Infanticidio. Con quest’accusa la squadra mobile di Reggio Calabria e i carabinieri hanno arrestato la madre della 13enne che ha partorito il neonato trovato morto domenica scorsa all’interno di uno zaino abbandonato tra gli scogli a Villa San Giovanni, vicino agli imbarcaderi. Dopo gli interrogatori di questi giorni, in cui la donna si è più volte contraddetta, la procura di Reggio Calabria ha disposto nei suoi confronti un provvedimento di fermo di indiziato che adesso dovrà essere convalidato dal giudice per le indagini preliminari.

Al momento, pubblici ministeri e investigatori mantengono il massimo riserbo e non hanno comunicato altri dettagli dell’inchiesta. Stando quanto trapela, però, a convincere i magistrati che l’indagata possa avere avuto un ruolo nella soppressione del bambino, non è sono stati solo gli interrogatori della signora fermata e degli altri testimoni sentiti a sommarie informazioni, ma è stato anche l’esame della docimasia polmonare – che è utile a stabilire se un feto sia nato vivo o morto – eseguito dal medico legale, incaricato dalla procura, nell’ambito dell’autopsia effettuata sul corpo del neonato.

Per semplificare, dall’autopsia è emersa presenza di aria nei polmoni e questo dimostrerebbe che il bambino è nato vivo, ha respirato almeno una volta e poi è deceduto perché, probabilmente, è stato ucciso. Come lo stabilirà il prosieguo dell’inchiesta. Ancora è presto, infatti, per capire le cause della morte che saranno riportate nella relazione finale che il medico legale depositerà nei prossimi giorni al sesto piano del Cedir.

Mentre la tredicenne, dopo essere stata dimessa dall’ospedale, si trova in una struttura protetta su disposizione dei magistrati, quindi la madre della ragazza è stata accompagnata in carcere con l’accusa di infanticidio. I pm non hanno dubbi sul fatto che ha ucciso il nipote subito dopo la nascita. “La donna, subito dopo il parto di una delle due figlie minori, si è adoperata – è scritto nel comunicato stampa – per riporre il piccolo appena nato all’interno di uno zainetto e per abbandonarlo, poco dopo, sulla scogliera antistante il lungomare di Villa San Giovanni”.

Essendo impossibile che una tredicenne, con deficit cognitivo, possa aver gestito un parto da sola, gli investigatori sono certi che un ruolo determinante durante l’espulsione del feto sia stato quello della donna fermata che, inoltre, avrebbe tenuto per mesi nascosta la gravidanza della figlia. Le telecamere visionate dagli investigatori, inoltre, sono riuscite a inquadrare la donna mentre si reca a nascondere lo zaino con dentro il bambino. Dopo aver passato al setaccio i sistemi di videosorveglianza presenti nella zona, polizia e carabinieri sono riusciti “a ricostruire – si legge nella nota – parte dell’itinerario percorso dall’indagata negli istanti precedenti all’abbandono dello zainetto”. Le indagini coordinate dalla procura della Repubblica e dalla procura dei minori proseguono per capire se la tredicenne fosse coinvolta in un giro di prostituzione minorile. E non si escludono altri indagati.

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