Pace, libertà e sviluppo. È la formula che il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha presentato per il futuro del Paese in occasione del concerto al corpo diplomatico accreditato in Italia in occasione della Festa della Repubblica. Il capo del Quirinale si è concentrato sui mali che affliggono la società, dalle disuguaglianze economiche e sociali alle violazioni dei diritti fondamentali che devono sempre essere riconosciuti. Ma in particolare si è concentrato sulla necessità di fare un vero sforzo per la pace, in un’epoca di conflitti che hanno riportato gli spettri della guerra alle porte dell’Europa.

Il suo discorso prende spunto proprio dal referendum del 2 giugno 1946, giorno nel quale gli italiani scelsero la Repubblica alla Monarchia. “Una chiamata alla responsabilità. In quegli anni di speranze diffuse, le aspirazioni al benessere e al miglioramento della condizione personale procedevano insieme alle conquiste democratiche e sociali”. E proprio come in quella data, continua, oggi a livello mondiale è necessario “impegnarsi per la pace, perseguire insieme ovunque libertà e sviluppo, democrazia e diffusione del benessere, maturazione civile, crescita economica e dei diritti. Questa ci appare, nella comunità internazionale, la grande sfida, l’orizzonte che abbiamo di fronte. Rifiutando con determinazione baratti insidiosi: sicurezza a detrimento dei diritti, assenza di conflitti aggressivi in cambio di sottomissione, ordine attraverso paura e repressione, prosperità economia in cambio di sudditanza“.

Un benessere che passa dalla ricerca della pace, del benessere e del rispetto reciproco che, quindi, non deve però essere perseguito a tutti i costi o con ogni mezzo, venendo meno a principi fondamentali o violando diritti altrui. “Avvertiamo tutti che da tante parti nel mondo proviene un grido di sofferenza, di richiesta di serenità di vita, di giustizia, di pace – ha continuato – L’Italia, Paese fondatore dell’Unione europea, convinta partecipe del rapporto transatlantico, dell’amicizia e dell’alleanza in cui questo si esprime, continuerà a impegnarsi – anche in qualità di Presidente di turno del Gruppo dei 7 – per la tutela, sempre, ovunque, per tutti, dei diritti fondamentali della persona, per la pace e il dialogo tra i popoli e gli Stati, per la giustizia e la solidarietà internazionale, per la lotta alla fame, alle malattie, al sottosviluppo, per la difesa dell’ambiente“.

Partendo da qui, poi, Mattarella ha voluto ricordare i conflitti che affliggono il pianeta in questi mesi, dall’Ucraina, al Medio Oriente, fino al Sahel. “In Medio Oriente, dove a seguito della brutale ed efferata aggressione terroristica ad opera di Hamas, con l’assassinio di tante persone innocenti, la spirale di reazioni di spaventosa violenza che ne è scaturita crea immani sofferenze e un numero sconvolgente di vittime tra la popolazione civile palestinese, devastazioni nei territori coinvolti, disseminazione di odio per il prossimo futuro, insicurezza per tutti in quella fondamentale regione”. Ed è per questo che, continua, “occorre avviare subito un processo che ponga fine ai massacri e conduca finalmente a una pace stabile, con il pieno e reciproco riconoscimento dei due Stati di Israele e di Palestina, necessariamente in tempi ravvicinati affinché sia realmente possibile. Nell’immediato, ribadiamo l’imperativo di dare piena attuazione a quanto richiesto dal Consiglio di Sicurezza per il cessate il fuoco, l’accesso umanitario incondizionato alla popolazione di Gaza e la liberazione degli ostaggi sequestrati nel corso del disumano attacco del 7 ottobre”.

Poi la stoccata a Vladimir Putin che invadendo l’Ucraina, dice il capo dello Stato, “ha riportato la guerra nel cuore dell’Europa e scavato nuovamente un solco tra i paesi del continente che sognavamo in pace e collaborazione, liberi e democratici da Lisbona a Vladivostok. La Federazione Russa ha demolito l’architettura di sicurezza che ha garantito pace e stabilità al continente europeo per lunghi decenni, sin dagli Accordi di Helsinki della metà degli anni Settanta, e ha lanciato una nuova, angosciosa, corsa agli armamenti. Si tratta di un comportamento tanto più grave in quanto posto in essere da uno dei Paesi su cui ricadono maggiori responsabilità nella comunità internazionale, in quanto membro permanente del Consiglio di Sicurezza”.

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