Dietro ai cliché, oltre gli schemi e la fredda superficie, fin dentro la natura e l’anima degli uomini: Dietro la porta, il nuovo film che Karine de Villers e Mario Brenta stanno presentando in numerosi Festival italiani e internazionali, è stato citato tra le migliori opere cinematografiche dell’anno. Con pieno merito: è un’opera sulle persone e sulle mura domestiche, sui luoghi cari che ci definiscono. Ma non solo. È uno sguardo sulla natura, perché anche l’ambiente è oikos, “casa”, ecologia.

Dietro la porta è un fine lavoro di cucitura delle immagini e dei ricordi – attraverso 18 ritratti di uomini e donne, tra i quali Ermanno Olmi e molti gatti, sentinelle e spiriti delle case – che tutti dovremmo perseguire, per salvare le nostre radici e il senso di appartenenza, per non far sì che il presente consumistico ed egolatrico, folle di guerra e nemico dell’uomo e della natura, ci schiacci.

È questione di ecologia mentale, di interiorità, battaglia altrettanto importante – è arcinota la diffusione contemporanea delle psicopatie, anche fra i giovani – di quelle che si combattono per la pace, per l’aria e per l’acqua, per la Terra.

Non toglierò il piacere di scoprire i vari personaggi e le magiche location, accennerò soltanto alla “cornice”, molto reale e allo stesso tempo profondamente simbolica, entro la quale il film ci prende per mano, ovvero il triangolo dei fiumi Po, Danubio e Reno. E dirò del finale, con la toccante voce dello stesso Brenta – già allievo e collaboratore di Ermanno Olmi e autore di splendidi film come Vermisat, Maicol e Barnabo delle montagne, tratto da Buzzati – che racconta la sua Venezia di bambino, le frasi “magiche” della madre per aiutarlo a ritrovare la strada, a non perdersi.

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