di Sergio Bagnasco
Esiste una relazione tra sistema elettorale e corruzione?
Tanti indizi portano a ritenere che una relazione esista e sia pure stretta. In ogni caso di corruzione che investe il mondo politico ci imbattiamo in politici corrotti o in personaggi di fiducia di un politico. Ogni volta ci chiediamo, perché è stato scelto costui? Perché gli è stata assegnata quella funzione?
Questi interrogativi rimandano ai criteri di scelta dei candidati e all’affidamento degli incarichi, politici e gestionali nelle aziende pubbliche o dovunque scorra denaro pubblico. In ogni caso, è storicamente e giudiziariamente accertato che il consenso in Italia spesso è comprato con metodi clientelari, trasformando i diritti in favori o comprando il voto.
Il popolo degli indignati cresce, ma che fa? Esprime disprezzo per i concittadini che vendono il voto, indica la preferenza come causa di tutto questo proliferare di corruzione elettorale, ma chissà perché questi indignati non vedono ciò che succede sotto i loro occhi.
La preferenza, infatti, è prevista ovunque con la sola esclusione delle elezioni per il parlamento nazionale. Se la finalità dell’abolizione della preferenza fosse combattere la corruzione, non si comprende perché il legislatore non ha mai abolito la preferenza dalle elezioni comunali, regionali ed europee, rendendo così facile la creazione di potentati politici locali che poi approdano in Parlamento e nei ministeri. In realtà, alla base della corruzione politica c’è sempre un processo decisionale opaco nella scelta dei candidati e nell’affidamento degli incarichi.
L’abolizione della preferenza per le elezioni parlamentari non ha minimamente intaccato la corruzione sistemica, ma ha contribuito ad abbassare la qualità dei parlamentari e la responsabilità di tutto ciò ricade sugli apparati di partito: gli unici responsabili della scelta dei candidati. Il più alto livello di corruzione si verifica proprio lasciando nelle mani di pochi la scelta dei candidati, in totale assenza di trasparenza nei processi decisionali. Il politico che compra i voti è il terminale di un processo decisionale che inizia con qualcuno che decide di candidare quel signore che compra voti. Dovremmo chiederci perché quel tizio che compra voti o garantisce favori è stato candidato. Poi, dove non c’è la preferenza anziché comprare i voti è pur sempre possibile comprare la candidatura e il posto in lista, rendendo così più sicuro l’investimento e più certa l’elezione.
L’unico modo che abbiamo per mettere un freno allo strapotere dei partiti è lasciare ai cittadini la scelta tra i candidati e ancora più efficace sarebbe consentire alla comunità di cittadini che anima un partito di scegliere chi candidare, come avviene in altri Paesi europei con tasso di corruzione molto più basso del nostro. Quando sarà eliminata da tutte le elezioni la preferenza, quando all’elettore sarà sistematicamente preclusa ogni possibilità di scelta tra i candidati, semplicemente poche persone saranno in condizione di comprare e controllare tutto. E queste poche persone saranno le cupole partitocratiche.
I Referendum sulla vigente legge elettorale per il rinnovo del Parlamento, il cosiddetto Rosatellum, smantellano il sistema che consente ai partiti di sostituirsi agli elettori nella scelta di coloro che dovrebbero rappresentare il popolo sovrano e invece rappresentano i partiti. Tra l’altro, la Corte costituzionale con sentenza n. 1/2014 si è sul punto espressa in modo inequivocabile reintroducendo la preferenza e il legislatore ha disatteso quanto stabilito dalla Corte approvando una nuova legge elettorale, il Rosatellum appunto, che replica con modalità diverse lo stesso vizio d’incostituzionalità presente nel Porcellum, vale a dire che se non esiste libertà di scelta tra i candidati, allora i partiti “coartano la libertà di scelta degli elettori nell’elezione dei propri rappresentanti in Parlamento, che rappresenta una delle principali espressioni della sovranità popolare” (Corte cost. sentenza n. 1/2014)!
Il rapporto tra partiti e potentati economico\finanziario che sostengono i partiti rischia di degenerare in comportamenti corruttivi resi più facili e meno rischiosi proprio dall’assenza di trasparenza nei processi decisionali interni ai partiti e dall’azzeramento del potere di scelta da parte del corpo elettorale. Modificare la legge elettorale per ridurre il potere totalitario dei Partiti nella formazione dell’Assemblea parlamentare significa contrastare la corruzione con i fatti e non con le parole che sono sempre a buon mercato.
Anche per questo personalità dell’associazionismo, della politica e della società civile hanno costituito il Comitato Referendario per la Rappresentanza (Co.Re.Ra.) che, raccogliendo il testimone del compianto Felice Besostri, ha depositato quattro quesiti referendari per l’abrogazione parziale del “Rosatellum”. Tutte le informazioni sulle iniziative del Comitato e sui quesiti referendari si trovano sul sito.