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La fine dell’era del fare: la nostra dipendenza dalle macchine solleva importanti questioni

Viviamo in un’epoca di rapidissima evoluzione tecnologica, dove il concetto di “fare” sta subendo una trasformazione radicale che non deve essere demonizzato. Le tecnologie avanzate e l’automazione stanno cambiando il modo in cui eseguiamo le attività quotidiane e professionali, portandoci verso un’era di autonomia ed efficienza senza precedenti. Queste innovazioni stanno ridefinendo il nostro modo di vivere e lavorare, ma è fondamentale analizzare anche le implicazioni di questa transizione.

Il cervello umano è progettato per risparmiare energia, preferendo compiere azioni con il minimo sforzo possibile. Questo principio si applica a una vasta gamma di attività, come camminare, cucinare, leggere e scrivere. Il nostro sistema nervoso monitora costantemente il consumo di energia per ottimizzarlo e risparmiarlo il più possibile. Questo bisogno di efficienza energetica è alla base della nostra inclinazione verso l’adozione di tecnologie che semplificano le nostre vite.

Oggi, grazie al supporto di macchine, applicazioni e servizi tecnologici, siamo in grado di compiere le nostre azioni in modo più veloce, efficace e conveniente rispetto ai metodi tradizionali. L’adozione di queste tecnologie è diventata così diffusa da essere parte integrante delle nostre abitudini quotidiane. Siamo abituati a un livello di efficienza e comodità talmente elevato che siamo diventati dipendenti da queste innovazioni per le attività più semplici, in una vita caratterizzata da una costante accelerazione e dalla richiesta di connessione e produttività continua.

Pensate solo, a titolo di esempio, a quante energie psico-fisiche si risparmiano con una riunione in videocall con clienti o fornitori fuori sede rispetto a una in presenza!

Questo desiderio di ottimizzare le azioni e semplificare i processi comporta anche la transizione verso quella che possiamo definire la fine dell’era del fare. Le tecnologie autonome e l’intelligenza artificiale (IA) ci permettono, infatti, di delegare molte delle nostre attività alle macchine. Ad esempio, negli ambienti industriali, gli smart helmet (caschi intelligenti) dotati di sensori rilevano gas tossici e avvisano i lavoratori, migliorando la sicurezza.

Nei settori manifatturieri, la prevenzione degli incidenti è fondamentale per garantire un ambiente di lavoro sicuro ed efficiente. I sistemi di visione computerizzata e intelligenza artificiale (IA), ad esempio, utilizzano telecamere e algoritmi avanzati per monitorare costantemente le linee di produzione. Sono in grado di identificare oggetti estranei, come utensili dimenticati o materiali non conformi, che potrebbero causare danni alle macchine o ferire i lavoratori. Inoltre, possono rilevare comportamenti rischiosi da parte degli operatori, come movimenti non sicuri o posture errate. Questi sistemi inviano immediatamente avvisi ai supervisori, che possono intervenire per prevenire incidenti, migliorando così la sicurezza e l’efficienza operativa.

La “fine del fare” segna l’inizio di una nuova era caratterizzata dall’autonomia delle macchine e dall’ottimizzazione delle nostre azioni quotidiane. L’adozione di tecnologie avanzate ci libera dal compiere molte attività manuali, migliorando la nostra efficienza e produttività e permettendoci di dedicare tempo ad altre attività, inclusi compiti più complessi e creativi.

Tuttavia, questa crescente dipendenza dalle macchine solleva importanti questioni critiche riguardo ai limiti intrinseci dell’IA e all’impatto potenziale sulla nostra capacità di pensiero critico. Sebbene l’IA sia capace di eseguire compiti complessi con precisione, non è infallibile. Gli algoritmi di IA dipendono da enormi quantità di dati per l’apprendimento e il funzionamento, ma questi dati possono essere imperfetti o distorti. Errori nei dati di addestramento possono portare a previsioni errate o bias decisionali.

Inoltre, la crescente affidabilità sui sistemi di IA per compiti decisionali e operativi può portare, indipendentemente dall’impatto sui livelli occupazionali (eliminando alcuni ruoli tradizionali e creando nuove opportunità), a una riduzione del pensiero critico tra i lavoratori. Quando le decisioni vengono delegate alle macchine, gli individui possono diventare meno inclini a mettere in discussione le informazioni e le azioni suggerite dai sistemi automatizzati. Questo fenomeno, noto come “automatismo cognitivo”, può diminuire la capacità degli individui di valutare criticamente le situazioni e prendere decisioni informate.

Infine, l’adozione diffusa dell’IA solleva anche questioni etiche e sociali. Ad esempio, le decisioni automatizzate possono influenzare in modo sproporzionato determinate comunità, perpetuando disuguaglianze sociali ed economiche che non tengono conto delle sfumature e delle complessità delle situazioni umane.

In conclusione, la fine del fare come lo conosciamo rappresenta un passo fondamentale verso un futuro di maggiore efficienza e autonomia. È essenziale, però, trovare un equilibrio tra l’adozione delle tecnologie avanzate e il mantenimento delle capacità umane di pensiero critico e giudizio. Le tecnologie dovrebbero essere utilizzate come strumenti per ampliare le capacità umane, non per sostituirle completamente. La formazione continua e l’educazione mirata possono aiutare i lavoratori a sviluppare competenze complementari all’IA, promuovendo al contempo un approccio critico all’uso delle tecnologie.