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“I regali che ricevo? Ci faccio quel che mi pare. Potrei anche rivenderli online, tanto alle aziende costano zero”: l’influencer Rockandfiocc nella bufera

L'influencer risponde alla domanda di un follower sul rivendere i prodotti ricevuti dalle aziende su piattaforme di second hand e scoppia la polemica per le sue dichiarazioni

di Luca Guarneri

Ci risiamo con una nuova polemica. L’influencer Giulia Torelli, conosciuta sui social come Rockandfiocc, è tornata a far parlare di sé. Con i suoi 227mila follower Torelli, già alla ribalta per aver alzato un polverone sull’inquinamento acustico nella città di Milano, è ora nuovamente sotto ai riflettori. Il motivo? una sua risposta sulla vendita dei prodotti che le vengono regalati dalle aziende. Ma andiamo con ordine. Durante alcune storie di Q&A con gli utenti, Rockandfiocc ha deciso di rispondere ad alcuni dubbi sollevati dai follower. Uno in particolare però ha catturato l’attenzione del suo pubblico: “Se tu volessi potresti vendere su Vinted le cose #giftedby o è illegale?”. A questa domanda Torelli ha deciso di rispondere con un video, senza troppi giri di parole: “Ma come illegale, scusami. Volendo potrei farlo senza problemi e, certo, alle aziende non farà sicuramente piacere”. Per poi continuare: “Sono degli ipocriti perché vogliono che il regalo, che tu non hai neanche chiesto tra l’altro – anche perché credo di non aver mai chiesto un regalo nella mia vita – diventi la cosa più importante e non si sa neanche per quale motivo”.

A far discutere però sono le dichiarazioni che seguono: “All’azienda farti un regalo costa zero, zero euro. Quanto costa ad un’azienda mandarti una crema, un pantalone o una gonna? Zero”. È a quel punto che Torelli si sposta sul tema della conversione, rispetto a quante persone vedono poi il regalo ricevuto dalla stessa azienda sui suoi social: “Le mie storie vengono viste da 80mila persone, la conversion-rate delle mie storie è altissima. L’azienda quindi con le mie storie ci guadagna tantissimo e io con il regalo ci faccio quel gabbo che mi pare”. Sui social inevitabilmente queste affermazioni hanno creato una rottura, portando anche i tanti addetti ai lavori a prendere una posizione in merito. Perché se è ovviamente palese che la conversione prodotto/storia è importante per l’azienda, va ricordato che in quel caso – secondo la normativa Agcom– il creator non è del tutto tenuto a fare dei contenuti a riguardo (non essendo un progetto in #adv, e quindi a pagamento).

È anche vero però che spesso è una sorta di atto “dovuto” nei confronti di pr e uffici stampa, con cui i vari influencer tessono un vera e propria rete di contatti. Resta però il fatto che, indipendentemente dal numero di utenti pronti a guardare la storia, c’è un vero e proprio problema di fondo che sfugge a Torelli. Per quanto quella possa essere una campagna marketing a costo zero nei confronti degli influencer (con hashtag #gifted e non #adv come prevede la normativa), per la singola azienda l’invio del regalo comporta una spesa. A partire dalla spedizione, ad esempio, fino al costo di produzione prodotto, alla stampa del materiale informativo e al lavoro che team di professionisti organizzano attorno ad una campagna.

Al momento, la normativa Agcom è ancora lacunosa e non tratta il tema della rivendita nello specifico (limitandosi appunto a imporre l’hashtag #gifted) ma, per quanto non sia vietato, rivendere i regali su Vintedricordate le polemiche per le borsine di stoffa della Design Week a prezzi folli? – è una pratica non del tutto corretta da parte di un creator, che va così a monetizzare un dono ricevuto. Lo slogan “Non lo metti, mettilo su Vinted” dovrebbe valere per limitare gli sprechi e la sovrapproduzione del fast fashion, non per lucrare a spese di aziende che, magari anche a fatica, mandano un regalo ad un personaggio seguito nella speranza di ottenere pubblicità. Piuttosto, meglio rispedire il pacco al mittente.

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