A dieci giorni dalle Europee, il ministro delle Imprese Adolfo Urso intravede una svolta al tavolo con Stellantis aperto a novembre. Anche se fino a ventiquattr’ore fa l’ad del gruppo italo-francese Carlos Tavares lo ha punzecchiato con battute al veleno sull’italian sounding della Lancia Ypsilon, a suo avviso “il clima è cambiato” grazie alle sue “pressioni”, cioè il cambio della normativa sugli Euro 7 e l’ipotesi di portare un secondo produttore in Italia, oltre all’obbligo di cambiare il nome all’Alfa Milano prodotta in Polonia e cancellare la bandiera italiana da Topolino e 600 sfornate all’estero.

Al governo, evidentemente, è bastata la promessa di portare la 500 ibrida a Mirafiori dalla seconda metà del 2026 e la Jeep Compass a Melfi per intravedere l’obiettivo di un milione di vetture prodotte ogni anno in Italia. La realtà è che anche con il prolungamento della Panda a Pomigliano fino al 2029 e le tre nuove auto a Cassino (ma usciranno Giulia e Stelvio), il traguardo resta lontano. E comunque l’azienda non ha finora ceduto sulle richieste legate a incentivazioni pesanti e strutturali.

Eppure Urso esulta: “È cambiato il clima: io credo che abbiamo fatto bene a fare pressione sull’azienda, sia sulle indicazioni fallaci apposte su alcuni prodotti realizzati all’estero sia per le ambizioni produttive nel nostro Paese. Ora possiamo procedere insieme sulla strada giusta”, ha detto al termine degli incontri su Pomigliano e Cassino. “Il lavoro del tavolo Stellantis continuerà nei prossimi giorni per chiudersi mi auguro in maniera positiva”, ha chiosato poi il ministro. E a chi gli chiede se c’è l’impegno ad andare a Palazzo Chigi, Urso risponde: “Credo che tavolo Stellantis possa concludersi con la solennità di Palazzo Chigi”. Entro quando? Una chiusura è possibile “a giugno”, ha promesso parlando di un “clima di piena condivisione”.

Dalle organizzazioni sindacali filtra meno ottimismo. Scettica la Fiom: “La preoccupazione resta perché, fin quando non ci sarà un vero e proprio programma, non vediamo un futuro per Pomigliano. Soprattutto poi quando continuano a incentivare gente ad andare via”, ha detto Stefano Birotti della Rsa Fiom di Pomigliano. “Ci sono tentativi di rassicurazione però noi non ci sentiamo rassicurati, anche perché non c’è un vero e proprio programma per quanto riguarda il futuro”, ha aggiunto, segnalando che a giugno “faremo nove giorni di cassa integrazione su una macchina come il Tonale, che è un modello nuovo”, conclude.

“Non è ancora arrivata nessuna nuova risposta certa da parte di Stellantis in merito alle prospettive di entrambi i siti”, ha sottolineato Samuele Lodi, segretario nazionale dei metalmeccanici Cgil e responsabile automotive. “A Pomigliano l’annuncio del prolungamento della produzione della Pandina fino al 2029, difficilmente potrà compensare i volumi in calo del Tonale e quelli già esigui dell’Hornet, e soprattutto non guarda al futuro dal punto di vista dell’innovazione di propulsori con minor impatto ambientale – commenta – Le decisioni di Stellantis in questo senso sono chiare, investono in altri Paesi, e lo stabilimento di Pomigliano è l’unico in Italia in cui a oggi non sono previsti modelli elettrici”.

A Cassino gli annunciati nuovi modelli elettrici di Stelvio e Giulia “con l’affiancamento di un non ben definito nuovo modello dovrebbero partire dal 2025 e nel 2026 e quindi anche nei prossimi anni i lavoratori rischiano di avere ancora pesanti ripercussioni economiche per il prevedibile prosieguo del ricorso ad ammortizzatori sociali”, aggiunge Lodi. Stellantis, ricorda, “ha nuovamente chiesto al governo un sostegno per aumentare la competitività produttiva e gli incentivi alla domanda” ma per la Fiom “le risorse pubbliche devono essere vincolate a precisi impegni e garanzie occupazionali” e Stellantis deve “dare garanzie per il raggiungimento e superamento della produzione di un milione di veicoli”.

La Uilm intravede una “prospettiva importante” per Cassino con l’assegnazione delle tre future vetture e il prolungamento della Maserati Grecale ma rimarca come l’avvio delle produzioni “richiede tempi lunghi”. Si partirà infatti gradualmente nel 2025 per arrivare a pieno ritmo solo nel 2027: “I tempi oggettivamente lunghi e le incognite inevitabili della così detta transizione implicano la necessità di un confronto trasparente e di un effettivo coinvolgimento dei lavoratori, che consentano di affrontare sia le criticità che oggi vive la fabbrica sia la perdurante situazione di calo di lavoro”.

A Cassino, sottolinea il segretario generale della Fim-Cisl Ferdinando Uliano, “nel 2017 grazie a Giulia e Giulietta furono prodotte 135.000 unità, nel 2023 siamo fermi a 50mila, quindi l’annuncio di allocare nuovi prodotti dà una prospettiva di ripresa sia in termini di volumi e, quindi, auspichiamo anche in termini occupazionali”. La nuova piattaforma, dice ancora, “permetterà sicuramente una riduzione dei costi” e “questo è importante visto che l’aspetto della competitività e dei costi, nonostante la qualità dei prodotti, i costi più elevati rispetto alla concorrenza orientano i potenziali clienti verso altri brand, impattano così sui volumi”.

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