Ancora una beffa per la Fiorentina, che perde per uno a zero ai supplementari contro l’Olympiacos la finale di Conference League giocata ad Atene. La seconda consecutiva in Europa, la terza complessivamente persa nell’era di Vincenzo Italiano. Ma anche la quinta finale persa sulle cinque giocate negli ultimi ventitrè anni tra Supercoppa Italiana, Coppa Italia e Conference League.

Un peccato, perché l’ultimo trofeo vinto, la Coppa Italia del 2001 con Roberto Mancini in panchina è quello che di fatto ha chiuso la storia della vecchia Fiorentina, 23 anni fa: Da allora non ha vinto più la Viola: di finali ne ha giocate cinque, tutte perse.

Non che nei ventitrè anni passati non ci sia nulla da ricordare, tutt’altro: dai fasti di Prandelli a Montella fino Paulo Sousa. Certo un trofeo in bacheca sarebbe un’altra cosa, un trofeo europeo di più viste le ferite rimediate in questo periodo: dal gol in fuorigioco di due metri di Klose a quello in contropiede di Bowen, al 90esimo. E dire che sembrava messa lì dal destino la finale di Atene, un anno dopo Praga, per cambiare la storia. Nulla da fare.

Stavolta di fronte c’è l’Olympiacos, non una squadra di primissimo livello, ma comunque in grado di eliminare l’Aston Villa. Giocando a meraviglia grazie al basco Mendilibar, che ha collaudato automatismi molto europei per i biancorossi: fisici, veloci e aggressivi, capaci di volare sulle fasce da dove suonano la prima sveglia per Terracciano con Podence, ma è bravo il portiere di San Felice a Cancello.

La Fiorentina di Italiano in termini di automatismi non è da meno e segna con Milenkovic, ma in fuorigioco. Ci riprova Bonaventura al 20esimo, ma il centrocampista è insolitamente timido nella battuta e spara un piattone comodissimo per il portiere avversario. Un copione che nel primo tempo appare dunque ben determinato, con la Fiorentina che cerca di guadagnare metri col palleggio e l’Olympiacos che va a folate, sfruttando in particolare la velocità a sinistra del folletto Podence.

La Viola non riesce a sfruttare palle sporche, come quella che nasce da un cross di Bonaventura raccolto da Kouame e smanacciato malamente da Tzolakis, senza però che Nico Gonzalez e Mandragora riuscissero nel tap-in. Ritmi più bassi nel secondo tempo, con la Fiorentina che forse pasticcia troppo vanificando potenziali occasioni. Italiano che punta su Nzola, l’uomo determinante per il raggiungimento della finale di Atene, al posto di un Belotti, volenteroso ma ancora non convincente. Da Nzola arriva un’occasione pericolosissima: pulisce un pallone e lo serve a Dodò che offre a Kouame solo in area, che però cicca permettendo a Tzolakis di mettere in angolo con una grande parata.

Pericolosissimo anche l’Olympiacos con Iborra, che di testa da calcio piazzato a dieci minuti dalla fine sfiora il palo, copione che si verifica anche cinque minuti dopo, quando una punizione dalla trequarti che stavolta non tocca nessuno si spegne a pochi centimetri dal palo della porta viola.

Ma i tempi regolamentari, stavolta, finiscono in parità e a reti bianche: si va ai supplementari. Dove Terraacciano, ancora una volta, evita la più atroce delle beffe togliendo dall’angolino il tiro di Stevan Jovetic, ex beniamino viola di un tempo ormai lontano. Ci prova la Fiorentina all’inizio del secondo tempo supplementare, ma la conclusione di Ikoné è debole, seppur insidiosa, e ci arriva Tzolakis. La beffa arriva, però, a quattro minuti dalla fine, con un pallone buttato dentro in maniera insidiosa e deviato in porta da El Kaabi. Forse c’era un fallo prima, di sicuro non c’è fuorigioco perché il Var ci mette diversi minuti per appurarlo. La Coppa la alzano i greci.

Un peccato: una coppa internazionale in bacheca, una società sana, un centro sportivo meraviglioso da far invidia a tutta Italia avrebbe significato un nuovo inizio, col primo trofeo dell’era Commisso. Ma la società sana resta, il Viola Park pure: mancano le coppe, già, ma quelle lavorando bene arriveranno.

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