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Messico, la vittoria di Sheinbaum chiude una campagna elettorale marcata dalla violenza

Una vittoria che ha rispettato i pronostici, che allunga di altri 6 anni il dominio del partito Morena in cima alla piramide del potere in Messico e che porta per la prima volta una donna, in 200 anni di storia, alla guida del Paese. Le elezioni più grandi della storia messicana, con 98,5 milioni di persone chiamate ad esercitare il diritto al voto, hanno sancito (questo ci dice il conteggio rapido che ha un 95% di affidabilità) che la nuova presidente(a) si chiama Claudia Sheinbaum. Le stime di partecipazione si aggirano intorno al 58% degli aventi diritto: alle 8 ore italiane i dati non lasciavano dubbi. Con una forbice di consensi tra il 58,3% e il 60,7%, Sheinbaum supera di 30 punti percentuali la seconda contendente, Xóchitl Gálvez con una forbice di preferenze tra il 26,6% e il 28,6%. Molto indietro il candidato centrista Jorge Álvarez Máynez (Movimiento Ciudadano) tra il 9,9% e il 10,8%.

In totale si è votato per 20.708 cariche istituzionali, non solo per il capo dell’Esecutivo federale, ma anche per 128 rappresentanti per il Senato della Repubblica e 500 per la Camera dei Deputati. A questi si aggiungono i governatori di nove Stati: Città del Messico, Chiapas, Guanajuato, Jalisco, Morelos, Puebla, Tabasco, Veracruz e Yucatán. Infine nel caso della capitale, Città del Messico (CDMX) sono state rinnovate anche le cariche dei 16 sindaci delle demarcazioni territoriali che la compongono.

Si è chiusa così una campagna elettorale marcata dalla violenza con 35 persone candidate che sono state uccise proprio per il loro impegno politico. L’ultimo caso è quello che ha riguardato Israel Delgado Vera candidato a sindaco per la coalizione Morena-PT-PVEM, assassinato mentre si trovava nella sua casa a Cuitzeo (Michoacán) a poche ore dall’apertura dei seggi. La tensione ha marcato i messaggi delle forze politiche che si sono contese la nuova legislatura, avvivando il fuoco della confrontazione e polarizzando le strade. Andrés Manuel Lopez Obrador ha usato quella che lui chiama “Quarta trasformazione” (un momento di cambiamento storico per il Paese secondo la sua interpretazione), come bandiera da contrapporre ai partiti tradizionali PRI e PAN, uniti nella candidatura di Gálvez. La stessa candidata che di fronte al ritardo dell’annuncio del conteggio rapido della presidentessa dell’Istituto Nazionale Elettorale – INE, Guadalupe Taddei Zavala (era previsto alle 6 ore italiane e si è prodotto quasi 2 ore dopo) ha lasciato intendere su X che si stava “cucinando” una frode elettorale.

Un’opposizione che aveva come obiettivo primario vincere i comizi elettorali nella Città del Messico (la tendenza sembra dire che non sarà così e che Morena ha vinto anche qui), e impedire la maggioranza qualificata nel congresso (questo si saprà solo mercoledì): visto che la presidenza fin dall’inizio si vedeva fuori portata.

Riguardo ai diritti umani, un elemento che richiama alla realtà sociale che si vive da decenni in Messico è stata l’iniziativa “un voto por los desaparecidos” (un voto per le persone scomparse). Azione dimostrativa che vuole rendere visibile la piaga delle persone scomparse in Messico, una cifra terrificante che supera già le 100mila persone e che ha imposto anche all’Onu di inviare una commissione sul territorio nel 2021. Su alcuni giornali locali sono apparse le foto delle schede elettorali di coloro che hanno preso parte a questa protesta, schede sulle quali sono stati scritti i nomi di persone scomparse. Ovviamente questi voti sono stati conteggiati come nulli ma l’obiettivo è stato raggiunto, visto che ne stiamo parlando anche in Italia.

Una presidentessa donna dunque (la prima della storia del Messico), che non garantirà però di per sé la parità di genere, visto che Sheinbaum non si è presentata con una dichiarata agenda femminista. Si tratta certo di un segnale forte, un’immagine che trasmetterà alle bambine messicane che anche loro possono aspirare alla massima carica dello Stato, in un paese attraversato da enormi disuguaglianze, dal razzismo e da una grande breccia di genere. Basti pensare cosa era successo alla talentuosa attrice indigena Yalitza Aparacio (protagonista dell’acclamato film Roma), denigrata e insultata per i suoi tratti etnici che le impedirebbero (secondo i razzisti) di rappresentare il Messico.

Molto difficile che mercoledì prossimo, quando si conosceranno definitivamente i dati della conformazione del Congresso, Morena raggiunga il secondo grande obiettivo: una maggioranza assoluta che gli permetta pianificare delle riforme costituzionali sostanziali. Le democrazie richiedono buoni vincitori ma, cosa ancora più importante, dei buoni perdenti: il progetto nazione del Messico del futuro non sarà dato dunque solo dalla continuità della politica di Morena (questa volta con marca Sheinbaum), ma anche da come l’opposizione saprà vivere questa dimensione per risolvere problemi urgenti e strutturali di un paese estremamente complesso.

Un paese dove la violenza dei cartelli non può essere la scusa costante dell’inazione, dove sarà necessario affrontare la questione delle migrazioni (quasi dimenticata in campagna elettorale), le rivendicazioni dei popoli indigeni (inascoltate nello sviluppo del mal chiamato Treno Maya), i crescenti conflitti territoriali (quasi 500 secondo questo ultimo rapporto di Acled, concentrati in Chiapas e Oaxaca) e la connivenza di parte delle forze dell’ordine con il crimine (incluse la nuova Guardia Nazionale di Andrés Manuel Lopez Obrador).