Per vedere Antonio Conte sulla panchina del Napoli si aspetta solo l’annuncio ufficiale: questo, ormai, è un dato di fatto. Ma la vera domanda è: quando ci sarà la firma sul contratto? Qui, la situazione diventa più complessa. Nonostante sia stato raggiunto un accordo di massima sulle tempistiche e sulle cifre, ora ci sono da considerare alcuni aspetti secondari legati al diritto d’immagine. Il tanto amato (e ridondante) diritto d’immagine, su cui De Laurentiis è intransigente. Nella storia del club partenopeo, questo cavillo legale è stato decisivo in diverse trattative, sia in positivo che negativo.

Che cos’è il diritto d’immagine
Anzitutto, per diritto di immagine si intende quel “diritto della persona a che la propria immagine non venga, divulgata, esposta o comunque pubblicata, senza il suo consenso e fuori dai casi previsti dalla legge”. Calciatori di alto livello rappresentano un’azienda a tutti gli effetti e, normalmente, sono liberi di stipulare accordi con società esterne al club di appartenenza (ad esempio legati a sponsor di scarpe, cibi, bevande e tanto altro). Il Napoli non permette tutto ciò: chi veste la maglia dei partenopei è obbligato a cedere i propri diritti d’immagine al club in cambio di un ingaggio lordo leggermente più alto. La società di De Laurentiis è un’anomalia nel mondo del calcio: in Formula 1 e nel mondo dello spettacolo, invece, questo aspetto è prassi e parte fondamentale di ogni accordo.

Nel caso in cui i calciatori avessero avviato un contratto pluriennale con qualche brand, con Nike o Adidas ad esempio, e stanno per firmare con il Napoli sono obbligati a interrompere la collaborazione. In caso contrario, il giocatore è libero di scegliere qualsiasi altra destinazione. Il modus operandi in casa De Laurentiis è chiaro.

I calciatori – se non obbligati, come nel caso del Napoli – possono decidere di cedere in toto (o solo in minima parte) il proprio diritto d’immagine in cambio di un maggiore compenso economico che viene sommato allo stipendio normalmente percepito. In Europa, questo “spogliarsi” dei diritti viene riconosciuto come naked o blanket contracts. Si tratta di un tipo di contratto tipico della Premier League e della Bundesliga. Il Napoli, appunto, rimane l’unica eccezione in Italia.

Il contratto “universale” voluto da De Laurentiis
Potete togliere tutto ad Aurelio De Laurentiis ma non il monopolio sul diritto d’immagine. La sua, è una battaglia (metaforica, ovviamente) di interessi personali e accordi portata avanti sin dal 2011. “
Non acquisterò mai un calciatore che rifiuta di cedermi integralmente i suoi diritti di immagine, perché io non ho mai fatto un film senza avere i diritti di immagine degli attori”. Il parallelismo con il suo amato cinema, risulta più attuale che mai. E proprio come nel mondo cinematografico, De Laurentiis ha adottato tipi di contratto di lunghezza chilometrica, motivo per cui gli avvocati perdono giorni (se non settimane) per visionare l’intera richiesta proposta. Ecco spiegato, il perché della mancanza di colpi last-minute da parte del club durante le sessioni di calciomercato: fosse per il Napoli, le trattative dovrebbero partire già ad aprile.

Come dichiarato in passato a “Che tempo che fa”, il presidente azzurro ha spiegato come questo diritto debba essere introdotto nell’intero universo, e non solo sul pianeta Terra. “La mia famiglia ha sempre avuto una grande cultura per la musica. La società oggi avrà più di 1.500 colonne sonore, nei contratti che facevamo c’era scritto anche ‘nell’universo’…”. Se un astronauta sta andando su Marte la Nasa gli manda le immagini di una partita o di un film. Ecco un domani potrebbero esserci molte più persone a vedere i nostri calciatori”. Visionario o incosciente, dipende dai punti di vista.

Il compromesso Higuain-Benitez, i casi Kvara e Hamsik…e le rinunce
Il diritto d’immagine non è mai stato così determinante come negli ultimi anni. Per poter diventare un giocatore del Napoli, oltre le qualità tecniche richieste, devi accettare incondizionatamente che i propri diritti legati all’immagine vengano acquisti dal club azzurro. Sono diversi casi in cui questo aspetto è risultato decisivo.

Se si pensa alla rosa attuale, Khvicha Kvaratskhelia e Victor Osimhen sono sotto il pieno controllo del Napoli: in Georgia è vietato pubblicare qualsiasi immagine legata al classe 2001. L’attaccante nigeriano, invece, ha l’obbligo di partecipare “se e quando richiesto dal club, a tutte le iniziative connesse all’utilizzo dei diritti d’immagine”, oltre a non avere il controllo dei propri profili social (come accadde con Carlo Ancelotti).

Ci sono state, però, delle eccezioni: ad esempio, a Gonzalo Higuain e Rafa Benitez venne lasciato il 50% degli introiti sulla propria immagine. Simile, il caso legato a Marek Hamsik: l’ex centrocampista (e capitano) è stato il primo nell’era De Laurentiis ad aver avuto il via libera per poter essere testimonial per Vodafone (e dunque, per un’azienda esterna). Tra le due parti, a perderci fu il vecchio sponsor istituzionale del club: la Telecom. L’azienda non prese benissimo la cosa, in quanto era stato preso un accordo con un competitor.

Non sono mancate le trattative sfumate a causa dei ‘capricci’ di ADL: celebre fu il caso Davide Astori che, sotto contratto per Puma, non accettò di dover indossare i presunti (ma mai messi in vendita) scarpini con marchio Napoli. Senza dimenticare del più recente caso Lazar Samardžić: il padre-agente che cura gli interessi del centrocampista dell’Udinese rifiutò lo scorso gennaio il “dominio” mediatico imposto al figlio.

Che De Laurentiis sia un presidente sopra le righe e atipico non lo si scopre certo oggi. Prendere o lasciare, nel bene e, soprattutto, nelle sue discutibili richieste. Conte lo ha già intuito e proprio per questo motivo, è molto probabile che venga inserita una clausola per l’interruzione anticipata del rapporto. Prima, però, manca la firma principale, quella del contratto.

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