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Ucraina, Wp: “Biden valuta l’ok a Kiev per l’uso di armi Usa in Russia. E vuole punire la Cina”. Nato: “Ne parliamo al prossimo summit Esteri”

La moral suasion in atto da giorni per un cambio di strategia in Ucraina potrebbe portare presto i primi risultati. Secondo il Washington Post, per contrastare l’avanzata della Russia territorio ucraino il presidente degli Stati Uniti Joe Biden sta prendendo in considerazione due nuove contromisure: punire la Cina per aver fornito tecnologia chiave a Mosca e revocare i limiti all’uso da parte dell’esercito di Kiev delle armi “a corto raggio” statunitensi per attaccare all’interno del territorio russo. L’articolo a firma dell’editorialista David Ignatius sottolinea come queste mosse rappresenterebbero un’escalation significativa della politica “attentamente calibrata di Biden” che ha sostenuto “l’Ucraina cercando di evitare il confronto diretto con il presidente russo Vladimir Putin o con il suo alleato chiave, la Cina di Xi Jinping“. Il fatto che tali mosse vengano prese in considerazione ora dimostra la crescente preoccupazione dell’amministrazione Biden rispetto alla vulnerabilità dell’Ucraina sul campo di battaglia.

La questione è finita immediatamente sul tavolo della Nato, il cui segretario generale Jens Stoltenberg dal 25 maggio sollecita l’uso delle armi di provenienza occidentale anche sul suolo russo. I Paesi più inclini a “fare di più” e “in modo differente” per Kiev proveranno a convincere i più cauti a “rimuovere le restrizioni” sull’uso delle armi durante la ministeriale Esteri informale di Praga, ha fatto sapere un’alta fonte diplomatica dell’alleanza. L’idea non è quella di favorire “una escalation“, assicura la fonte, ma di “adattare” alla strategia difensiva dell’Ucraina, che deve operare in uno scenario diverso poiché la Russia “ha cambiato tattica” nel corso dell’offensiva a Kharkiv. La discussione naturalmente avviene nel quadro della preparazione del summit di Washington e della costruzione del pacchetto per l’Ucraina, che comprende diverse opzioni. Il campo dei “falchi” è guidato dalla Francia, nel campo opposto al momento siedono Germania, Usa e Italia. Ma in questo senso le parole di Olaf Scholz vengono giudicate “un passo avanti”.

A cosa si riferisce la fonte? Alla conferenza stampa tenuta ieri dal cancelliere tedesco a Meseberg, nella dimora del governo tedesco alle porte di Berlino, con Emmanuel Macron. Il presidente francese ha rotto il fronte della prudenza tra i leader delle potenze mondiali e ha detto di ritenere che l’Ucraina debba poter essere autorizzata ad attaccare “in Russia” le postazioni da cui viene attaccata: “Dovrebbe essere possibile colpire questi luoghi in modo circoscritto. E non credo che questo porti una escalation”, ha aggiunto il capo dell’Eliseo. La risposta di Scholz, che il 26 maggio si era detto nettamente contrario a un cambio di strategia, è stata interlocutoria: “La più alta priorità è sostenere l’ Ucraina in forze. Abbiamo promesso che lo faremo così a lungo quanto necessario. Emmanuel e io siamo d’accordo su l fatto che si debba portare questo sostegno a un nuovo livello”. E ancora: “L’Ucraina è sotto attacco e può difendersi utilizzando le armi fornite da Stati Uniti, Francia e Germania”, nell’ambito del “diritto internazionale” ha detto ancora Scholz, aggiungendo che “finora ha funzionato bene e continuerà a funzionare sicuramente”.

Questa mattina diversi quotidiani hanno interpretato le parole di Scholz come un’apertura all’utilizzo delle armi occidentali in territorio russo, ma sul punto Berlino non dà conferme: “Noi abbiamo fatto degli accordi sull’uso delle armi consegnate e queste valgono e sono confidenziali“. Lo ha detto il portavoce del cancelliere, Steffen Hebestreit, incalzato sulla questione se il Kanzler abbia cambiato posizione rispetto al passato. Alla domanda se Scholz fosse sorpreso della posizione di Macron, il portavoce ha risposto: “Il cancelliere non era sorpreso, avevano parlato a lungo. E mi sono sembrati molto armonici anche su questa questione”. Hebestreit ha però consigliato ai giornalisti di considerare il tipo di armi consegnate all’Ucraina, sostenendo che in questo potrebbe trovarsi la risposta alla domanda posta da più esponenti dei media tedeschi e internazionali.

E nel pomeriggio anche il ministero della Difesa di Berlino ha frenato sulla questione. “Dovrebbe essere chiaro, anche nell’interesse della tattica e della strategia militare, che non dovremmo discutere pubblicamente di ciò che è possibile, di ciò che è permesso e di ciò che vorremmo o non vorremmo vedere”, ha detto il ministro Boris Pistorius durante una visita al gruppo missilistico di difesa aerea 21 di Sanitz, nel Meclemburgo-Pomerania Occidentale, che schiera il sistema d’arma Patriot, come riporta la Frankfuerter Allgemeine. “Il diritto internazionale permette tutto questo. Ciò che poi viene regolato nel dettaglio tra gli Stati, come ha detto ieri il cancelliere, è un regolamento tra gli Stati”, ha detto ancora Pistorius. Pistorius ha anche espresso la sua contrarietà all’eventuale addestramento di soldati ucraini da parte di soldati tedeschi nel loro Paese. “Non è un’opzione per noi”, ha spiegato il ministro.

Sul tema, tuttavia, gli equilibri stanno cambiando. La ministra degli Esteri finlandese, Elina Valtonen, ufficializza il via libera del suo Paese: “La Finlandia non ha posto alcuna restrizione speciale sui suoi aiuti all’Ucraina, ma presuppone che il materiale venga utilizzato in conformità con il diritto internazionale. La Russia sta conducendo una guerra illegale di aggressione in Ucraina e l’Ucraina ha il diritto all’autodifesa secondo l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Ciò include anche attacchi contro obiettivi militari nel territorio dell’attaccante necessari per l’autodifesa”.

In mattinata anche il Canada e la Polonia avevano aperto all’uso delle armi occidentali in Russia. “Non ci sono restrizioni sulle armi polacche fornite all’Ucraina”, ha detto il vice ministro della Difesa Cezary Tomczyk alla trasmissione Radio Zet. Il primo ministro polacco, Donald Tusk, ha anche annunciato il ripristino di una zona cuscinetto al confine con la Bielorussia. Secondo il premier polacco si prevede di ripristinare una zona cuscinetto su una fascia larga circa 200 metri dal confine di stato. Tusk ha annunciato l’utilizzo di “tutte le risorse necessarie” per proteggere il confine. Mentre la Svezia ha annunciato aiuti militari per 1,16 miliardi di euro a Kiev. Si tratta del 16° pacchetto di supporto per l’Ucraina dall’inizio dell’invasione russa, che porta il totale degli aiuti di Stoccolma a Kiev a 4,35 miliardi di euro.

Il 25 maggio Jens Stoltenberg aveva inflitto il primo colpo di scalpello a quello che fino ad allora aveva avuto i contorni del dogma: “È giunto il momento per gli alleati di valutare se non sia il caso di revocare alcune delle restrizioni sull’uso degli armamenti che hanno donato all’Ucraina”, ha dichiarato il segretario generale della Nato nel video dell’intervista pubblicato sul canale X dell’Economist. “Soprattutto ora che molti combattimenti sono in corso a Kharkiv, vicino al confine, negare all’Ucraina la possibilità di utilizzare queste armi contro obiettivi militari legittimi in territorio russo rende molto difficile la difesa”. Stoltenberg ha quindi ribadito che questa è una guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina e che Kiev ha il diritto di difendersi: “L’Ucraina ha il diritto di difendersi e questo include anche colpire obiettivi in territorio russo“, ha sottolineato Stoltenberg.

Due giorni dopo, il 27 maggio, il capo dell’Alleanza Atlantica ammorbidiva i tonidopo le proteste, tra gli altri, del governo italiano -, ma il messaggio restava identico. “Spetta agli Alleati decidere sulle restrizioni” all’uso delle “armi consegnate all’Ucraina. Questa non è una decisione della Nato, è una decisione presa dai singoli alleati”, che finora “hanno preso decisioni diverse”, spiegava Stoltenberg, in conferenza stampa a Sofia. “Il mio messaggio è che penso che sia giunto il momento di considerare alcune delle restrizioni” all’uso delle armi da parte di Kiev, “perché l’Ucraina ha diritto all’autodifesa”.

In mattinata da Washington è arrivata anche la conferma che gli Stati Uniti saranno presenti alla Conferenza sulla pace in programma in Svizzera il 15 e 16 giugno. “Come sapete, abbiamo partecipato attivamente a ciascuno dei precedenti vertici di pace ucraini. Il governo degli Stati Uniti vi partecipa. E saremo rappresentati al prossimo vertice”, ha dichiarato l’addetta stampa della Casa Bianca Karin Jean-Pierre, spiegando di non avere informazioni specifiche sulla partecipazione del presidente Biden al vertice. “È importante per noi continuare a garantire che l’Ucraina abbia tutte le capacità per difendersi, per garantire una pace giusta e duratura”, ha aggiunto. Intanto 50 Paesi hanno confermato la partecipazione al vertice.

Intanto l’Ue accelera sul dossier allargamento e sull’approvazione dell’apertura dei negoziati per Ucraina e Moldavia. Bruxelles vorrebbe chiudere la pratica prima della presidenza ungherese, che inizia il primo luglio, ma deve affrontare la resistenza della stessa Budapest. Nel corso della riunione dei rappresentanti Permanenti (Coreper II) dei 27 il tema è stato lungamente affrontato. Diversi Paesi hanno sottolineato la necessità di accelerare sull’apertura dei negoziati, alcuni hanno ricordato l’importanza di andare nel percorso di accesso all’Ue anche per i Balcani occidentali. L’Ungheria ha invece chiesto delle ampie modifiche al testo che delinea le condizioni per l’apertura dei negoziati con l’Ucraina, che includono settore come il rispetto delle minoranze, il commercio, l’agricoltura, o il mercato interno. Le discussioni proseguiranno a livello tecnico prima di tornare sul tavolo dei Rappresentanti Permanenti la prossima settimana.