cemento e tubi metallici. Abbiamo visto gente per strada, sfollati e cittadini. Non c’erano combattenti o altro. Era considerata una zona sicura”. E la pressione di Tel Aviv sembra destinata ad aumentare: secondo il canale egiziano all news Al Qahera “numerosi” tank delle forze israeliane si trovano nel centro di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, precisamente “nel perimetro” della moschea Al-Awda, nel cuore della città.

Ma i militari dello ‘Stato ebraico’ non si sono fermati e hanno violato quella che fino a oggi era considerata una safe zone, la nuova tendopoli di al-Mawasi nata per ospitare gli sfollati palestinesi di Rafah e voluta proprio da Israele: 21 palestinesi sono stati uccisi e decine sono rimasti feriti nei nuovi attacchi, secondo l’ultimo aggiornamento fornito da Haaretz.

Intanto gli Stati Uniti sono stati costretti a sospendere gli aiuti a Gaza dopo che il maltempo ha danneggiato il molo temporaneo. Lo riferiscono fonti americana, dell’Onu e israeliane precisando che ci potrebbe volere una settimana per ripararlo. Durante il fine settimana tre navi americane sono rimaste incagliate a causa del maltempo ma avevano continuato a consegnare gli aiuti.

I bombardamenti di questa notte hanno preso di mira anche l’ospedale indonesiano, provocando danni al piano superiore: il personale medico e i pazienti – oltre ad alcune famiglie che si sono rifugiate nella clinica sanitaria – sono intrappolati all’interno della struttura a causa degli intensi attacchi. Il portavoce militare ha reso noto che l’esercito sta continuando ad operare nei due punti principali di combattimento della Striscia: a Rafah e a Jabalya, nel nord dell’enclave palestinese. A Rafah i soldati sono stati in azione lungo il “Corridoio Filadelfia” in “azioni mirate” contro “obiettivi terroristici” con l’intento in ogni caso di “non colpire civili non coinvolti”. Il portavoce ha riferito di “combattimenti ravvicinati” nell’area con i miliziani di Hamas e di “localizzazione di imbocchi di tunnel, infrastrutture terroristiche e armi”. A Jabalya il portavoce ha riferito di scoperte di “tunnel, infrastrutture terroristiche, incluse postazioni di osservazione e un deposito di armi usato da Hamas”. Ma l’Idf sta “intensificando anche le operazioni” nella parte centrale di Gaza.

“Nelle ultime 3 settimane circa un milione di persone sono fuggite da Rafah”, ha fatto sapere su X l’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi. “Questo è avvenuto senza un posto sicuro dove andare e tra bombardamenti, mancanza di cibo e acqua, cumuli di rifiuti e condizioni di vita inadatte”, si legge nel post, “giorno dopo giorno, fornire assistenza e protezione diventa quasi impossibile”.

Uno dopo l’altro, intanto, i tasselli di quanto accaduto domenica vanno a sistemarsi nel puzzle. L’amministrazione Biden è stata informata da Israele sulla possibilità che una scheggia abbia dato fuoco ad un serbatoio di benzina a 100 metri di distanza da una tenda di sfollati provocando l’incendio in cui sono state uccise almeno 45 persone a Rafah. Lo ha riferito la tv americana Abc – ripresa da Haaretz – secondo cui la Casa Bianca sta valutando le cause del fatto ed è in attesa delle indagini israeliane.