Su internet il popolo dei social lo ha ribattezzato “Iraniano”, per l’integralismo del suo gioco. Una specie di Ayatollah, ma del pallone. Il fondamentalista del bel calcio. Con le sue idee radicali al limite dell’estremismo, ha portato la Fiorentina in tre finali diverse. E sempre con le stesse idee le ha perse tutte e tre.
La sconfitta ai supplementari in finale di Conference League contro l’Olympiacos è stata probabilmente l’ultima partita di Vincenzo Italiano sulla panchina della Viola. Rimane ancora il famoso recupero contro l’Atalanta, che non conta più nulla, servirà solo per i saluti. Salvo sorprese dopo tre stagioni si chiuderà un ciclo, difficile da giudicare con l’amaro in bocca che lascia una delusione del genere. Il bicchiere mezzo vuoto, dal sapore più acre, sono ovviamente le tre finali perse in due anni, la doppia sconfitta in Conference League, a cui aggiungere quella di Coppa Italia contro l’Inter. Ma si potrebbe anche vederlo mezzo pieno, perché tre finali di fila, due internazionali, a Firenze non si possono dare per scontato.
Il percorso recente della Viola è indissolubilmente legato a quello del suo allenatore, che come tutti i tecnici più caratteristici del nostro tempo ha dato un’identità chiara e inconfondibile alla squadra. Nel bene e nel male, pregi e difetti. La qualità del gioco macinato, un possesso palla snervante, per gli avversari e a volte persino per se stessi. In una squadra che ha sempre creato tanto e segnato abbastanza, gli attaccanti hanno sistematicamente stentato, senza una spiegazione valida: a parte il primo Vlahovic, tutte le altre punte sotto di lui hanno fallito. Eppure la proprietà gliene ha messe a disposizione tante, alcune esplicitamente richieste come il pupillo Nzola che si è rivelato forse il peggiore di tutti, ma anche Belotti, Beltran (pagato 25 milioni), Cabral, Jovic. Non fenomeni, ma nemmeno brocchi.
Quella del profeta del calcio offensivo che non esalta ma addirittura deprime i suoi attaccanti è solo una delle tante contraddizioni di questo allenatore così indecifrabile. Insieme al turnover maniacale, che lo ha portato al record storico di 142 formazioni diverse in altrettante partite giocate, interrotto solo a marzo per puro caso. Oppure gli innamoramenti inspiegabili per giocatori mediocri, accompagnati a bocciature altrettanto immotivate. E ancora le proverbiali voragini difensive, quei gol subiti sistematicamente in situazioni di gioco favorevoli, con decine di metri lasciate alle spalle dei propri difensori e nessun accorgimento preso per evitarli.
Prendere o lasciare, Italiano è così. Per tre anni Firenze ha preso, e probabilmente ci ha anche guadagnato. Con lui e grazie a lui la Fiorentina è tornata ad essere una squadra sempre competitiva, se non divertente (accezione soggettiva su cui si potrebbe discutere a lungo) di certo moderna e propositiva. Si è qualificata sempre in Europa, dove giocherà anche l’anno prossimo. Si è costruita uno status riconosciuto, dopo anni di mediocrità in cui aveva rischiato addirittura la retrocessione.
Rimane però anche la sensazione di un’incompiuta. Ha vinto spesso le partite che poteva vincere, ma ha perso quasi tutte quelle che doveva perdere, in maniera quasi sempre uguale a se stessa, con errori difensivi o gol presi all’ultimo minuto. Vale per le due finali di Conference League, contro Aston Villa e Olympiacos, le uniche due partite in cui non partiva favorita dato lo scarso livello di questa competizione (non spacciamo per imprese i turni superati contro Brugge e Viktoria Plzen). O anche per la Coppa Italia contro l’Inter, dilapidata in una marea di disattenzioni dopo il vantaggio iniziale, o tante altre partite di campionato contro le big. Alla fine la Viola è rimasta la prima delle altre. È arrivata settima, ottava e ottava in campionato, dove però ha sempre trovato qualcuno che facesse meglio, anche del suo livello come il Bologna di Thiago Motta o la stessa Atalanta di Gasperini. Non ha vinto nulla pur essendosi conquistata l’occasione per farlo. Non è riuscita a gettare il cuore oltre l’ostacolo, superare i propri limiti.
Proprio per questo, per le sconfitte ancor più che per le vittorie, adesso sarebbe bello vederlo allenare una grande squadra. Per capire se il limite della Fiorentina di Italiano è stata la Fiorentina, o proprio Italiano.
Twitter: @lVendemiale
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Vincenzo “Iraniano”, l’ayatollah del pallone che dopo tre finali perse con la Fiorentina merita il test in una big
Su internet il popolo dei social lo ha ribattezzato “Iraniano”, per l’integralismo del suo gioco. Una specie di Ayatollah, ma del pallone. Il fondamentalista del bel calcio. Con le sue idee radicali al limite dell’estremismo, ha portato la Fiorentina in tre finali diverse. E sempre con le stesse idee le ha perse tutte e tre.
La sconfitta ai supplementari in finale di Conference League contro l’Olympiacos è stata probabilmente l’ultima partita di Vincenzo Italiano sulla panchina della Viola. Rimane ancora il famoso recupero contro l’Atalanta, che non conta più nulla, servirà solo per i saluti. Salvo sorprese dopo tre stagioni si chiuderà un ciclo, difficile da giudicare con l’amaro in bocca che lascia una delusione del genere. Il bicchiere mezzo vuoto, dal sapore più acre, sono ovviamente le tre finali perse in due anni, la doppia sconfitta in Conference League, a cui aggiungere quella di Coppa Italia contro l’Inter. Ma si potrebbe anche vederlo mezzo pieno, perché tre finali di fila, due internazionali, a Firenze non si possono dare per scontato.
Il percorso recente della Viola è indissolubilmente legato a quello del suo allenatore, che come tutti i tecnici più caratteristici del nostro tempo ha dato un’identità chiara e inconfondibile alla squadra. Nel bene e nel male, pregi e difetti. La qualità del gioco macinato, un possesso palla snervante, per gli avversari e a volte persino per se stessi. In una squadra che ha sempre creato tanto e segnato abbastanza, gli attaccanti hanno sistematicamente stentato, senza una spiegazione valida: a parte il primo Vlahovic, tutte le altre punte sotto di lui hanno fallito. Eppure la proprietà gliene ha messe a disposizione tante, alcune esplicitamente richieste come il pupillo Nzola che si è rivelato forse il peggiore di tutti, ma anche Belotti, Beltran (pagato 25 milioni), Cabral, Jovic. Non fenomeni, ma nemmeno brocchi.
Quella del profeta del calcio offensivo che non esalta ma addirittura deprime i suoi attaccanti è solo una delle tante contraddizioni di questo allenatore così indecifrabile. Insieme al turnover maniacale, che lo ha portato al record storico di 142 formazioni diverse in altrettante partite giocate, interrotto solo a marzo per puro caso. Oppure gli innamoramenti inspiegabili per giocatori mediocri, accompagnati a bocciature altrettanto immotivate. E ancora le proverbiali voragini difensive, quei gol subiti sistematicamente in situazioni di gioco favorevoli, con decine di metri lasciate alle spalle dei propri difensori e nessun accorgimento preso per evitarli.
Prendere o lasciare, Italiano è così. Per tre anni Firenze ha preso, e probabilmente ci ha anche guadagnato. Con lui e grazie a lui la Fiorentina è tornata ad essere una squadra sempre competitiva, se non divertente (accezione soggettiva su cui si potrebbe discutere a lungo) di certo moderna e propositiva. Si è qualificata sempre in Europa, dove giocherà anche l’anno prossimo. Si è costruita uno status riconosciuto, dopo anni di mediocrità in cui aveva rischiato addirittura la retrocessione.
Rimane però anche la sensazione di un’incompiuta. Ha vinto spesso le partite che poteva vincere, ma ha perso quasi tutte quelle che doveva perdere, in maniera quasi sempre uguale a se stessa, con errori difensivi o gol presi all’ultimo minuto. Vale per le due finali di Conference League, contro Aston Villa e Olympiacos, le uniche due partite in cui non partiva favorita dato lo scarso livello di questa competizione (non spacciamo per imprese i turni superati contro Brugge e Viktoria Plzen). O anche per la Coppa Italia contro l’Inter, dilapidata in una marea di disattenzioni dopo il vantaggio iniziale, o tante altre partite di campionato contro le big. Alla fine la Viola è rimasta la prima delle altre. È arrivata settima, ottava e ottava in campionato, dove però ha sempre trovato qualcuno che facesse meglio, anche del suo livello come il Bologna di Thiago Motta o la stessa Atalanta di Gasperini. Non ha vinto nulla pur essendosi conquistata l’occasione per farlo. Non è riuscita a gettare il cuore oltre l’ostacolo, superare i propri limiti.
Proprio per questo, per le sconfitte ancor più che per le vittorie, adesso sarebbe bello vederlo allenare una grande squadra. Per capire se il limite della Fiorentina di Italiano è stata la Fiorentina, o proprio Italiano.
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Incredibile ma vero: la finale di Coppa d’Africa per amputati finisce a stampellate in faccia – Domeniche bestiali
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Roma, 18 mar (Adnkronos) - "E alla fine il governo Netanyahu ha rotto la tregua. Le cose non accadono mai per caso, la scelta di Israele di bombardare di nuovo in modo massiccio un territorio devastato e raso al suolo come Gaza, dove con la tregua milioni di civili avevano per un attimo respirato, è l’ennesimo crimine di guerra di Israele". Lo ha detto Nicola Fratoianni a Radio Anch’io.
"E dico all’Europa, che in questi giorni è tutta ripiegata su stessa, che forse deve ricominciare da qui, perché quando Israele bombarda i palestinesi bombarda anche il diritto internazionale -ha aggiunto-. Quelle sanzioni che sono state comminate al regime di Putin in questi anni devono essere subito applicate al criminale Netanyahu e il trattato di associazione Israele-Ue immediatamente sospeso. È davvero insopportabile la complicità con chi si macchia di tali atrocità".
Roma, 18 mar.(Adnkronos) - Non ama definirsi una diva (“diva a chi?”). Forse un’antidiva, che non si prende mai sul serio. Non conosce la rabbia (“non serve per farsi rispettare o volere bene”). Ma, al contrario, nel corso della sua carriera ha saputo trasformare gentilezza e semplicità nella sua forza. Sì, perché Serena Rossi è arrivata dove è arrivata perché è così, proprio come si vede sullo schermo, non avendo mai paura di mostrare le sue fragilità, la sua risata (una melodia per le orecchie) e il suo stupore (come quello di una bambina). Serena è ‘mille culure’ come la Napoli cantata da Pino Daniele. Ed è proprio alla sua città che l’attrice rende omaggio con il suo primo spettacolo ‘SereNata a Napoli’ (prodotto da Agata Produzioni e Savà Produzioni Creative): un viaggio fatto di musica e parole, che si intrecciano come amanti per raccontare una città leggendaria e dalle mille contraddizioni: “È la mia serenata a Napoli, per lei provo un amore viscerale ma anche conflittuale, in alcuni momenti”, dice all’Adnkronos l’attrice. Per lei “è un sogno che si realizza, ce lo avevo nel cuore da tantissimo tempo. Io credo che le cose si concretizzino nel momento giusto. Prima forse non lo era, mi sono concentrata sulle esperienze televisive e cinematografiche” e soprattutto “ho cercato di fare la mamma il più possibile. Ora mio figlio è un po’ più grande, mi sono presa il lusso di fare questo spettacolo che è molto impegnativo e mi porterà via da casa per un po’”.
La tournée partirà il 22 marzo al Teatro Colosseo di Torino (data già sold out) e proseguirà l’1 aprile all’Auditorium della Conciliazione di Roma (sold out), il 10 aprile al Teatro Verdi di Firenze, dal 5 al 9 maggio al Teatro Augusteo di Napoli (sold out), il 21 maggio al Teatro Duse di Bologna e il 6 giugno al Teatro Arcimboldi di Milano. Rossi sarà in tour anche questa estate. Il 24 giugno alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, il 17 luglio al Real Sito di Carditello San Tommaso, il 29 luglio all’Anfiteatro degli Scavi di Pompei, l’1 agosto al Teatro Verdura di Palermo, l’8 agosto al Teatro Romano di Spoleto, il 10 agosto al Teatro della Versiliana di Marina di Pietrasanta, il 23 agosto all’Arena Virgilio di Gaeta, il 27 agosto allo Sferisterio di Macerata, il 5 settembre all’Oasi dei Battendieri di Taranto e il 13 settembre al Teatro Romano di Verona. Serena Rossi riporta in vita Napoli attraverso la leggenda di Partenope, il canto dei vicoli, i suoni delle feste popolari e ninne nanne che hanno cullato generazioni.
“Non parlerò di me, non volevo che lo spettacolo fosse egoriferito”, ma “ci sono dei momenti legati alla mia famiglia, quando parlo della guerra e dei treni dei bambini, come ho raccontato nel film di Cristina Comencini. Mia nonna è stata una di quei bambini”. Inoltre, racconto di una mia antenata che è stata la prima cantante femminista della storia, sapere che ho dentro un po’ di lei mi commuove molto”, anticipa l’attrice (di recente nominata ambasciatrice del World Food Programme), che si dice essere “in una fase in cui voglio raccontare la mia visione di questa città per farla scoprire a chi non la conosce, a chi pensa di conoscerla e riscoprire a chi la conosce”. E lo fa accompagnata da un’orchestra composta da sei elementi, parte viva dello spettacolo, guidata dal Maestro Valeriano Chiaravalle. “C’è tanta musica, i brani sono 18. Spazieremo da ‘Reginella’ a ‘Dove sta Zazà’ fino a ‘Io mammeta e tu’ e ‘Lacreme napulitane’”.
Nel corso della carriera “nessuno ha mai visto la mia napoletanità come un difetto, ma spesso mi hanno detto ‘non è questo che ci serve al momento’. Quando sono arrivata a Roma - ricorda Rossi all’Adnkronos - mi sono sentita un pesce fuor d’acqua e inadeguata, così cercavo di darmi un tono quando parlavo”. È stato “mio marito (il collega attore Davide Devenuto, ndr) a farmi vedere la mia napoletanità come una grande forza consigliandomi di non nasconderla perché avrei perso la mia naturalezza. L’ho ascoltato ed è andata bene”.
Ed è proprio così. Rossi è sinonimo di successo: al cinema, in televisione e anche in sala doppiaggio. È stata la voce di Anna di ‘Frozen’ ma anche di Mary Poppins nel film con Emily Blunt e della Regina Cattiva nella versione live-action del classico d’animazione Disney ‘Biancaneve’, dal 20 marzo nelle sale. Rossi interpreta i brani del villain, interpretato da Gal Gadot: “Dopo ‘Uonderbois’ ci ho preso gusto con le ‘cattive’”, dice tra le risate Rossi. “Questa per me è stata una sfida perché la Regina Cattiva ha una durezza e una rabbia nella voce, canta con i bassi. La mia, invece, è una vocalità molto leggera. Spero di essere riuscita a diventare la più cattiva del reame”. La tournée porterà l’attrice lontana dai set per alcuni mesi ma, come anticipa all’Adnkronos, “ci sono un paio di cose belle in cantiere, ma non posso dire nulla. Forse riesco a girare una cosa prima dell’estate e una subito dopo”. La speranza di Rossi è quella “di portare ‘SereNata a Napoli’ ancora un po’ più in là”. Per l’attrice questo “è un momento di grande fermento, di scegliere bene e di essere saggi”.
I rumors su di lei a Sanremo in veste di co-conduttrice nell’edizione di Carlo Conti hanno circolato per mesi, chissà se il prossimo anno possa davvero succedere: “Sarebbe bellissimo, un sogno. Da buona napoletana ti dico 'vene quanno adda venì'". In questo momento “mi sento abbastanza completa. Quello che desidero per la mia carriera è di continuare ad essere curiosa e smaniosa di cercare nuove sfide che mi possano gratificare e darmi tanto. Ma ammetto che già così sono molto felice", conclude. (di Lucrezia Leombruni)
Roma, 15 mar. (Adnkronos) - Al via oggi a Roma l’Acea Water Fun Run, la maratona dell’acqua per famiglie e bambini dedicata al risparmio idrico. La corsa non competitiva di cinque chilometri, che il Gruppo Acea sostiene insieme alla Acea Run Rome The Marathon di domenica 16 marzo, celebra così il profondo legame tra Roma e l’acqua attraverso lo sport. Ed è record di adesioni alla manifestazione di oggi con oltre 20mila iscritti, di cui più di 4mila stranieri provenienti da 97 nazioni. Per Acea ha partecipato la Presidente Barbara Marinali (VIDEO).
Lungo il percorso della Acea Water Fun Run, che si snoda attraverso uno dei luoghi al mondo più ricchi di storia e di arte, il gruppo Acea ha dislocato punti di ristoro dove l’organizzazione della maratona distribuirà 330mila brick d’acqua, tra oggi e domani. Al Circo Massimo è stato inaugurato l’Acea Water Village che ospiterà fino a domani iniziative dedicate all’educazione idrica, per sottolineare l’importanza dell’acqua nella pratica sportiva e nella tutela della salute e del pianeta: da una ruota per la produzione di energia ad uno spazio interattivo per l’utilizzo di visori di realtà virtuale, dal gaming Casa Net Zero Water Building al photo booth “Ogni goccia conta, ogni passo vale”.
All’Acea Water Village presenti i vertici Acea, l’ex nuotatore e campione olimpico Massimiliano Rosolino e i nuotatori della Rari Nantes di Firenze, una delle squadre che Acea sostiene all’interno di un progetto dedicato territorio che unisce “acqua e sport”, a favore dei giovani e della loro formazione. Oggi pomeriggio, invece, nello stand Acea allestito presso l’Expo Village Acea Run Rome The Marathon al Palazzo dei Congressi dell’Eur sono previste diverse attività di sensibilizzazione sul tema acqua: da T.E.D.D.I. il cane robot simbolo dell’innovazione tecnologica ad un’esperienza immersiva tramite visori di realtà virtuale, dal Marathon Water Wall fino ad un nasone con una postazione per scaricare l’App Acquea di Acea, pensata per atleti, cittadini e turisti, che permette di individuare, tra 3.500 punti idrici geolocalizzati a Roma, la fontana, il nasone o la Casa dell’acqua Acea più vicina per dissetarsi. Previsto anche il talk show “Il benessere di un atleta: un perfetto equilibrio tra acqua, sport e salute” presso lo stand Acea, alle ore 17, moderato dal Presidente della Commissione Federale Atleti Fidal Carlo Cantales a cui parteciperanno gli sportivi Manuela Di Centa, Angelika Savrayuk, Stefano Pantano, Silvia Di Pietro, Davide Passafaro, Daniele Del Signore, il presidente di Acea Acqua Enrico Resmini e il direttore della Comunicazione di Acea Virman Cusenza.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "La fine della tregua in Medio Oriente, e del percorso per il ritorno a casa di tutti gli ostaggi, è una notizia dolorosa. Fa male assistere ad altri morti e violenza. Mi auguro si possa tornare sulla strada della costruzione di un dialogo, pur difficile, ma necessario. Bisogna uscire dal baratro delle guerre". Lo dice il presidente della Camera dei deputati Lorenzo Fontana.
Gaza, 18 mar. (Adnkronos/Dpa/Europa Press) - Il governo palestinese chiede un "intervento internazionale urgente" di fronte al "brutale attacco" lanciato dall'esercito israeliano contro la Striscia di Gaza, in violazione del cessate il fuoco in vigore dal 19 gennaio, che ha causato finora più di 300 morti, secondo le autorità di Gaza, controllate Hamas. E' quanto sottolinea il ministero degli Esteri palestinese in un comunicato pubblicato sui social. "La continua aggressione contro il nostro popolo - aggiunge - e lo spargimento di sangue di bambini, donne e civili indifesi rappresenta un'evasione ufficiale da parte di Israele dai suoi obblighi quando si tratta di consolidare la cessazione della guerra genocida, lo sfollamento e il ritiro dell'esercito occupante dalla Striscia di Gaza".
Questa offensiva, afferma il ministero, "ostacola gli sforzi internazionali volti a sostenere il piano di ricostruzione, l'unificazione delle due parti della patria - con riferimento alla Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, e la Striscia di Gaza - e la creazione dello Stato palestinese. Le soluzioni politiche sono la chiave per fermare l'aggressione e ripristinare un orizzonte politico per risolvere il conflitto". La comunità internazionale lavori per "consolidare un'immediata cessazione dell'aggressione" e mettere in guardia contro i "piani di occupazione" per sfollare la popolazione palestinese.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Non esiste possibilità di un'Unione Europea che conti nel mondo se questa è priva di una difesa europea. Ogni entità politica deve avere tra i suoi principali scopi la conservazione di sé, la propria autodifesa. Altrimenti può essere un'organizzazione economica o commerciale o altro, ma non un'unione politica". Lo sostiene in un'intervista al Corriere della Sera l'ex presidente della Commissione europea José Manuel Durão Barroso, a Roma per un incontro in ricordo di Franco Frattini, ex vicepresidente della stessa commissione, aggiungendo di accogliere favorevolmente la risoluzione del Consiglio europeo di passare, in materia di difesa, dall'unanimità alla maggioranza qualificata, eccezion fatta per le operazioni militari con mandato esecutivo.
"Tutti i passi per assicurare all'Ue un processo decisionale più efficace vanno bene - aggiunge l'ex premier portoghese - Nella fattispecie però non credo che a frenarle sia il voto a maggioranza: spesso l'argomento viene usato come pretesto da quanti dichiarano di voler andare avanti, ma in realtà no. Nei trattati esiste già la possibilità di 'cooperazioni rafforzate' tra alcuni Paesi, basta rispettarne i principi. Sono previsti dall'articolo 20 del Trattato di Lisbona e la massa critica sufficiente per procedere oggi c'è".
"Intese specifiche quali sono le cooperazioni rafforzate vanno raggiunte da almeno nove Stati membri e, siamo onesti, su molte domande non possiamo ambire all'unanimità - spiega Barroso - Attualmente i nove ci sono. E c'è anche abbastanza massa critica per sostenere l'Ucraina". Quanto al programma Rearm Europe di difesa europea approvato dal Consiglio e nella sostanza dal Parlamento, dice ancora, "coloro che sono pronti dovrebbero andare avanti. Francia, Germania e altri lo sono. Allo stesso tempo devono rimanere aperti, come prevedono i trattati, a ulteriori Paesi che potrebbero aggiungersi. È una geometria variabile estensibile a Stati non dell'Ue, come è adesso la Gran Bretagna. Penso che questo dibattito istituzionale di frequente sia una scusa, perché le cose quando lo vogliamo davvero siamo capaci di farle. Importante è superare la frammentazione nell'industria della difesa. Se ogni Paese investe nella rispettiva difesa non aumenteremo quella europea".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Si tratta ancora sul testo della mozione del Pd in vista del voto in Parlamento sulle comunicazioni della premier Meloni in vista del Consiglio Ue. Un accordo sul testo, dopo la lunga riunione di ieri, ancora non è stato trovato. A quanto si apprende, al momento a tenere lontani maggioranza del partito e i riformisti dem è l'aggettivo "radicalmente" voluto dalla segretaria Elly Schlein a proposito dei cambiamenti da apportare a ReErm Eu.
Sulla necessità di invocare modifiche al progetto di difesa Ue di Ursula von del Leyen, invece, le diverse anime del partito si sono trovate d'accordo. "La Schlein vuole marcare la differenza dal Piano, i riformisti pensano invece che ci vogliano debito europeo e difesa comune", sottolinea chi segue le trattative da vicino.
Al testo della mozione lavora già da ieri un gruppo ristretto composto dai capigruppo Francesco Boccia e Chiara Braga, il responsabile Esteri Peppe Provenzano, i capigruppo di commissione Stefano Graziano, Enzo Amendola, Piero De Luca, Tatiana Rojc e Alessandro Alfieri. Una riunione del tavolo ristretto era prevista per stamattina, prima dell'Assemblea dei Gruppi delle 11,30, ma al momento ancora non è iniziata.