Resta in carcere Andrea Favero, accusato di aver ucciso la compagna Giada Zanola, anche se il fermo del pm motivato soprattutto col pericolo di fuga non è stato convalidato dalla giudice per le indagini preliminari Laura Alcaro che, tuttavia, ha emesso una nuova ordinanza di custodia cautelare che lo tiene in una cella. Questo alla luce dei ‘gravi, precisi e concordanti’ indizi di colpevolezza nei confronti del 39enne. Nell’interrogatorio di garanzia, nel carcere Due Palazzi di Padova, presente anche il pm Giorgio Falcone, Favero ha fatto scena muta, e non ha voluto neanche rilasciare dichiarazioni spontanee. La difesa ha presentato istanza per un’attenuazione della misura cautelare, che non è passata. Non esiste il ‘pericolo di fuga’ – nel provvedimento del pm era stato legato al fatto che Favero è un camionista, pratico di viaggi e itinerari in tutta Europa – ma tutto il resto dell’impianto accusatorio, costruito con le indagini e le parziali ammissioni fatte da Favero, resta in piedi.
Per lasciare il carcere, in sostanza, l’indagato dovrà dimostrare di voler collaborare alla ricostruzione delle ultime ore di vita di Zanola, fino a quando il suo corpo è volato giù dal ponte sull’autostrada Venezia-Padova. Cosa che Favero non ha ancora fatto, fermando il nastro del racconto a quando lui e la compagna stanno litigando furiosamente, dentro l’auto di lei, sul cavalcavia. “Non ricordo se siamo saliti sul gradino della ringhiera che si affaccia sull’autostrada… “, ha detto Favero stando a quanto riporta il verbale di interrogatorio rilasciato al pm Falcone nella caserma della Polstrada di Padova.
L’uomo ferma l’ultima immagine di quel mercoledì notte al litigio scoppiato nella loro casa di Vigonza, quando il loro figlioletto di 3 anni stava già dormendo. La donna, decisa ad andarsene da quell’abitazione, e con un nuovo compagno, aveva spiegato di non avere intenzione di fargli vedere il film. Gli ultimi flash che il presunto assassino ha fissato nell’interrogatorio vedono Zanola che esce dalla casa, e si avvia a piedi verso il cavalcavia sulla A4, distante meno di un chilometro. A quel punto, sempre Favero racconta di aver preso la macchina di lei, di averla raggiunta, e averla convinta a salire in auto, per tornare a casa. “Ho proseguito lungo la strada oltrepassando il cavalcavia, e ho fatto l’inversione…”. Nel frattempo il litigio sarebbe proseguito. Zanola, è la versione dell’indagato, avrebbe urlato che gli avrebbe tolto il bambino “e non me l’avrebbe più fatto vedere”. Tutta la sua ricostruzione, ad avviso del pubblico ministero, è una “messa in scena”.
Bisognerà capire se questa versione reggerà davanti agli ulteriori accertamenti di indagine della polizia, e agli approfondimenti medico legali. A Padova è infatti iniziata nel pomeriggio l’autopsia sul corpo della giovane donna, straziato dopo essere stato investito da un tir sulla carreggiata della A4. Fondamentali saranno gli esami tossicologici: perchè è difficile credere che Zanola sia stata alzata di peso da Favero per superare una recinzione di un metro e 95 centimetri e buttata nel vuoto. Il sospetto è che la ragazza sia stata prima stordita – le amiche hanno riferito del suoi sospetti di essere ‘drogata’ dal compagno – o forse uccisa in un’altra posto, e poi fatta cadere per simulare il suicidio. Proposito, peraltro, che la vittima non aveva mai manifestato.