Cultura

Teatro alla Scala, “La forza del destino” di Giuseppe Verdi aprirà la nuova stagione 2024/2025

Per il Balletto la stagione si apre con il classico natalizio “Lo schiaccianoci"

di Simona Griggio
Teatro alla Scala, “La forza del destino” di Giuseppe Verdi aprirà la nuova stagione 2024/2025

È “La forza del destino”, una delle opere maggiori e più complesse di Giuseppe Verdi, il titolo inaugurale della nuova stagione 2024/2025 del Teatro alla Scala. Per il Balletto la stagione si apre con la ripresa più attesa del periodo natalizio, “Lo Schiaccianoci”. I titoli d’opera sono quattordici, in linea con l’anno scorso, otto dei quali sono nuove produzioni cui si aggiunge una produzione del Covent Garden nuova per Milano, e otto quelli di balletto. La Stagione Sinfonica propone sette programmi per un totale di 21 serate, cui si aggiungono le dieci della Stagione della Filarmonica, tre Concerti Straordinari, sei Orchestre Ospiti, quattro recital pianistici, sette Recital di canto e i Concerti da camera della domenica mattina nel Ridotto. Da citare anche le due opere per bambini e ragazzi e il palinsesto di concerti-spettacolo per famiglie e bambini pensato da Mario Acampa.

Un ministro ha deciso di mandarmi in pensione. Sarei stato felice di andare avanti. Lo aveva chiesto tutto il Consiglio. Sarebbe stato un regalo. Ma sono felice, gioioso, sereno. Lascio un teatro in pareggio”. Il sovrintendente del Teatro alla Scala Dominique Meyer alla presentazione della stagione , l’ultima sotto la sua guida, ha ripercorso così, con un fondo di nostalgia ma anche con serena consapevolezza del grande lavoro di tutti, i suoi anni di incarico.

“Tanti anni in cui ho lavorato più come sovrintendente che come direttore artistico”, ha affermato. Perché Meyer, a cui succederà Fortunato Ortombina, frutto dell’accordo fra il sindaco di Milano Beppe Sala (presidente della Fondazione) a seguito della votazione del cda del Teatro e il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, ha affrontato con grande preparazione anche gli anni difficile della pandemia.

Poi ha aggiunto, con un fondo di nostalgia ma anche con la soddisfazione di aver lavorato bene non solo per la valorizzazione del Teatro come gioiello internazionale della lirica, sinfonica e balletto ma anche nel rispetto di tutti portando avanti riforme e accordi con i sindacati del teatro, di essere in pace con se stesso per questa fine di percorso: “Dopo aver lavorato all’Opera di Parigi e di Vienna, dopo aver lavorato con i più grandi maestri internazionali non ho alcun diritto di lamentarmi”.

Di fianco a lui, in assenza del primo cittadino di Milano, l’assessore alla Cultura del Comune Tommaso Sacchi, che ha avuto grandi parole di riconoscimento per il suo operato, il direttore del ballo Manuel Legris e il maestro musicale Riccardo Chailly, che ha commentato: “Sono stati anni importanti. Abbiamo di fronte una stagione importante e mi auguro che quello che può sembrare oggi un addio non sia così”.

Più che un addio, è sembrato che Meyer volesse condividere il grande sforzo e i risultati raggiunti in questi anni della sua gestione. Ha raccontato con passione, ma anche con i numeri alla mano che denotano la crescita in termini di pubblico, abbonamenti e sponsorizzazioni anche gli obiettivi conquistati in termini di qualità artistica. E la sensibile incentivazione degli spettatori under 35. Ma prima di tutto ha sottolineato l’aspetto economico: “Lascio un teatro in ordine preparato ad accogliere le sfide del futuro”.

I lunghi applausi da parte di tutta la sala affollata, fra cui quelli della senatrice Liliana Segre in prima fila (anche lei applaudita al suo ingresso), hanno spezzato il suo racconto in qualcosa di più emozionale, un riconoscimento sentito al saluto di chi ha vissuto praticamente in teatro affrontando ogni difficoltà. “Ho lavorato tantissimo, ore e ore in questo teatro. Quelle poche volte che andavo via alle sette di sera mi sentivo come un bimbo che fa ciò che non deve di nascosto. Ma ci sono momenti che ripagano in mezz’ora tutto l’impegno. Come sedersi ad ascoltare il coro del Requiem di Verdi (il recente concerto alla Basilica di San Marco di Milano, ndr)”.

Accetterà la proroga di qualche mese che gli è stata proposta? “Non lo so ancora. Dipende anche da altri incarichi che potrebbero arrivarmi nel frattempo da parte di altre istituzioni”, spiega a margine della conferenza. E sulla questione della scelta condivisa dal ministro di un sovrintendente italiano per ritornare a un’identità culturale specifica? “Ho fatto tantissimo anche in questo senso, basti pensare al repertorio della musica barocca italiana”, risponde.

Cosa conta di più in un ruolo di sovrintendente? “Tre cose: la conoscenza della parte artistica, fondamentale, poi la capacità di legarla ad altri aspetti essenziali per la vitalità economica del Teatro, infine la capacità di gestire tanti comparti con centinaia di persone che ci lavorano, ciascuno con esigenze diverse”, rivela. Di fatto la Scala è un teatro con un bilancio in attivo, un dato non scontato nell’ambito delle Fondazioni lirico-sinfoniche. Insomma, un Teatro florido che garantisce sempre una presenza in sala superiore al 90%.

Meyer non ha dimenticato di fare un cenno importante anche al balletto, di solito la “Cenerentola” dei programmi delle Fondazioni: “Amo il balletto e con Legris ho assistito a una crescita incredibile del corpo di ballo. Qualsiasi elemento ora è meraviglioso e in grado di creare una coesione poeticamente perfetta con tutti gli altri. Potrebbero essere tutti solisti. Il pubblico lo ha potuto vedere nella recente Bayadère”.

Dominique Meyer lascerà un teatro che gode di ottima salute. Gli sarebbe piaciuto rimanere per proseguire e magari dare più energia alla parte artistica. Ma “un ministro lo ha mandato in pensione”. Quella palpabile energia di apprezzamento da parte di tutti nell’applauso interminabile al suo operato, come accade al termine delle prime della stagione da parte del pubblico, vale più di tutto il resto.

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