Sulla strage di civili compiuta da Israele a Rafah c’è il marchio delle armi made in Usa. Analizzando un video condiviso sui social e consultando quattro esperti di armi esplosive, un’inchiesta della Cnn ha svelato che sulla scena dell’attacco alla tendopoli di Al-Mawasi è visibile la coda di una bomba di piccolo diametro (Sdb) Gbu-39 di fabbricazione statunitense, in particolare dell’azienda Woodward del Colorado. Non è una sorpresa, dato l’intenso sostegno militare di Washington a Tel Aviv. Ma la rivelazione rende evidente il corto circuito tra la condanna arrivata nelle scorse ore dal vice ambasciatore all’Onu Robert Wood (“abbiamo il cuore spezzato, siamo inorriditi”) e la provenienza americana di almeno una parte delle armi usate.

I continui bombardamenti sulla città all’estremo sud della Striscia di Gaza – dove si erano rifugiati centinaia di migliaia di profughi palestinesi – hanno distrutto case e incendiato depositi di aiuti umanitari. E l’offensiva è destinata a durare a lungo: “I combattimenti a Gaza continueranno per altri sette mesi“, ha affermato il consigliere per la Sicurezza nazionale di Israele Tzachi Hanegbi, costringendo il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa, John Kirby, a ricordargli che Biden “è impegnato per una fine del conflitto il prima possibile”. Intanto l’Idf, l’esercito di Tel Aviv, ha annunciato di aver preso il “controllo operativo” sull’intero corridoio Philadelphia, una zona cuscinetto tra Gaza e l’Egitto dove, secondo Israele, sono stati scavati almeno venti tunnel usati da Hamas, circostanza smentita dal Cairo.

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