Oggi è una giornata storica. Dispiace che non ci siano qui con noi Licio Gelli, Bettino Craxi e Silvio Berlusconi a festeggiare, perché ha ragione Tajani: si avvera un sogno di Berlusconi e di tutti i piduisti come lui“. Così a Otto e mezzo (La7) il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, commenta il via libera del Consiglio dei ministri alla riforma Nordio della giustizia che prevede la separazione delle carriere di giudici e pm.

“Sbaglia l’Anm a dire che questa è una riforma punitiva della magistratura – aggiunge Travaglio – perché ai magistrati non toglierà assolutamente niente, siamo noi cittadini che saremo danneggiati da questa schifezza. Il pm, finché rimane nella carriera giudiziaria e nella cultura della giurisdizione, avrà esattamente come il giudice la finalità di accertare la verità – continua – non di ottenere più condanne possibili. Se esce dalla cultura della giurisdizione per entrare nella cultura poliziesca, che è inevitabile perché diventerà l’avvocato della Polizia, dovrà portare più condanne possibili e quindi non sarà quell’organismo terzo che fa le indagini sia a difesa, sia ad accusa. Falcone e Borsellino furono giudici e pm“.

Il direttore del Fatto ricorda che l’inchiesta di Mani Pulite nacque a seguito di una querela per diffamazione che il primo arrestato di Tangentopoli, Mario Chiesa, presidente socialista del Pio Albergo Trivulzio, fece contro il cronista giudiziario del Giorno Nino Leoni, il quale nel 1990 denunciò con un articolo “il racket del caro estinto” nell’ospizio milanese. Il pm di turno, Antonio Di Pietro, decise di archiviare la querela di Chiesa e di indagare sulla denuncia del giornalista aprendo un fascicolo alternativo e scoprendo, attraverso mesi e mesi di intercettazioni, che il manager nascondeva miliardi di lire in Svizzera, su conti che recavano il nome di marche di acque minerali.

Travaglio aggiunge: “Questo ha fatto fino a oggi il pm, che è collega e nella stessa cultura del giudice: accertare la verità. Il consiglio d’Europa raccomanda uno scambio tra le funzioni, perché il giudice deve sapere quali sono i problemi del pm, così come il pm deve conoscere i problemi del giudice, quindi è bene che nelle loro carriere facciano entrambe le esperienze”.

“Ma allora perché i magistrati temono di finire sotto il controllo del governo di turno?”, chiede la conduttrice Lilli Gruber.
“Perché sarà inevitabile – spiega Travaglio – Quella della separazione delle carriere è il primo passo. Poi si comincerà a dire che il giudice dovrà rispondere soltanto alla legge. E il pm? Dato che è già in progetto la facoltatività dell’azione penale, chi è che decide quali reati dovranno perseguire le procure e quali dovranno ignorare? Il Parlamento, mica lo può decidere a capocchia il pm. E quindi – conclude – la maggioranza deciderà quali reati il pm deve perseguire. A quel punto, succederà quello che succede nella gran parte dei paesi dove le carriere sono separate: le procure dipenderanno dal ministero di Giustizia, cioè per aprire una inchiesta devi chiedere il permesso al Guardiasigilli”.

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