Una piazza “piena d’amore”, una piazza piena di “ottimismo“, una piazza che “racconta la differenza tra noi e la rabbia, la cattiveria dei nostri avversari più livorosi“. A piazza del Popolo è il giorno dell’unico comizio in l della presidente del Consiglio Giorgia Meloni per le elezioni europee. Un intervento tutto all’attacco, pronunciato per lunghi tratti leggendo dai due gobbi e meno spesso a braccio e anticipato, già all’inizio della manifestazione, ancora prima che cominciassero gli interventi di amministratori e dirigenti del partito, dalla messa in onda negli altoparlanti della clip della scenetta con Vincenzo De Luca, “Sono la stronza della Meloni“. In Piazza del Popolo a Roma secondo gli organizzatori ci sono 30mila persone, secondo la questura 20mila (qui le immagini da varie prospettive).

Da questa piazza niente livore, assicura Meloni, ma il suo discorso di un’ora è in buona parte appoggiato a contrasto di quello che dicono i detrattori del governo – opposizioni, giornali – ribaltandolo con quella che la premier definisce “verità“: loro dicono, e invece la realtà è un’altra, “cari amici della sinistra”. Messaggi a distanza a Giuseppe Conte, a Elly Schlein, la rivendicazione dei dati dell’economia, dell’occupazione, l’abbattimento del Reddito di cittadinanza: “Abbiamo smesso di pagare chi non lavorava e pagato di più chi lavorava” e la piazza batte le mani. L’Italia è tornata grande in Europa e nel mondo, è la formula già usata tante volte. I giudizi positivi delle agenzie di rating che una volta, nella retorica della leader di Fratelli d’Italia, erano enti privati che sceglievano i governi privando di democrazia i Paesi e ora invece sono di garanzia di qualità. Inevitabilmente il comizio di Meloni è stato l’elenco delle questioni affrontate in questo anno e mezzo abbondante di governo. Manca solo la parola “gufi”, quello era un altro inquilino di Palazzo Chigi. “Hanno tifato per l’aumento dello spread e della disoccupazione”, insiste Meloni, ma si sono dovuti arrendere “al buonsenso” del governo. La presidente del Consiglio ha rimarcato come l’aumento dell’occupazione sia stato “una doccia gelata per chi ci attaccava”.

La nostalgia è solo quella degli altri: “Mentre noi difendiamo l’Europa come civiltà da sempre, loro l’hanno adottata dopo il crollo dell’Unione sovietica e siccome sono nostalgici vorrebbero trasformarla in un surrogato del dirigismo sovietico“. Le Europee, insomma, saranno “un referendum fra due visioni opposte: da una parte un’Europa ideologica, centralista, nichilista, sempre più tecnocratica. Dall’altra la nostra Europa, coraggiosa, fiera, che non dimentica le sue radici perché definiscono chi siamo, ci aiutano a orientarci nel buio della paura”. “Qui si fa la storia, e quella storia possiamo essere noi, come visione politica” galvanizza il pubblico Meloni. Perché governare con la sinistra mai, torna a promettere la presidente del Consiglio, nemmeno in Europa.

Sulla sanità la presidente del Consiglio si riserva l’unico segmento orientato più al futuro che non al passato dopo il lungo elenco di cose “già fatte”. La leader di Fdi annuncia un provvedimento per il monitoraggio delle liste d’attesa. “Ci saranno soluzioni per effettuare visite e prestazioni sanitarie, che si faranno anche sabato e domenica, abolire il tetto di spesa per l’assunzione dei medici, coinvolgere più gli specializzandi, sanzionare i dirigenti sanitari che non dovessero rispettare gli obiettivi di riduzione delle liste d’attesa, premiandoli se invece lo fanno”. E’ l’unica folata di freschezza in mezzo a un copione già sentito spesso per cercare quel colpo di scena che Silvio Berlusconi in un confronto tv con Romano Prodi provò con l’abolizione dell’Ici. Se avrà lo stesso effetto sulla performance percentuale di Fratelli d’Italia è da vedere.

Il pezzo più forte, però, molto applaudito dai manifestanti, è l’ennesimo riferimento al caso De Luca (non nominato esplicitamente da Meloni), riesumato dalla presidente del Consiglio dopo mesi per utilizzarlo in queste ultime settimane di campagna elettorale con apparente efficacia. Il pubblico si scalda quando Meloni ripete il concetto dell’altro giorno: “Si scandalizzano se una donna si difende…”. “Vale solo per me perché io sono una donna di destra e lui un uomo di sinistra? – affonda la capa del governo tra le esultanze dei suoi simpatizzanti – Una donna insultata può difendersi o no?”. “Noi siamo abituati a non abbassare la testa e non darla vinta a bulli e gradassi – aggiunge Meloni – Sono una donna e pretendo lo stesso rispetto che do agli altri. Eccola la parità, eccolo l’orgoglio femminile, quello che gli altri non sanno più difendere”.

Un capitolo su cui la premier ha puntato per accendere questi ultimi giorni pre-voto, evidentemente per farsi scudo e insieme richiamare alle urne l’elettorato più fidelizzato. Il suo è a tratti uno spassionato appello al voto: “Ho rinunciato a tutto quello a cui potevo rinunciare solo perché non volevo deludervi – afferma tra gli applausi -. Vi chiedo in cambio solo 5 minuti per dirmi che siete al mio fianco, perché è l’unica cosa che mi interessa” per andare avanti. Spesso Meloni ha detto che l’obiettivo buono sarebbe pareggiare la performance delle Politiche del 2022, cioè il 26 per cento. Anche se giù dal palco ci sono un po’ di ministri che le vogliono complicare la vita. Quello della Cultura Gennaro Sangiuliano dice che Fratelli d’Italia può superare il 30 per cento, quello del Sud Nello Musumeci afferma una cosa simile. Sarà anche per questo che un significativo passaggio conclusivo del discorso è dedicato all’importanza di andare alle urne: “Ti può non interessare cosa fa l’Europa, ma l’Europa si interesserà di te”. Dunque richiamo a quel pezzo, possibile, di elettorato che magari è svogliato. A proposito di femminismo, dice ancora la premier, il governo “ha aiutato con più soldi e più strumenti le mamme lavoratrici perché libertà non è farsi chiamare prefetta ma poter fare il prefetto senza per questo dover rinunciare a mettere al mondo un bambino”. Il che non esclude di poter fare entrambe le cose, a dire il vero.

Il comizio diventa un pretesto per ricapitolare quello che è stato fatto e che dev’essere terminato: dall’immigrazione (“i dati sugli sbarchi sono migliori dello scorso anno”) alla legalità (e di nuovo su questo il piatto forte sono gli interventi su Caivano) dalla riforma della giustizia sulla separazione delle carriere al lavoro e al diritto all’aborto. “Non abbiamo mai toccato la 194, la vogliamo applicare nella sua interezza: è vera libertà se puoi anche scegliere di non abortire, se abortisci perché non hai scelta quella non è libertà, noi aggiungiamo libertà”.

Poi c’è il lungo, insistito attacco alle opposizioni. A partire dal premierato, di nuovo definito come “madre di tutte le riforme”. “A loro proprio non va giù che siano i cittadini a decidere, perché vogliono che si continuino i giochi di palazzo. Del resto il Pd come avrebbe fatto a governare quando perdeva le elezioni? E come avrebbe fatto Giuseppe Conte a diventare premier senza che nessuno tra i cittadini lo conosceva? Abbiamo capito il nome Pd, significa è ‘democrazia solo se c’è quel partito che comanda‘. Io invece penso che il premierato sia la madre di tutte le riforme“. Anche se va registrato che pochi giorni fa ha detto che se il referendum bocciasse la riforma “se ne fregherebbe”.

La sfida frontale è con la leader del Pd Elly Schlein attaccata per le parole pronunciate dal candidato del socialista alla Commissione europea Nicolas Schmit: “Qualche giorno fa il candidato alla presidenza della commissione dei socialisti, tale signor Schmit, ha detto che i conservatori sono una forza non democratica, secondo il candidato di Elly Schlein e del Pd io che sono presidente dei conservatori e presiedo il governo italiano” dopo essere stata eletta “non sarei democratica“. “Chiedo pubblicamente alla segretaria del Pd di dire – scandisce – se condivide o no queste parole ma non scappi anche stavolta. Elly, è una domanda semplice, condividi sì o no che io non sia una leader democratica?“. La conclusione è che “fornite alibi agli estremisti per avvelenare le nostre democrazie con l’odio politico, e vi presentate come forze responsabili…”. Rivolgendosi a Schmit, nome probabilmente poco noto alla folla sotto al palco, Meloni rilancia: “Se non sono un leader democratico, cosa sono? Sono un dittatore? E se sono un dittatore, cosa si fa? La lotta armata per depormi? Sono dichiarazioni deliranti, irresponsabili, di gente che per raggranellare mezzo voto scherza con il fuoco. Signor Schmit, spero si renda conto di quello che dice: cosa accadrebbe se qualcuno dovesse prenderla sul serio, se qualche fenomeno imbevuto di idee estremiste dovesse passare alle vie di fatto?”.

Ce n’è anche per i 5 Stelle. “Non voglio dire niente del M5s che prendeva ogni decisione sulle piattaforme online e ora ci dice che è autoritario che i cittadini scelgano direttamente da chi essere rappresentanti. Da trasformare il parlamento in palazzo di vetro a partito consociativo della prima repubblica il passo è breve: c’è una coerenza nella capacità di tradire tutte le promesse che avevano fatto”. La premier, nel suo prolungato attacco alle opposizioni, ha definito la sinistra “nervosa“, la accusa di perdere “lucidità” e di mostrare “questo rancore francamente fuori misura”. “Quando le nebbie della propaganda si diradano e rimane la verità – prosegue Meloni – gli argomenti finiscono ed esce la solita usurata disperata carta del racconto del mostro”. Ora, dice, “il nuovo sport nazionale della sinistra è dipingere l’Italia come la nazione dei diritti negati e delle libertà compresse in cui lo stato di diritto è praticamente sospeso”.

A Meloni risponde Schlein, impegnata in un evento elettorale a Milano: “Faccio fatica a capire che lingua sta parlando Giorgia Meloni, che film sta vedendo – dice la segretaria del Pd – Vede un altro Paese”. “L’altro giorno mi ha attaccata dopo aver detto che la sinistra cancella l’identità – ha aggiunto -. Io ho risposto che lei non si rende conto che in un anno e mezzo che governa sta cancellando la libertà delle persone”. “Perché se hai un salario da fame, mentre lei blocca il salario minimo, e non riesci a pagarti l’affitto, mentre lei cancella 330 milioni di fondo affitto, se non riesci a curarti perché tagliano la sanità pubblica non hai piena libertà in questo Paese. Quindi noi continuiamo a inchiodare questo governo su una gigantesca questione sociale e salariale che Meloni continua a cercare di eludere con armi di distrazione di massa e che il Pd non è disposto ad accettare”. E a proposito di denatalità, tema caro al governo, aggiunge (durante una diretta Instagram con delle associazioni studentesche): “Con gli stage gratuiti non ci paghi l’affitto, se entri precario nel mondo del lavoro resti precario. Il governo sta aumentando la precarietà. Parlano tanto di denatalità e non vedono quanto sia figlia della precarietà che colpisce soprattutto i giovani e le donne“.

La replica di Conte arriva da facebook: “Il M5s ha realizzato in meno di 2 anni e mezzo l’80% del suo programma elettorale, dai sostegni contro la povertà alle leggi anticorruzione“, viceversa “Meloni in un anno e mezzo di Governo ha approvato un decreto rave, portando a processo – secondo quanto apprendiamo da Nordio – 8 persone. Scacco ai ballerini di musica techno, emergenza risolta! Poi dal palco se l’è presa con me direttamente, ricordando che ero sconosciuto alla politica e la gente non sapeva chi fossi. Anche noi non sappiamo bene chi sia Giorgia Meloni, nonostante 30 anni di incarichi politici“. Poi Conte elenca una serie di temi su cui, sostiene, esiste una Giorgia 1 e una Giorgia 2: migrazioni, natalità, presunti nepotismi, pensioni, carovita, privatizzazioni, energia. “Qui mi fermo – conclude Conte – Giravolte su giravolte, ci gira la testa Giorgia!”.

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