Il Tribunale di Milano ha condannato Uber Eats per comportamento anti-sindacale, consistito nell’aver provato ad aggirare la legge anti-delocalizzazioni. La decisione, però, contiene un evidente paradosso, perché – pur avendo dato torto alla piattaforma – non l’ha obbligata ad applicare in concreto quanto previsto dalla norma approvata nel 2021 dal governo Draghi. Nello specifico, non ha imposto, alla piattaforma di cibo a domicilio, di predisporre il piano per gestire i 4 mila esuberi creati dalla scelta – comunicata nell’estate 2023 – di chiudere le attività in Italia.

Come spiegato dal Fatto nelle scorse settimane, l’app del food delivery si è ingegnata per evitare gli effetti della legge voluta tre anni fa dall’allora ministro del Lavoro Andrea Orlando. Si tratta di un intervento legislativo pensato subito dopo la fase acuta del Covid per contrastare l’ondata di delocalizzazioni e licenziamenti in corso da parte delle multinazionali. Quel provvedimento, annacquato da una maggioranza molto larga, prevede sostanzialmente l’obbligo – ogni qual volta un’azienda dovesse cessare le attività in Italia e licenziare – di adottare un piano, a carico dell’impresa, per mitigare gli effetti della cessazione, quindi per esempio offrire corsi di formazione o sostegno a progetti imprenditoriali in favore dei lavoratori mandati a casa.

Come detto, poco meno di un anno fa Uber Eats ha deciso di lasciare l’Italia per investire in altri mercati, poiché nel nostro Paese non aveva raggiunto i risultati sperati. Tre federazioni della Cgil – Nidil, Filcams e Filt – hanno presentato un ricorso e a settembre 2023 hanno avuto ragione. Il Tribunale di Milano ha imposto a Uber l’applicazione della legge Orlando. Tuttavia l’app, che ha contestato la decisione e promosso appello, ha sin da subito cercato escamotage per evitarlo. In particolare, Uber Eats ha inviato a febbraio una lettera a tutti i sindacati, anche all’Ugl che è allineato sulle posizioni delle piattaforme, per comunicare l’inizio della procedura che ha durata di 60 giorni. Scaduti questi due mesi, però, ha inviato una nuova missiva in cui spiegava di aver stabilito l’impossibilità di adottare il piano.

Tra l’altro, Uber notava che se avesse presentato il piano e questo non fosse stato accettato dai sindacati, avrebbe subito una sanzione addirittura peggiore di quella prevista in caso di mancata presentazione. Ecco perché chiedeva garanzie proprio da parte delle sigle, affinché dicessero sì alla sua proposta. I tre sindacati Cgil, però, hanno presentato un nuovo ricorso firmato dagli avvocati Carlo De Marchis, Matilde Bidetti e Sergio Vacirca, che ieri è stato accolto. “Dalla mancata presentazione del piano, accompagnata dalle laconiche motivazioni indicate nella lettera del 17 aprile 2024 – scrive il Tribunale – emerge il manifesto intento della società di sottrarsi al confronto sindacale”.

Uber Eats sosteneva che i sindacati non avrebbero mai accettato il piano perché contestavano già il metodo di calcolo dei rider effettivamente attivi al momento della chiusura. “In un contesto di fisiologica conflittualità, quale quello rappresentato – ha però fatto notare il magistrato – ricondurre la mancata presentazione del piano di gestione degli esuberi alla preventiva contestazione, ad opera delle organizzazioni sindacali, dei parametri utilizzati per delimitare la platea dei rider destinati alle misure di sostegno appare sintomatico della volontà della società di sottrarsi ad un autentico confronto con le organizzazioni che, giova ribadire, non può che transitare per l’elaborazione e la presentazione del piano”.

Tuttavia, secondo il Tribunale, “la presentazione del piano non costituisce un obbligo giuridico, bensì un mero onere”. Quindi, se da un lato il Tribunale ha accertato la natura anti-sindacale della condotta di Uber, dall’altro non ha ordinato di presentare questo piano. Nel dispositivo della decisione, infatti, il giudice ha solo costretto l’azienda a pagare 3.500 euro di risarcimento in favore dei tre sindacati ricorrenti. A dimostrazione di quanto fondate erano le critiche ricevute da quella legge, fin dai tempi della sua approvazione, da parte di chi riteneva fosse troppo morbida e a tratti contraddittoria.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Alto Adige, in arrivo la circonvallazione di Perca: uno scempio paesaggistico enorme

next