Sicuro di sé, testa sulle spalle, idee chiare, come tutti 22enni osserva molto, ma non si espone se prima non si informa al 100%, specchio della generazione di oggi. Viso d’angelo, il classico ragazzo della porta accanto eppure Diss Gacha – al secolo Gabriele Pastero della provincia di Torino – nelle sue rime e nel suo rap ha un linguaggio istintivo, naturale e senza fronzoli. L’album “Cultura Italiana Parte 1” ne è la testimonianza. Un bel disco, ben prodotto, che ha come comune denominatore la sincerità massima.
Il “Principe del Mississippi”, così è noto Diss Gacha tra gli estimatori della prima ora, lavora spesso a Los Angeles. Le influenze si fanno sentiere, oltre alla presenza di cori gospel c’è la collaborazione con Wiz Khalifa in “Mississippi Drive”. Hanno collaborato anche Rosa Chemical, Izi e Vegas Jones. Insomma un vero e proprio battesimo di fuoco.
La cultura italiana cosa rappresenta per te?
Rappresenta il mio essere Diss Gacha in giro per il mondo che coniuga la tradizione, la cura del dettaglio e la moda. Un intreccio di tutto questo con un senso di innovazione 3.0 che metta assieme l’America con le sue influenze e, appunto, la cultura italiana.
Cosa ti piace della cultura americana?
Trovo che dal punto di vista artistico siano tanto più avanti rispetto all’Italia. Ci sono persone che hanno voglia di lavorare, se ti serve un trombettista ti arriva in te ore e non la settimana successiva. Non hanno paura di osare, a molti interessano poco le regole di mercato. Più fai una cosa controcorrente e più sei “efficace”.
C’è qualcosa che non ti piace dell’America?
Non mi piace il loro approccio alla vita e al lavoro. Sembra che essere operativi sempre sia il loro mantra e, così facendo, dimenticano per strada le cose semplici come la famiglia, i pranzi assieme… Ci sono ragazzi e rapper che vanno via di casa a 16 anni e non sanno cos’è l’amore, gli affetti, ma diventano poi macchine per produrre soldi.
All’Italia cosa rimproveri?
Non mi piace tanto il fatto che si è sempre scettici, che non esista la meritocrazia, non si danno tante possibilità e si punti sulle masse che si spostano, senza però dare gli spunti giusti per emergere. Ci si uniforma e questo naturalmente si riversa nell’ambito musicale.
“Due minuti e 10” chiude il disco e ti metti a nudo. Un caso?
Un super flusso di coscienza, non è un caso che chiuda questo disco perché chiude un cerchio. Parlo anche delle persone che ti incontrano, scambiano due parole con te e si credono già amici tanto da poterti usare per ottenere quello che vogliono. Questa canzone è nata da un momento di difficoltà che ho attraversato. Una giornata difficile…
Cos’era successo?
Un momento di down. Avevamo affittato una casa per poter lavorare. Non arrivava musica e il clima non era il massimo
In “Spirito Puro” dici “c’è buio attorno a noi, però dentro c’è luce”. A cosa ti riferisci?
Mi riferisco alla spiritualità. A quella che, in qualche modo, abbiamo tutti dentro.
Sei credente?
Sì, credo in Dio.
Vai in Chiesa?
No, ho un rapporto diretto con Dio.
Che ne pensi delle denuncia del Papa che ha detto che nei seminari “c’è troppa frociaggine”?
Ammetto che quelle parole mi hanno colpito e stupito.
“Costruendo qualcosa di solido per chi ci crede mica per la massa (…) però adesso qualcosa è cambiato”, dichiari già nell’Intro. Cos’è cambiato?
È cambiato tutto quando ho iniziato a fare la musica giusta. Ho iniziato a percepire che stavo facendo un qualcosa di diverso e ho avuto una visione artistica chiara da portare avanti.
In cosa sei diverso dagli altri?
Come persona, esteticamente e per quello che racconto. Sono diverso e tanti altri artisti che vengono dalla vita di strada.
“Per diventare più Gacha di Gacha ho dovuto capire me prima dei fan”. Quando hai capito chi eri?
Quando ho capito che volevo dare qualcosa di più ai miei fan, avevo una bella storia e cose positive da esprimere.
Chi sei davvero?
Sono Gabriele, un ragazzo normale che gli piace quello che fa e che fa musica stilosa.
Quali sono stati i tuoi studi?
Ho fatto la scuola di cinema, ho studiato montaggio. Per me è stato utilissimo perché mi piace curare anche l’aspetto delle immagini nel mio lavoro. Tanto che le foto e i video che posto sui social li curo personalmente.
Hai 22 anni la stessa età di tanti ragazzi che stano manifesta a favore della Palestina. Che ne pensi della loro protesta?
Mi hanno colpito e certamente il messaggio contro la guerra è condivisibile. Però non sono molto informato sul resto e non posso esprimere, in tutta onestà, una opinione completa su questo argomento, così delicato.
E sull’arresto di Baby Gang e dell’appoggio al rapper di molti tuoi colleghi?
Credo sia giusto che la giustizia faccia il suo corso, penso anche che è molto facile giudicare una persona e il suo percorso. Alla fine solo Baby Gang sa quello che ha dentro, sa gli errori che ha fatto ed è chiaro che se lo avessimo davanti gli diremmo che ha sbagliato. Ma ripeto, bisogna anche stare attenti al giudizio.
Sei pronto per Sanremo Giovani?
Ho solo tre anni di esperienza, non sono ancora artisticamente pronto per quella esposizione. Soprattutto ci vuole la canzone giusta.
Quante canzoni hai nel cassetto per “Cultura Italiana Parte 2”?
Sono già quasi pronte, saranno 8.