Secondo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni chi percepiva il Reddito di cittadinanza (Rdc) ed era in grado di lavorare non si dava abbastanza da fare. A dimostrarlo, ha sostenuto a Dritto e Rovescio su Rete4, il fatto che solo il 12 per cento di chi ha perso il Reddito perché “occupabile” ha poi fatto domanda per il Supporto formazione e lavoro (Sfl), l’indennità da 350 euro al mese destinata alle persone in povertà assoluta che frequentano una politica attiva, come ad esempio i corsi di formazione. E tutti gli altri? Sfaticati, secondo la logica di Meloni, che però fa acqua da tutte le parti, addirittura rivedendo al ribasso le cifre dichiarate dalla ministra del Lavoro, Marina Calderone.

Mancano i dati – Il governo ha smesso di fornire i dati sulle misure che hanno sostituito il Reddito di cittadinanza, l’Assegno di inclusione (Adi) al via da gennaio e, appunto, il Supporto formazione e lavoro partito il primo settembre scorso. Sul sito del ministero del Lavoro le ultime note sono del 2023 e il poco che si è saputo in seguito è uscito solo grazie ad alcune interrogazioni parlamentari. Così, a tutto beneficio della sua campagna elettorale, Meloni è libera di comunicare cifre che difficilmente si possono verificare. Proviamo comunque a capirci qualcosa. A fine 2022 il governo Meloni ha deciso che le persone in povertà assoluta 18-59enni senza minori, disabili o over 60 nel proprio nucleo famigliare sono in grado di lavorare, e quindi non hanno diritto al Rdc. Il governo aveva calcolato 404mila occupabili, ai quali limitare a 7 le mensilità da erogare nel 2023. Salvo poi escluderne 191mila perché “presi in carico dai servizi sociali, in quanto non attivabili al lavoro”. Ad agosto l’Inps ha poi calcolato che a perdere il Reddito nel 2023 sarebbero state 230mila persone. In larga parte sole, per lo più in età avanzata, con bassi livelli di istruzione e residenti al Sud.

Da Calderone numeri diversi – A gennaio è la ministra Calderone a precisare che la platea potenziale degli ex Rdc per il nuovo Supporto formazione e lavoro è di circa 250mila persone. Un dato definitivo, visto che il Reddito era oramai abolito e le ultime, poche migliaia di “occupabili” avevano smesso di percepirlo a dicembre. Secondo la percentuale fornita ora da Meloni sarebbero dunque 30mila gli ex Rdc che hanno fatto domanda per il Supporto. Peccato che a gennaio Calderone parlasse di 50mila domande, cioè il 20 per cento di 250mila, non il 12 dichiarato in tv da Meloni. Chi delle due dà i numeri? Visto che il ministero dice di non avere dati pronti da fornire alla stampa, non si può che sperare in un chiarimento. Nel frattempo, e a differenza di Meloni, si può e si deve fare qualche distinguo. Per ricevere il Sfl serve un Indicatore della situazione economica equivalente (Isee) sotto i 6.000 euro, mentre per il Reddito la soglia era di 9.360 euro. In altre parole, bisogna essere ancora più poveri e questo ha ridotto la platea potenziale degli ex percettori del Reddito. Silenzio anche sui tanti working poor, la parte dei beneficiari Rdc che un lavoro ce l’aveva. Secondo l’Anpal si trattava di un quinto dei 404mila “occupabili” inizialmente stimati, probabilmente un terzo della platea effettiva. Avrebbero dovuto lasciare lavoro e stipendio, per quanto insufficiente, e accettare i 350 euro offerti dal governo? Avrebbero fatto un pessimo affare.

Il muro di gomma – Al netto delle cifre da campagna elettorale c’è una realtà fatta di ostacoli burocratici, cortocircuiti informatici e muri di gomma, denunciata e raccontata anche dal Fatto. E proprio a partire dalla nuova piattaforma citata anche da Meloni, Siisl, sulla quale la premier vanta 228mila posti di lavoro offerti. Il dato corrisponde, conferma Inps, ma precisa: “Attualmente “attive” su Siisl ci sono 8.234 offerte di lavoro (10.920 posti disponibili)”. Ottomila offerte su tutto il territorio nazionale non sono un granché. Né si tratta di offerte alle quali i poveri ex percettori di Rdc possono sempre ambire, anzi. Istat e Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) avevano provato ad avvertire il governo: solo il 30 per cento degli “occupabili” ha un’istruzione superiore alla scuola dell’obbligo, spesso non sono giovani e il 65 per cento vive nel Mezzogiorno, dove la domanda di lavoro è molto bassa.

Abbandonati dallo Stato – Ma chi li sente Istat e Upb? A rendere gli “occupabili” davvero tali, promise invece il governo, ci avrebbero pensato i corsi di formazione. Che per disoccupati di lunga data, magari ultracinquantenni, servono a poco e in alcune regioni, in particolare nel Mezzogiorno, non sono mai partiti. Che l’offerta sia inadeguata lo dicono anche al ministero e grazie a una recente interrogazione parlamentare è emerso che le persone prese in carico per il Supporto formazione e lavoro sono oggi 110mila, ma solo 24mila ha fatto un corso di formazione. Così chi fa domanda per il Sfl si arrabatta per ricevere i 350 euro facendo bilanci di competenze e simulazioni di colloqui di lavoro, spesso non riuscendo a percepirlo tutti i mesi e infatti la maggior parte non ha ricevuto più di tre mensilità dallo scorso settembre. Centri per l’impiego ed enti di formazione confermano che a rinunciare sono in tanti, e che per tanti la sensazione è quella di essere stati abbandonati dallo Stato. Che invece preferisce dare la colpa a loro raccontando che dietro al Reddito di cittadinanza si nascondeva una marea di sfaticati. Peggio: lo fa sparando cifre a proprio uso e consumo mentre continua a nascondere i dati alla comunità scientifica, all’informazione, ai cittadini.

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