Condanne da 4 a 13 anni di carcere. Sono le richieste avanzate dalla procura di Benevento nei confronti dei 4 imputati principali nel procedimento scaturito dall’inchiesta Par Condicio, che ha ipotizzato un’associazione a delinquere finalizzata a truccare i concorsi pubblici per l’assunzione in Polizia, Arma dei carabinieri, Vigili del fuoco e Guardia di finanza. La richiesta di pena più alta del pubblico ministero Francesco Sansobrino, che coordinò l’indagine e applicato al processo anche se ora è in servizio a Taranto, è stata formulata per Claudio Balletta, viceprefetto e dirigente del ministero dell’Interno in servizio negli uffici “Affari concorsuali e contenzioso”: 13 anni di reclusione per quasi 40 episodi di presunta corruzione.

Dieci anni e 4 mesi sono invece stati chiesti per Antonio De Matteo, vigile del fuoco in quiescenza, e 6 anni e 2 mesi per un terzo vigile del fuoco, Giuseppe Sparaneo, l’unico per il quale sono state chieste le attenuanti generiche perché con le sue dichiarazioni – sostiene l’accusa – ha consentito di fornire riscontro a elementi indiziari già acquisiti, nonché di identificare altri corruttori e anche di sequestrare altro denaro e beni, anche a suo stesso carico. La pena più lieve è infine stata chiesta per il carabiniere Vito Russo (4 anni e 4 mesi) che non risponde dell’associazione.

Richieste pesanti, dunque, nonostante lo sconto di un terzo della pena previsto dal rito abbreviato scelto dagli imputati. Sono state dettate, ha spiegato il pm Sansobrino, dalla “estrema gravità” dei fatti contestati nonché dalla “spregiudicatezza reiterata nel tempo” e dagli “ingenti guadagni già ottenuti e di quelli programmati”. Stando alla ricostruzione dei finanzieri di Benevento guidati dal capitano Carlo Iannuzzo e coordinati dalla procura retta da Aldo Policastro, gli imputati avevano allestito una sorta di “mercato” nel quale ottenevano soldi in cambio del quale garantivano il superamento del concorso avvicinando alcuni membri della commissione esaminatrice oppure fornendo ai candidati la banca dati dei quiz da utilizzare per le prove selettive.

Venne anche ricostruito come, durante il primo lockdown, alcuni degli imputati consegnarono una pen drive con i quiz utilizzando l’auto di servizio dei vigili del fuoco, facendosi autorizzare con una scusa. Non sapevano, però, di essere seguiti dagli investigatori della Finanza. In alcuni casi, inoltre, sarebbero anche stati aggirati problemi fisici dei candidati che ne avrebbero dovuto comportare l’esclusione e in un episodio ricostruito dalla Guardia di Finanza, addirittura, venne ignorato volutamente un carico penale pendente. Per la garanzia di ottenere la “divisa” e il posto fisso, i candidati erano disposti a versare cifre importanti. Basti pensare che nel corso delle perquisizioni durante l’inchiesta – che nel 2020 portò anche a 8 misure cautelari – vennero ritrovati quasi 250mila euro in contanti. A giudizio c’è anche con rito ordinario il finanziere Antonio Laverde, maresciallo in servizio al Comando generale.

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