Il sogno di Silvio Berlusconi si avvicina a diventare realtà. Dopo mesi di annunci, il Consiglio dei ministri ha varato il ddl costituzionale che prevede la separazione delle carriere tra pm e giudici, storico pallino del defunto leader di Forza Italia. La separazione viene introdotta come principio in Costituzione (all’articolo 102) ma resta in gran parte sulla carta: saranno le norme sull’ordinamento giudiziario a doverla regolare nei dettagli quando e se la riforma sarà approvata, ad esempio specificando se il concorso per l’accesso in magistratura resterà unico o si sdoppierà. Fin d’ora, invece, si prevede lo sdoppiamento del Consiglio superiore della magistratura: gli organi di autogoverno diventeranno due, uno per le toghe giudicanti e uno per quelle requirenti, entrambi presieduti, come ora, dal presidente della Repubblica (e non dai vertici della Cassazione come era stato ipotizzato). Soprattutto, il ddl firmato dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro della Giustizia Carlo Nordio rivoluziona il metodo di elezione di entrambi i futuri Csm, prevedendo che siano composti interamente da membri selezionati tramite sorteggio: sia i cosiddetti “laici“, professori e avvocati, che restano un terzo del totale, sia i “togati“, cioè i magistrati, che restano due terzi. Per i magistrati il sorteggio sarà “secco“, cioè individuerà direttamente i futuri consiglieri: qui il governo ha scelto la soluzione “hard”, più indigesta alle toghe, rispetto all’ipotesi di un sorteggio temperato, cioè l’estrazione di una platea di candidati tra cui gli elettori avrebbero dovuto scegliere col voto. I laici, invece, saranno e”stratti a sorte da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione”.
L’Alta corte disciplinare – L’altro contenuto centrale del ddl è il trasferimento della funzione disciplinare nei confronti dei magistrati, che passa dal Csm a un nuovo organismo apposito, l'”Alta corte disciplinare“, anch’essa scelta in gran parte tramite sorteggio: a comporla saranno 15 giudici, sei “laici” e nove “togati“. Tra i primi, tre saranno nominati dal presidente della Repubblica “tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno vent’anni di esercizio”, altri tre “estratti a sorte da un elenco di soggetti in possesso dei medesimi requisiti” compilato dal Parlamento sempre mediante elezione, e sempre entro sei mesi dall’insediamento. I giudici disciplinari togati, invece, saranno “sei magistrati giudicanti e tre requirenti estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie, con almeno venti’anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità“, cioè di giudici o pm della Corte di Cassazione. I componenti dell’Alta corte durano in carica quattro anni (come quelli del Csm) e il loro incarico non può essere rinnovato. Per quanto riguarda i ricorsi, mentre ora le decisioni della Sezione disciplinare del Csm possono essere impugnate di fronte alle Sezioni unite della Cassazione, contro le sentenze dell’Alta corte dovrà essere fatto appello alla stessa Alta corte, che deciderà in secondo grado con una composizione differente, “senza la partecipazione dei componenti” che hanno deciso in primo grado. In sostanza, all’interno del nuovo organismo dovranno essere formati (almeno) due diversi collegi, uno per il primo grado e uno per il secondo.
Meloni e Nordio: “Riforma epocale” – In conferenza stampa Nordio parla di un “provvedimento epocale che si articola su tre principi fondamentali: il primo è la separazione delle carriere, gli altri sono la modifica della composizione e dell’elezione del Csm”. L’organo di autogoverno, afferma, “non ha dato buona prova di sé e scandali come quelli di Palamara o di altri hanno eccitato le varie proteste”, ma non sono stati trovati “rimedi alla degenerazione correntizia“: quindi, con il sorteggio, il governo vuole “interrompere questo legame che ha portato a tutta una serie di anomalie”. “Grazie a un grande lavoro di squadra il Governo ha approvato la riforma della giustizia, ora toccherà al Parlamento dire l’ultima parola però si corona il sogno si corona il sogno di Silvio Berlusconi ed era un sogno per i cittadini italiani e non per la persona”, commenta il vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani. A rivendicare il provvedimento è anche la premier Meloni in un videomessaggio: “In molti hanno detto e scritto che non avremmo mai avuto il coraggio di presentare questa riforma, attesa da decenni: evidentemente ancora non conoscono la nostra determinazione. Quando è giusto fare qualcosa nell’interesse dell’Italia e degli italiani noi semplicemente la facciamo. Ma certo varare questa riforma, dopo trent’anni che se ne parla, è un risultato epocale”, afferma. “Il disegno di legge approvato oggi in Cdm oggi passa ora al Parlamento che dovrà esprimersi, per consegnare il prima possibile all’Italia una riforma che vuole ridare piena fiducia agli italiani nella magistratura, assicurando i principi di indipendenza e parità tra accusa e difesa”. Si tratta di un progetto di riforma costituzionale che quindi richiede due approvazioni nello stesso testo in ciascuna Camera: se il sì arriva con una maggioranza inferiore ai due terzi, l’entrata in vigore della legge dovrà essere sottoposta a referendum.
L’Anm si riunisce d’urgenza: “Dal governo volontà punitiva” – Sia la separazione delle carriere che il sorteggio dei membri del Csm sono metaforici schiaffi in faccia all’Associazione nazionale magistrati, il sindacato delle toghe: la gran parte della categoria, infatti, li ha sempre considerati due tabù. Così in mattinata il presidente Giuseppe Santalucia ha convocato una riunione di giunta, che a sua volta ha fissato per sabato 15 giugno una seduta urgente del Comitato direttivo centrale (il “parlamentino” dell’Associazione) per decidere le iniziative da assumere. Nel pomeriggio però l’Anm si è già espressa con una dura nota: “La logica di fondo del disegno di legge si rintraccia in una volontà punitiva nei confronti della magistratura ordinaria, responsabile per l’esercizio indipendente delle sue funzioni di controllo di legalità. Gli aspetti allarmanti delle bozze del disegno di legge sono molteplici, leggiamo una riforma ambigua che crea un quadro disarmante“, si legge. “È una riforma che non incide sugli effettivi bisogni della giustizia, ma che esprime la chiara intenzione di attuare un controllo sulla magistratura da parte della politica, che si realizza essenzialmente con lo svilimento del ruolo e della funzione di rappresentanza elettiva dei togati del Csm e con lo svuotamento delle sue essenziali prerogative disciplinari, affidate a una giurisdizione speciale di nuovo conio. Quella di oggi è una sconfitta per la giustizia, significa dar più potere alla maggioranza politica di turno, danneggiando innanzi tutto i cittadini”, conclude l’Anm.
Meloni: “Non considero nemici i magistrati” – Alla presa di posizione delle toghe la premier replica rispondendo a una domanda del Corriere: “Di che cosa dovrei vendicarmi con i magistrati? Non capisco perché si possa considerare punitiva nei confronti la separazione delle carriere. Considero bizzarro che possa essere una vendetta, uno si vendica di qualcuno che ha fatto qualcosa di male, si vendica di un nemico. Non considero i magistrati nemici, chiedo a chi ha fatto questa dichiarazione se pensa che chi governa sia un nemico”. Già in conferenza stampa Nordio aveva messo le mani avanti rispetto alla prevedibile reazione dell’Anm: “Noi accettiamo le critiche, sono il sale della democrazia, accettiamo contributi e suggerimenti ma anche loro devono accettare un principio fondamentale, che la volontà popolare è sacra e si esprime attraverso le elezioni. E se ci viene dato mandato di separare le carriere noi obbediamo alla sovranità che appartiene al popolo, secondo quello che è scritto nella Costituzione”, afferma. E rivendica di non aver voluto modificare (come era stato ipotizzato) il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, cioè del dovere dei pm di perseguire qualsiasi reato di cui abbiano conoscenza. “Noi l’abbiamo mantenuta, mentre in alcuni ordinamenti anglosassoni è discrezionale, proprio perché abbiamo accolto le osservazioni fatte dall’Anm, che l’obbligatorietà dell’azione penale è una garanzia di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Anche se sappiamo che questa obbligatorietà molto spesso si trasforma in discrezionalità o addirittura in arbitrio“.
M5s: “Demolito l’assetto democratico” – Dall’opposizione il Movimento 5 stelle si scaglia contro la riforma con un duro comunicato firmato dai parlamentari delle Commissioni giustizia: “Con il ddl governativo sulla separazione delle carriere si completa il progetto di demolizione del nostro assetto democratico previsto nella Costituzione”, attaccano Stefania Ascari, Anna Bilotti, Federico Cafiero De Raho, Valentina D’Orso, Carla Giuliano, Ada Lopreiato e Roberto Scarpinato. “Dopo il premierato che annulla Quirinale e Parlamento, compiendo un impressionante accentramento di potere sul capo del governo, dopo l’autonomia che sbriciola i principi di giustizia sociale sanciti dalla Carta, arriva il colpo finale all’ordine giudiziario. Ogni anno sono una manciata i magistrati che cambiano funzione, il passaggio da un ruolo all’altro purtroppo è già ampiamente limitato. La verità è che stanno portando a compimento il disegno di sottomissione dei pm al potere politico“, argomentano i pentastellati. Per il Pd il progetto di riforma “è un duro colpo all’autonomia e all’indipendenza della magistratura, un intervento che insieme agli altri, su autonomia differenziata e premierato, conduce allo smantellamento del sistema istituzionale repubblicano”, scrivono la responsabile nazionale Giustizia Debora Serracchiani e i capigruppo nelle commissioni Giustizia e Antimafia, Federico Gianassi, Alfredo Bazoli e Walter Verini. Dalla magistratura progressista, il segretario della corrente Area Giovanni Zaccaro riassume: “Il sorteggio delegittima i magistrati e il Csm, l’Alta corte sarà la scure disciplinare verso i magistrati sgraditi. Ai cittadini servono giudici che difendono i loro diritti, non giudici delegittimati e impauriti. Sorge il dubbio che la riforma non miri a togliere la politica dal Csm, ma semplicemente ad affidare il Csm, e con esso l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, alla politica dei partiti”.