I giudici della Corte d’Appello di Caltanissetta hanno emesso la sentenza del processo d’appello sul depistaggio sulla strage di Via D’Amelio. Non luogo a procedere per intervenuta prescrizione per Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. La sentenza è arrivata dopo otto ore di camera di consiglio. A parziale riforma della sentenza di primo grado è stato invece dichiarato prescritto il reato anche per Ribaudo che in primo grado era stato assolto. La sentenza è stata emessa dal Presidente della Corte Giovanbattista Tona. “Sono molto, ma molto amareggiato…” dice all’Adnkronos, Gaetano Murana, una delle sette vittime innocenti condannate ingiustamente all’ergastolo per le accuse, false del pentito Vincenzo Scarantino, prima di lasciare l’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta dopo la sentenza d’appello che ha confermato la prescrizione per i poliziotti accusati di concorso in calunnia. Caduta anche stavolta l’aggravante mafiosa.

Gli imputati – Concorso in calunnia aggravata dall’avere agevolato Cosa nostra era il reato contestato ai tre poliziotti, ex componenti del gruppo d’indagine Falcone-Borsellino guidati da Arnaldo La Barbera. Al termine della requisitoria il procuratore generale di Caltanissetta, Fabio D’Anna, aveva chiesto 11 anni e 10 mesi di carcere per Mario Bo e 9 anni e 6 mesi ciascuno per Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Le stesse pene richieste nel processo di primo grado. Sotto la direzione dell’ex capo della Mobile Arnaldo La Barbera, nel frattempo deceduto, i tre poliziotti avrebbe creato a tavolino una falsa verità sull’eccidio – in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e i componenti della sua scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi e Claudio Traina – costringendo personaggi come Vincenzo Scarantino, piccolo delinquente della borgata Guadagna, a dare una ricostruzione non veritiera della fase preparatoria dell’attentato e ad accusare mafiosi che con l’autobomba di via d’Amelio non c’entravano nulla.

Dichiarazioni, quelle dei falsi pentiti, costate l’ergastolo a sette innocenti poi scagionati col processo di revisione. Al dibattimento erano costituiti parti civili i figli e il fratello del giudice Borsellino, alcuni familiari degli agenti di scorta e i sette mafiosi condannati ingiustamente per l’eccidio: Gaetano Murana, Giuseppe la Mattina, Franco Urso, Natale Gambino, Cosimo Vernengo, Salvatore Profeta, e Gaetano Scotto. A smascherare il depistaggio fu la Procura di Caltanissetta che, sulla base delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, riaprì le indagini sull’attentato ricostruendo le reali responsabilità nell’eccidio della famiglia mafiosa di Brancaccio. Il tribunale di Caltanissetta, in primo grado, il 12 luglio 2022 aveva fatto cadere l’aggravante mafiosa, dichiarato prescritte le accuse contestate a Bo e Mattei, mentre Ribaudo era stato assolto. Il verdetto era stato impugnato e la Procura generale ha chiesto la condanna per tutti. Con l’aggravante mafiosa.

Il procuratore – “È stata esclusa l’aggravante mafiosa per tutti gli imputati ma, a differenza del primo grado, è stata riconosciuta la responsabilità dell’imputato Michele Ribaudo la cui posizione è stata dichiarata prescritta perché è passato troppo tempo dal momento dei fatti. Quindi è un mezzo accoglimento di quelli che sono stati i motivi di appello della procura generale e un totale rigetto di quelli delle altre parti” ha ha detto il procuratore generale di Caltanissetta Fabio D’Anna. “Tre soggetti – ha continuato D’Anna – li abbiamo sicuramente individuati, e sono gli odierni imputati, gli altri concorrenti sono deceduti o comunque nei loro confronti non si è proceduto. Sul mancato riconoscimento dell’aggravante mafiosa valuteremo, una volta lette le motivazioni della sentenza se proporre ricorso per Cassazione o meno”.

La difesa – “Prima di aver letto le motivazioni non si può dire che la corte abbia ritenuto responsabili gli imputati. Nulla sembra essere cambiato rispetto al primo grado” dice l’avvocato Giuseppe Seminara, legale dei poliziotti Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Comunque, per legge, in presenza di una causa estintiva del reato, come la prescrizione, Il giudice ha l’obbligo di pronunciare l’assoluzione nel caso in cui l’insussistenza del fatto, ovvero l’innocenza dell’imputato, emergano in modo immediato, palese e incontrovertibile.

La parte civile – “A nome della famiglia Borsellino, che io rappresento, considerata l’assoluta serietà del collegio e rinviando ogni valutazione più approfondita alla lettura delle motivazioni, credo che oggi sia stato fatto un passo importante in relazione a quello che è stato opportunamente definito il più grave depistaggio della storia giudiziaria italiana – dice l’avvocato Fabio Trizzino, legale della famiglia del giudice Paolo Borsellin – È una sentenza importante perché, benché abbia escluso l’aggravante agevolativa amplia lo spettro della responsabilità sia di Mattei che di Ribaudo, e anche di Bo. Probabilmente la corte riuscirà a spiegare bene i motivi per cui nonostante le nostre prospettazioni l’aggravante sia stata ritenuta insussistente. Io sono soddisfatto – ha concluso – perché comunque viene sancito, con fermezza, che tre appartenenti alla polizia di stato hanno concorso a depistare le indagini sulla strage di via D’Amelio e io ritengo che questo sia un fatto estremamente grave. Per certi diversi dispiace che a pagare siano solo loro perché questo processo presenta numerosi convitati di pietra che avrebbero dovuto essere sul banco degli imputati, ma purtroppo quando lo Stato esercita la propria potestà punitiva a 30 anni di distanza dagli eventi questo è il rischio che si corre”.

La requisitoria – “Le indagini conseguenti alla strage di via d’Amelio – aveva detto D’Anna – hanno avuto un inquinamento probatorio, siamo dinanzi all’ennesimo capitolo iniziato oltre trent’anni fa e non ancora concluso. Vicende che ancora sono irrisolte e meritano di essere approfondite. Ci sono stati quattro procedimenti, condanne ingiuste e rivisitazioni delle sentenze. Non possiamo esimerci dal dire che a questo inquinamento probatorio ha contribuito anche il comportamento di alcuni magistrati, poco attenti, che non sono stati in grado di cogliere elementi di indici di falsità dell’ex collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantino. C’è stato anche un tradimento degli uomini dello Stato, che non hanno tradito solo il giudice Paolo Borsellino, ma anche i loro colleghi, gli agenti della scorta morti nella strage. Un tradimento dovuto ad un forte interesse, perché sapevano che con il loro comportamento avrebbero sviato le indagini, vuoi per proteggere pezzi dello Stato, vuoi per coprire mafiosi, per questo motivi chiedo la condanna a 11 anni e 10 mesi di carcere Mario Bo, e a 9 anni e 6 mesi ciascuno per Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo”.

Secondo l’accusa “i colpevoli non sono solo Bo, Ribaudo, Mattei e il defunto La Barbera, ma dovremmo avere in aula molti più imputati, in base alle risultanze processuali, ci sono vertici che hanno avuto la fortuna di passare indenni da questa vicenda, ci sono soggetti che sono morti” aveva detto Maurizio Bonaccorso, sostituto procuratore applicato nel processo di appello. Per il magistrato “lo scopo di La Barbera di depistare” era “nell’interesse di cosa nostra per evitare che si venissero disvelati i rapporti tra la mafia e apparati dei servizi deviati”.

Imputati e una vittima – In aula gli imputati Mattei e Ribaudo. Presente anche Gaetano Murana, l’ex netturbino palermitano, uno dei sette innocenti accusati falsamente dal finto pentito Vincenzo Scarantino di avere avuto un ruolo nella strage. Murana è una delle vittime del “più grande depistaggio della storia giudiziaria italiana”, come lo ha definito il giudice Antonio Balsamo, che ha presieduto il processo ‘Borsellino quater’. L’uomo non ha mai nascosto l’amarezza per il verdetto di primo grado. “Ho partecipato a numerose udienze ed ero convinto che l’epilogo fosse diverso. Io ho fatto ingiustamente la galera. Ho perso il lavoro, non ho visto crescere mio figlio, ho avuto un infarto. E nessuno pagherà”, disse dopo il verdetto.

Questo è il sesto processo che si celebra su fatti relativi alla strage di via d’Amelio: nella sesta puntata del podcast Mattanza vengono ricostruite tutte le fasi del depistaggio delle indagini

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