Gli Stati Uniti riportano il terzo caso umano associato all’epidemia di influenza aviaria A/H5N1 ad alta patogenicità, in corso in più Stati dell’unione nelle mucche da latte. Come nei precedenti due casi, si tratta di un lavoratore di un’azienda lattiero-casearia che ha avuto un’esposizione a mucche infette, il che fa ritenere che si tratti di un altro episodio di diffusione da un bovino a una persona, spiegano dai Centri americani per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) che hanno confermato con una nota il rilevamento dell’infezione.

Il caso è stato identificato in Michigan, ed è la seconda infezione identificata in questo Stato. Mentre la prima era stata intercettata in Texas. Nessuno dei tre casi è collegato agli altri. “Sulla base delle informazioni disponibili in questo momento, questo caso non cambia l’attuale valutazione del rischio dell’influenza aviaria A H5N1″ per la popolazione generale degli Stati Uniti, informano i Cdc. Quindi per le persone non esposte ad animali infetti il rischio “rimane basso”, “perché tutti e tre i casi sporadici registrati hanno avuto un contatto diretto con mucche infette. “Al momento non vi sono indicazioni di diffusione da persona a persona del virus dell’influenza aviaria A H5N1″ ribadiscono gli esperti.

Il rischio dipende dall’esposizione e, in questo caso, l’esposizione rilevante riguarda animali infetti“. Tuttavia, questo ulteriore sviluppo, con il nuovo caso registrato, “sottolinea l’importanza delle precauzioni raccomandate nelle persone esposte ad animali infetti o potenzialmente infetti, le quali corrono un rischio maggiore di infezione e dovrebbero prendere precauzioni”.
Questo terzo caso umano di aviaria, spiegano i Cdc, “è stato rilevato attraverso il programma di monitoraggio attivo del Michigan per le persone esposte a bestiame infetto, in collaborazione con i Cdc. L’identificazione di un ulteriore caso di H5 non sorprende e mostra l’importanza di una risposta proattiva di sanità pubblica”, aggiungono i Cdc.

“Aviaria? Di allarmi ce ne saranno sempre. Dobbiamo studiare e tenere alta la guardia. Ma una cosa di sicuro non dobbiamo farla: non dobbiamo nuovamente seminare il panico”, commenta Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano.

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