Con l’arrivo dell’estate le condizioni di vita dentro le tende, dove sono sfollate centinaia di migliaia di palestinesi della Striscia di Gaza, stanno diventando insopportabili. “In spiaggia dove sono state montate le tende le temperatura superano i 30 gradi, E dentro sono ancora più alte” spiega Meera Falyouna, Meal assistant per Oxfam che si trova a Gaza. Anche lei è stata costretta a spostarsi sette volte. “Le persone non hanno accesso all’acqua, nemmeno quella da bere. Il mare è diventata l’unica fonte di acqua”.
Intanto 20 organizzazioni umanitarie tra cui Oxfam, Save the Children, Medici Senza Frontiere hanno lanciato l’allarme: la risposta umanitaria a Gaza è sull’orlo del collasso. “Tra il 7 e il 27 maggio, secondo i dati delle Nazioni Unite, solo mille camion sono arrivati dentro Gaza, un numero del tutto insufficiente a soccorrere oltre 2,2 milioni di persone allo stremo”.
Il rischio concreto in questo momento, avvertono, è dunque un rapido aumento delle morti causate da fame, malattie e mancanza di assistenza medica. I punti di accesso a Gaza, sia marittimi che terrestri, sono ancora chiusi all’ingresso di aiuti e di carburante, mentre si stanno intensificando gli attacchi nelle aree dove hanno trovato rifugio i civili. Uno status quo, che unito al prolungato blackout delle telecomunicazioni, ha ridotto il volume degli aiuti che riescono a entrare nella Striscia (tra cui cibo e forniture mediche) ai livelli più bassi degli ultimi 7 mesi. Medici Senza Frontiere, per esempio, non riesce a far entrare alcun rifornimento dal 6 maggio. “Il molo allestito dagli Usa e la previsione di nuovi punti di transito degli aiuti sono misure “di facciata” che non alleviano le sofferenze della popolazione”.
Molti palestinesi, riferiscono le ong, sopravvivono con meno del 3% del fabbisogno giornaliero di acqua, con il conseguente aumento di casi di diarrea e epatite, mentre le temperature continuano a salire. “Il valico di Rafah, uno dei principali punti di ingresso degli aiuti a Gaza, è chiuso dal 7 maggio, da quando è stato occupato dalle forze israeliane. Oltre 2mila camion sono fermi ad Arish, in Egitto, in attesa che Israele permetta loro di entrare: mentre a pochi chilometri di distanza gli sfollati sono alla fame, si lascia che il cibo marcisca e le medicine scadano. E, sebbene il valico di Kerem Shalom rimanga ufficialmente aperto, i camion commerciali hanno la priorità di ingresso, con la conseguenza che il flusso di aiuti è tutt’ora irregolare e insufficiente”.
Questo racconto fa parte di una serie di testimonianze ‘ Voci di Gaza’ raccolte dagli operatori e dai manager di Oxfam a Gaza che ilfattoquotidiano.it ha deciso di pubblicare. L’obiettivo è avere un racconto in prima persona da parte dei civili a Gaza, coloro che stanno pagando il prezzo più alto del conflitto.
LA PETIZIONE – Oxfam ha lanciato una raccolta firme (si può aderire qui) per “fermare tutti i trasferimenti di armi, componenti e munizioni utilizzate per alimentare la crisi a Gaza”. Un appello rivolto ai governi perché non siano “complici delle continue violazioni del diritto internazionale, adempiendo ai loro obblighi legali e garantendo un cessate il fuoco permanente al più presto”.