Musica

Angelina Mango mostra i Gioielli di famiglia: “Da bimba avevo l’asma ma mi scatenavo con i miei genitori divertiti. Vivo in simbiosi con mio fratello”

La cantautrice nel suo disco più bello mostra le sue fragilità ("ci tengo a tenermele"), i suoi limiti ("non riesco mai a fermarmi") e rivela qual è il suo grande amore

di Andrea Conti

Reduce dall’Eurovision Song Contest 2024 e dalla vittoria al Festival di Sanremo con “La Noia”, Angelina Mango con l’album “Poké melodrama” mostra un po’ di più la sua anima per farsi conoscere meglio. Un mondo di chiari e scuri, fatto di legami famigliari fortissimi, di amore viscerale per la musica e della ricerca del continuo scambio con il pubblico ma anche con colleghi e autori.

Il risultato è quello di un disco ottimamente prodotto e realizzato che ha visto schierati in primo piano professionisti come Dardust, Edwyn Roberts, Alessandro La Cava, Cripo, Edwyn Roberts, Shune, Andry the Hitmaker, Okgiorgio, Zef, Strage e Cripo. Alla produzione del disco hanno contribuito anche Antonio Cirigliano – chitarrista di Angelina Mango – e Giovanni Pallotti, che insieme ad Angelina ne ha curato anche la direzione artistica. Tra i brani nella tracklist spiccano per intensità “Gioielli di famiglia”, “Uguale a me” con Marco Mengoni, “Diamoci una tregua” con Bresh e “Edmund e Lucy”.

Al via da ottobre il tour nei club in Italia e in Europa (Colonia già sold out e si sposta in un luogo più grande, Parigi sold out e raddoppia), sold out le date doppie di Roma, Milano e Napoli, i live a Nonantola e Venaria Reale.

L’album si apre con “Gioielli di famiglia”, dove racconti di essere una “bambina afona e con l’asma”. Che ricordi hai di quei momenti?
Non c ‘è niente di più autobiografico che quella parte della canzone. Era esattamente quello che succedeva praticamente ogni giorno, dopo pranzo, con tutta la famiglia a tavola. Iniziavo a ballare, a cantare, a performare. così, senza alcun motivo. Così i miei mi stavano a guardare e dicevano: ‘Vabbè, facciamola fare, è contenta così’. Ed è anche vero che avevo l ‘asma, infatti era difficile ballare (ride, ndr).

E che facevi?
Me ne fregavo e ballavo lo stesso!

“Uguale a me” è in duetto con Marco Mengoni e cantate: “Mi guardi male se ti do il mio cuore, ma non so cos’altro fare”. Da dove nasce questo sentimento?
In questa canzone ho deciso di affrontare il tema del rapporto tra artista e pubblico. Ho cercato di farlo in maniera molto dolce, secondo me, perché l ‘artista è una persona fragile, è una persona che mette tutte le sue fragilità sotto i riflettori e dice la sua opinione anche quando non è richiesta e dà tutto se stesso sul palco. A volte ci sono dei momenti in cui ti sembra di essere troppo, di dire troppo, di fare troppo…

E che dici a te stessa in quei momenti?
‘Ma chi me l’ha chiesto di scrivere questa cosa? Perché sto parlando di me? Però non so cosa altro fare nel senso che io posso solo fare questo nella vita. È una mia esigenza primaria, ho bisogno dell’amore perché chi scrive ha bisogno dell’amor. Un po’ quello che dai poi ti torna dal pubblico. L’amore è ricambiato.

Com’è stato lavorare con Mengoni?
Sono molto contenta di aver condiviso questa canzone con Marco perché lui capisce esattamente quello di cui stiamo parlando. Inoltre ho un rapporto speciale con lui a livello personale. Per me è stato assurdo stare una giornata di studio con lui. Ogni volta che cantava, io iniziavo a tremare fortissimo. Penso sia stato giusto farla con lui.

Hai parlato di fragilità. Ci sono ancora delle fragilità contro cui tu combatti anche ancora oggi?
Certo, tutti hanno delle fragilità con cui combattono. Ho 23 anni ne ho tante. Però una cosa che è stata fondamentale nel mio percorso personale è stato imparare a riconoscerle. Penso di essere molto consapevole di tutti i miei limiti, di tutto quello su cui devo lavorare e di tutto quello da cui mi devo preservare e per cui mi devo preservare. Quindi non mi spaventano così tanto le mie fragilità, anzi, ci tengo!

Qual è il limite che cerchi sempre di superare?

Il mio limite è l’incapacità di fermarmi. A volte è una cosa positiva perché mi permette di fare tantissime cose, altre volte, invece, credo che non bisogna sentirsi in colpa se ci si ferma un secondo. Che poi è un po’ quello che cantavo ne ‘La Noia’. Sto cercando di fare quello che dico in questa canzone.

In “Edmund e Lucy” si parla di incomprensioni tra fratelli. Ne avete avute tra te e tuo fratello?
Certo ed è normale soprattutto nel momento in cui si cresce e ci si stacca un po’ dal nido. Per me è stato abbastanza doloroso in realtà, soprattutto quando vivi un legame così intenso, così simbiotico. Noi due siamo molto legati. Crescere diventa quasi faticoso, perché non vuoi staccarti del tutto, non vuoi farti la tua vita e capita di avere anche dei momenti in cui cambi come persona, hai le tue idee e diventi adulto. Però fortunatamente io e lui siamo due persone molto sensibili e forse questo tipo di intelligenza eviterà che tra di noi nascano problemi insormontabili.

Hai partecipato ad Eurovision. Che impressione ti ha fatto la pressione che si respirava dietro le quinte e che ha subito la collega 20enne israeliana?
Sicuramente l ‘atmosfera lì era molto tesa in molti momenti e questo è stato un elemento che ha giocato a sfavore per tutti, soprattutto perché eravamo lì per vivere una esperienza unica e nella maniera migliore. Eravamo lì per la musica. Parlo per me e per il modo in cui io ho vissuto questa cosa: ero andata lì, sono andata lì pensando alla musica e farla viaggiare e penso che sia quello che, alla fine, hanno fatto tutti i partecipanti di Eurovision.

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