Di Claudio Borghi, il sedicente economista e parlamentare della Lega che ieri – spalleggiato dalla potenza di pensiero del suo leader Matteo Salvini – ha chiesto le dimissioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, reo di un accenno alla fantomatica quanto innocua “sovranità europea”, l’Indro Montanelli d’antan avrebbe detto che “non fa macchia ma macchietta”. Gente che sa solo buttare in caciara qualunque argomento serio.

La serietà che invece meriterebbe il tema su cui siamo chiamati ad esprimerci il prossimo weekend: il futuro dell’Unione europea. Ossia quell’Europa che ormai da tempo ha lasciato cadere la maschera che impersonava lontani sogni concepiti a Ventotene da democratici antifascisti, per rivelarsi nient’altro che “il cartello di Bruxelles” – disinteressato alla costruzione dello stato federale del futuro, quanto impegnato in negoziati senza fine per la distribuzione di benefici tra i propri membri, intesi come il concerto tra vertici politici, tecnostruttura e lobby al servizio di interessi finanziario-speculativi. Per inciso, dopo Washington sono proprio i corridoi di Bruxelles quelli frequentati dal maggior numero di lobbisti al mondo. Una mandria affamata di favori, a fronte di concreti benefici riservati ai rappresentanti dei popoli europei, sguinzagliata da 12.500 società registrate (e dio solo sa quanti sono i soggetti non censiti); tra cui spiccano Google, Airbus, Microsoft, Facebook e l’Association des Constructeurs Européens d’Automobiles.

Nel frattempo i sette/ottavi o gli otto/noni della popolazione mondiale maturano una crescente insofferenza nei confronti di antichi padroni (coloniali e post-coloniali), avviati a essere spodestati; e delle stanche narrazioni ingannevoli con cui costoro tentano di gabellare una screditata primazia valoriale. A partire da quella ormai vuota retorica sui diritti umani, che suona a pura turlupinatura in bocca agli allestitori di camere di tortura a Guantanamo o Abu Ghraib; agli ondivaghi partner di chi persegue la pulizia etnica nella striscia di Gaza. Con una ripartizione di responsabilità collusive in capo anche ai reggicoda in questa farsa finto-etica, etichettati benevolmente come “alleati”. Governo italiano compreso.

Diciamolo pure: l’esperimento europeo nasce come una tecnocrazia saintsimoniana, impegnata a promuovere sviluppo attraverso scelte verticistiche, e finisce nel dialogo con l’affarismo. Comunque, un’istituzione rapidamente avvizzita liquidando qualcosa che assomigliava al liberalismo newdealistico keynesiano come l’economia sociale di mercato, per adagiare il progetto europeo nel conformismo neoliberista propugnato dalla scuola di Chicago (liberalizzazione, deregolamentazione e privatizzazione). Una precoce perdita dell’innocenza, che risale alla sottoscrizione del trattato di Maastricht, il 7 febbraio 1992. Il definitivo accantonamento di una pur vaga idea di democrazia inclusiva, nell’inconfessata adesione alla teoria esplicitata dallo stratega di Tony Blair – il “principe delle tenebre” Peter Mandelson – “che ci sia gente ricca sfondata a noi va benissimo”. Con un codicillo: che ci sia pure qualche briciola per il ceto politico di accondiscendenti camerieri per il nuovo corso del privilegio egemonico. Che in questa fase – seppure (forse) al tramonto – rende difficile prendere sul serio una sovranità europea totalmente indefinita.

Ma di questo non si parla. Al massimo si perde tempo a prendere sul serio e deplorare con aria compunta le battutacce barzellettiere di qualche leghista in cerca di notorietà (e del suo boss, in lotta per sopravvivere – nientemeno – che alla concorrenza elettorale del fantasmino Antonio Tajani con inquietante annesso: il sacello berlusconiano).

Non a caso l’alternativa che viene offerta a noi popoli d’Europa l’8 e il 9 giugno è una scelta secca tra la conferma dell’attuale rendita lucrata dalla politica politicante (scelta che un ex funzionarietto confindustriale alla Carlo Calenda definirebbe “seria”) e gli sfasciacarrozze senz’arte né parte – da Vox a Le Pen, con Salvini a far buon peso – che intendono raccattare ogni grammo di frustrazione, insofferenza e rabbia cieca per fare incetta delle poltrone di cui non saprebbero che fare, a campagna elettorale conclusa. In mezzo a questi due schieramenti afasici, le imbarazzanti presenze di opportunisti/e del piede in due scarpe alla Giorgia Meloni e di spudorati “rieccoli”, ben rappresentati dal trio del riciclo Bonino-Renzi-Paita.

Spettacolo osceno dell’irresponsabilità trasformata in harakiri, mentre i moti tellurici del sistema-Mondo stanno inghiottendo quanto – nel bene e nel male – abbiamo chiamato Occidente. Il nostro mondo a rischio scomparsa; portando con sé una civiltà che andrebbe preservata con ben altra determinazione: da Mozart a Leopardi, da Kant a Keynes. Ma vallo a spiegare – ad esempio – a Claudio Borghi o a Lella Paita.

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