Se non voli non voti. Un decreto legge di trent’anni fa e l’inerzia del Governo italiano lasciano poche alternative ai cittadini italiani residenti in Gran Bretagna che dopo la Brexit non è più un Paese comunitario: se vogliono votare i propri rappresentanti alle elezioni europee devono rientrare in Italia e ottenere il certificato elettorale dall’ufficio dell’ultimo Comune di residenza. Peccato che molti degli oltre 500mila italiani in Regno Unito, che alle scorse elezioni europee hanno potuto regolarmente votare presso le sedi consolari, questa volta non abbiano ricevuto alcuna cartolina-avviso e siano rimasti con un palmo di naso. Un disagio che li accomuna, per motivi diversi, ai residenti in Belgio che, invece, non hanno ricevuto per tempo le tessere elettorali.

Per cercare di svegliare il governo Meloni dal torpore, oltre 6mila firmatari hanno già apposto il loro nome su una petizione lanciata da The Good Lobby indirizzata al Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e a quello degli Esteri Antonio Tajani: “Ci opponiamo alla decisione di escludere gli italiani residenti nei Paese extra-Ue dalla possibilità di votare a distanza alle prossime elezioni per il Parlamento europeo. Chiediamo al governo di superare questa rigidità normativa estendendo immediatamente questo diritto a oltre 1 milione di italiani e italiane in Regno Unito e Svizzera“, si legge nella petizione dove si ricorda che, come l’Italia, solo i governi di Slovacchia, Malta, Repubblica Ceca, Bulgaria e Irlanda non consentano ai propri cittadini che vivono fuori dalla Ue di adempiere al proprio diritto-dovere di voto nel Paese di residenza.

The Good Lobby chiede dunque al nostro governo di “approvare una normativa che superi l’obsoleto Decreto-Legge 24 del 1994, n. 408, ripristinando il diritto al voto da remoto alle Europee per coloro che vivono nel Regno Unito e introducendolo per i residenti in Svizzera”: “Ormai mancano pochi giorni, speriamo di raggiungere il più alto numero di firme possibile per far sentire il nostro dissenso su una questione che abbiamo a cuore in questo Paese dove a noi europei è stata imposto lo shock della Brexit – dice Germana Canzi che durante i negoziati per l’uscita dalla Ue ha fatto parte del gruppo the3million in rappresentanza degli europei in Gran Bretagna – Non abbiamo avuto l’opportunità di votare al referendum e una volta usciti dall’Unione gli stati della Ue e il Regno Unito hanno lavorato a decine se non migliaia di legislazioni per adeguarsi, ma l’Italia al contrario degli altri Paesi non si è presa la briga di legiferare per evitare che mezzo milione di persone perdessero il diritto al voto. Si è dimenticata di noi“.

Un sondaggio condotto da Londra Italia rivela un reale disappunto dei connazionali in Uk. Alla domanda “ritieni giusto che gli italiani nel Regno Unito debbano rientrare in Italia per votare alle elezioni europee?” il 97% ha risposto ‘no’, mentre solo il 3% era indeciso o favorevole. “Considerato che le risposte al sondaggio sono state quasi 400, sono circa 7-8 le persone che in qualche modo sposano la linea del nostro governo che ha scelto di applicare la legge del 1994 e che pensano che votare ai consolati sia un dispendio eccessivo in rapporto all’affluenza normalmente bassa alle elezioni europee”, dice Francesco Ragni, direttore di Londra Italia.

Ragni spiega che dal sondaggio emerge un forte senso di rabbia e delusione per essere stati privati di un’opportunità visto che queste elezioni, anche per l’avanzare senza precedenti delle destre estreme, sono più sentite. “Il 94% delle persone ha risposto di essere interessato a votare alle Europee ma soltanto il 6% ha pianificato di rientrare in Italia per problemi di lavoro e costi di viaggio onerosi che abbiamo stimato possano arrivare anche a 1.000 sterline“, spiega a Ilfattoquotidiano.it.

Tutti gli altri grandi Paesi fondatori come Spagna, Germania, Francia hanno agevolato il voto alle europee dal Regno Unito e sono in molti i cittadini italiani che si chiedono perché invece non possano votare al consolato, dice il Direttore di Londra Italia. Tutti i loro commenti sono stati pubblicati online: “È istruttivo leggerli perché emergono i sentimenti dei connazionali residenti in Uk che si dividono tra quelli che sentono di essere stati scippati di un diritto democratico che la nostra Nazione avrebbe dovuto agevolare invece di ostacolare e chi lamenta la mancanza di informazione perché sarebbe stato necessario avvertire con largo anticipo i cittadini italiani che per la prima volta non possono votare in Uk dando loro modo di organizzarsi e trovare voli più convenienti”.

Dalla crisi climatica, alle migrazioni, la regolamentazione del sistema finanziario come pure i diritti dei consumatori, l’Unione europea è determinante per legislazioni e standard che hanno impatto non solo su chi vive nei confini della Ue, ma a livello globale, per questo, sostiene Germana Canzi, a maggior ragione è assurdo escludere gli italiani che vivono fuori dalla Ue dalla possibilità di votare. “È in primo luogo una questione democratica di salvaguardia di diritti costituzionali, ma poi le decisioni prese dall’Unione europea hanno conseguenze anche su di noi ovunque viviamo”.

Ad accorgersi del gap sul voto europeo per gli italiani residenti in Gran Bretagna e a promuovere la campagna per i loro diritti è stata Giulia Gentile che insegna Diritto Comunitario alla University of Essex: “Il nostro diritto fondamentale, protetto dall’articolo 48 della Costituzione italiana e dall’articolo 39 della Carta dei Diritti Fondamentali della Ue è diventato carta bagnata. Siamo lasciati a noi stessi nell’oblio dello Stato italiano che non ci ha consentito di esercitare il nostro diritto presso le sedi consolari del Regno Unito come tanti altri cittadini Ue o di essere informati in tempo utile sulle modalità per recarci al voto – spiega – Se avesse voluto permetterci di votare dall’estero, il nostro governo avrebbe potuto emanare un decreto legge (una misura d’urgenza che entra in vigore il giorno successivo all’adozione) e predisporre le schede elettorali in un mese. La conseguenza più preoccupante è che così si disincentiva la partecipazione politica e questa è una deriva pericolosa perché avere sempre meno persone che si recano a votare restringe la differenza tra democrazia e dittatura, un trend preoccupante soprattutto in un momento in cui con oltre 60 elezioni nel mondo gli equilibri nazionali e geopolitici sono fragili”.

Gli italiani in Inghilterra hanno iniziato una battaglia che intendono combattere fino in fondo. “La questione sarebbe risolvibile con un decreto, ma sembra che non ci sia volontà politica e forse non c’è stata abbastanza attenzione a una questione fondamentale come il nostro diritto di voto – aggiunge Germana Canzi – La comunità mi ha contattata e ho sollevato la questione che riguarda tutti a prescindere dallo schieramento politico”. Nel frattempo la petizione sta continuano a raccogliere sostenitori ed è arrivata a quasi 6000 firme: “La petizione è servita ad accendere il dibattito su una legge che è stata introdotta 30 anni fa e non è al passo coi tempi, non tiene contro della globalizzazione e del fatto che siamo cittadini mobili a cui deve essere favorito il legame con il Paese d’origine. È uno strumento che dovrebbe essere considerato dal Governo per riflettere sulla possibile riforma del sistema elettorale per cittadini residenti all’estero ed è importante per dimostrare che c’è un movimento che vuole ottenere una protezione effettiva dei propri diritti e dimostrare che la democrazia europea conta”, dice Gentile. Che poi conclude: “Ci sono varie vie europee per cercare di far processare il Governo italiano per violazione dei trattati e della carta dei diritti fondamentali. La Commissione europea può avviare una procedura d’infrazione per la violazione dei Trattati, inclusa la Carta dei Diritti Fondamentali, e sto cercando di capire se questo potrebbe essere il caso del Governo italiano. Le procedure di infrazione però possono protrarsi anche per anni e si può addirittura andare davanti alla Corte di Giustizia. Questo voto non ci potrà mai essere restituito, ci è stato tolto, punto”.

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