di Assunta Albanese

Dal 6 al 9 giugno, i cittadini dell’Ue sono chiamati a votare per le elezioni europee 2024. Chi andrà a votare avrà pertanto l’opportunità di dare il proprio contributo per l’elezione dei rappresentanti che entreranno a far parte del Parlamento Europeo.

Ora, avanzando un dubbio, quanti saranno gli italiani che andranno a votare i prossimi giorni di giugno? Facendo qualche piccolo passo indietro, possiamo dire che: durante le elezioni europee del 2009, su 59,727,931 italiani, il 66,3% della popolazione italiana andò a votare. Nel 2014 invece, sempre tenutesi le medesime elezioni, su 60.021.955 di cittadini in Italia, ci furono soltanto 49.256.169 elettori italiani (compresi quelli all’estero); ergo il 58,7% della popolazione si recò a votare. Alle europee del 2019, su 59.727.931 cittadini, ne andò a votare soltanto il 56,1%.

Tanto considerato, è evidente notare che ogni cinque anni la percentuale di elettori italiani è calata sempre più. Mi chiedo allora quali saranno gli esiti delle votazioni di quest’anno. Presumibilmente, i dati potrebbero calare ancora e questo ci farebbe capire quanta sfiducia vi sia nelle case degli italiani; eppure il diritto di voto è stato guadagnato a suon di fatica da questi, dopo che i nostri predecessori hanno combattuto veementemente.

In Italia il suffragio universale maschile è stato introdotto nel 1918, ammettendo al voto tutti i cittadini maschi di età superiore ai 21 anni e i cittadini di età superiore ai 18 anni che avessero, però, prestato il servizio militare durante la prima guerra mondiale. Mentre le donne hanno seguitato la propria battaglia per il diritto di voto sino a trent’anni dopo: il decreto del 10 marzo 1946 consentì a quest’ultime, con almeno 25 anni d’età, di prendere parte, con il proprio voto, alle elezioni amministrative postbelliche; il 2 giugno 1946 moltissime donne italiane votarono per la prima volta.

Il popolo è insoddisfatto, sconfortato dalla politica italiana e, pure quando si riconosce negli ideali di determinati partiti, non si sente più rappresentato. I politici hanno per molto tempo incrementato l’entusiasmo che i cittadini nutrivano per il sistema e, per molto tempo, questi sentimenti di partecipazione e fervore sono stati demoliti. Questi sono venuti meno (lo dimostrano chiaramente suddetti dati delle scorse elezioni europee), a cause delle ‘’promesse’’ delle nostre figure guida mai mantenute. È subentrato il disamore per la politica italiana, fenomeno gravissimo; poiché ciò porta al disvalore di un diritto naturale molto importante, che pur essendo tale si è dovuto combattere notevolmente per ottenerlo.

Un ulteriore fattore molto critico circa il calo degli elettori italiani è il disinteresse dei giovani riguardo la politica. A tal proposito le problematiche potrebbero essere molteplici. In primo luogo i genitori di questi ragazzi sono in parte amareggiati da una politica e da politicanti deludenti: parliamo di corruzione, concussione – per mantenersi attuali; parliamo di personaggi i cui scopi sono soltanto quelli di badare ai propri interessi. I giovani hanno tal esempio a casa e dunque potrebbero essere privi di mezzi utili attraverso cui avvicinarsi alla politica.

Non dimentichiamoci, poi, l’importanza che riserviamo oggi ai social media, da cui i giovani sono molto attratti; la politica in senso stretto e i suoi componenti non sono ancora entrati a far parte del mondo social, impedendo ancora una volta alle nuove generazioni di far proprio questo tema. Questo è, senza dubbio alcuno, un serio problema: i giovani sono il futuro, quello che il mondo sarà domani dipende da loro; è importante che si documentino e che vengano a conoscenza di contenuti meno futili e più rilevanti.

Hanno ideali propri? Qualora li abbiano, sono portati avanti con fermezza, divenendo punti saldi per la giovane società? È fondamentale che questo accada, affinché non si perda il valore del diritto di voto. Tutti i cittadini devono votare.

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