Ci sono ancora circa 200 milioni di euro che ballano nell’annosa partita per i risarcimenti di oltre centomila risparmiatori gabbati dalle banche fallite alcuni anni fa, a cominciare dalla Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, i cui amministratori sono finiti sotto inchiesta, sono stati processati e alcuni sono statu condannati. Il governo però tergiversa, non sembra disposto a versare tutti i soldi che nel 2018 erano stati stanziati, 1,5 miliardi di euro, a compensazione dei danni subiti da chi aveva investito il proprio denaro negli istituti e si era trovato senza niente.

A rilanciare le istanze del risparmio veneto tradito è l’associazione Noichecredevamo (nelle due banche venete) che, in vista del 2 giugno, festa della Repubblica, ha scritto al presidente Sergio Mattarella, in quanto garante della Costituzione, perché si faccia garante della piena attuazione della legge 30 dicembre 2018 n. 145 che istituì il Fondo indennizzo risparmiatori (Fir) che aveva cercato di porre rimedio alla liquidazione coatta amministrativa forzata di Veneto Banca e Popolare di Vicenza avvenuta tra il 2015 e l’1 gennaio 2018.

“La nobiltà di questa norma è intuitiva. – scrive Luigi Ugone, presidente dell’associazione – Ha il suo fondamento nell’articolo 47 della nostra Costituzione, che tutela il risparmio, e ha sempre avuto lo scopo non solo di indennizzare, ma anche di ridare la dignità ad un popolo di truffati dalla mala gestio di queste banche, che qualcuno addirittura chiamava speculatori. Sarebbe triste che tutti questi cittadini venissero traditi una seconda volta nelle loro aspettative e questa volta dallo Stato”.

Che i soldi ci siano è indubbio. Ugone lo ha ricordato alla presidente del consiglio, Giorgia Meloni, quando l’ha avvicinata durante il recente Vinitaly a Verona. Lo sottolinea ora con una interrogazione rivolta al ministro dell’Economia e Finanze, anche il deputato veneto Enrico Cappelletti, del Movimento Cinquestelle. Il finanziamento del fondo Fir per gli anni 2019, 2020 e 2021, era in totale di 1.575 milioni di euro, e “la misura dell’indennizzo, fissata dalla legge, era commisurata in generale al 30 per cento del costo di acquisto delle azioni – e al 95 per cento per le obbligazioni subordinate – emesse dalle banche”. Il limite massimo per risparmiatore era di 100mila euro, mentre la norma prevedeva che la soglia del 30 per cento poteva “essere incrementata, comunque entro il limite massimo complessivo, qualora le somme complessivamente erogate per l’indennizzo secondo il piano di riparto fossero inferiori alla previsione di spesa dell’esercizio finanziario, nel pieno rispetto dei limiti di spesa della dotazione finanziaria del Fir e fino al suo esaurimento”.

Lo scorso marzo la direzione del Ministero dell’Economia aveva confermato che gli indennizzi erogati dal Fir, attraverso Consap, erano arrivati alla somma di 1 miliardo e 353 milioni di euro, andato pro quota a favore di 129.899. risparmiatori. “Pertanto, rispetto alla dotazione totale, rimangono disponibili ancora circa 200 milioni di euro – scrive Cappelletti – e l’esecutivo si era impegnato a tener ‘conto delle richieste emerse in sede parlamentare al fine di valutare le più opportune iniziative da assumere per procedere all’incremento della percentuale di indennizzo prevista a favore degli azionisti, già ammessi a beneficiare del FIR”. Il deputato ricorda, inoltre, come “molti risparmiatori che hanno inviato domanda di accesso al fondo, non hanno percepito effettivamente alcun indennizzo” e chiede al ministro perché non si sia proceduto alla distribuzione del residuo di circa 200 milioni”.

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