Non è stato un gesto volontario, ma un femminicidio. È la svolta arrivata dopo i primi accertamenti sulla morte di Giada Zanola, la 34enne il cui corpo era stato trovato all’alba del 29 maggio su una carreggiata dell’autostrada A4, straziato dai veicoli in transito nella zona di Vigonza, in provincia di Padova. Inizialmente si pensava che la donna si fosse gettata volontariamente dal cavalcavia dell’autostrada, ma dopo le indagini e alcune ammissioni del suo compagno, Andrea Favaro, secondo l’accusa la donna sarebbe stata spinta giù dallo stesso uomo. L’inchiesta è condotta dagli agenti della Polstrada di Padova e Venezia e dalla Squadra mobile della questura di Padova.
Favaro, 39 anni, è stato fermato con l’accusa di omicidio volontario dopo un confronto con il pubblico ministero. Secondo la ricostruzione della polizia, il compagno di Zanola l’avrebbe spinta giù dal ponte dopo una lite, avvenuta attorno alle 3.30 di notte, cominciata in casa e poi proseguita anche fuori dall’abitazione che dista poco meno di un chilometro dal ponte. Lì la situazione sarebbe degenerata fino alla caduta della donna. L’uomo l’avrebbe fatta precipitare da un’altezza di circa 15 metri. Alcune automobili sono riuscite a evitare il corpo, ma un camion l’ha travolta mortalmente.
L’uomo non ha negato il litigio né la presenza vicino al cavalcavia, ma ha sostenuto di “non ricordare” di avere “un vuoto” di memoria e di essere tornato a casa da solo. Il mattino dopo ha inviato un messaggio a Zanola: “Sei andata a lavoro?? Non ci ha nemmeno salutato!!”, ha scritto alle 7.38 di mercoledì alla donna che era già morta. Per il pubblico ministero Giorgio Falcone che ha firmato il decreto di fermo altro non è che una “messa in scena” e il 38enne ha fornito una “versione poco credibile” nonché “addomesticata e reticente”. Favero, sottolinea il sostituto procuratore, “è arrivato a simulare di avere appreso della morte della compagna solo dopo avere letto un messaggio” in una chat di vicinato. Contro di lui, oltre alle parziali ammissioni fatte alla polizia, ci sono anche le telecamere e le testimonianze raccolte subito dopo il ritrovamento del corpo senza vita. Una “grave base indiziaria” che ha portato al fermo.
Zanola e Favaro hanno un bambino di 3 anni e, secondo le ricostruzioni, era da tempo in crisi e la donna aveva deciso di annullare le nozze, previste a settembre. L’uomo, dopo l’interrogatorio e il fermo, è stato condotto in carcere a Padova: parlando con il pubblico ministero e con gli investigatori, il 39enne, sul quale sono stati notati anche lividi ed escoriazioni riconducibili a pregressi episodi violenti, ha anche ammesso il suo stato di disagio per la relazione, ormai in crisi, e la preoccupazione di non poter più vedere il figlio.
Resta da appurare – lo farà l’autopsia – se la 34enne sia stata stordita o abbia perso i sensi venendo malmenata prima di essere gettata oltre la recinzione del ponte autostradale. Quando i poliziotti sono andati a cercare l’uomo nell’abitazione della coppia, hanno notato che aveva lividi e escoriazioni sui polsi, forse i segni di difesa di Zanola in precedenti episodi. Secondo gli investigatori, Favero avrebbe alzato le mani altre volte sulla compagna, ma questa non aveva mai sporto denuncia.