Hamas mette i suoi paletti alla proposta degli Stati Uniti per un cessate il fuoco. E sono paletti che non coincidono con quelli già annunciati da Israele. “La proposta di Israele non risponde alla fine della guerra e al ritiro da Gaza e non è coerente con i principi stabiliti da Biden – ha detto uno dei capi di Hamas, Osama Hamdan – Senza una posizione chiara da parte di Israele per preparare la fine definitiva della guerra e il ritiro da Gaza, non ci sarà accordo“.

Parole che sembrano mettere fine alle speranze di un avvicinamento tra le parti. La proposta presentata personalmente da Joe Biden prevedeva il ritiro completo delle truppe israeliane dalla Striscia per sei settimane, la liberazione di tutti gli ostaggi e l’invio massiccio di aiuti umanitari alla popolazione di Gaza. ma il primo ministro di Tel Aviv, Benjamin Netanyahu, spinto dalla pressione esercitata dalle fazioni più estremiste del governo, aveva subito puntualizzato che nessun cessate il fuoco poteva considerarsi definitivo fino alla liberazione di tutte le persone in ostaggio e la completa distruzione di Hamas. Condizioni inaccettabili per il partito armato palestinese.

Nel tentativo di fare un passo avanti verso la ripresa dei negoziati, Washington ha portato al Consiglio di sicurezza dell’Onu il proprio piano di tregua. E un’intervista di Biden al Time, realizzata il 28 maggio ma pubblicata oggi, faceva capire qual è la posizione della Casa Bianca sull’impasse nei colloqui: “Ci sono tutte le ragioni per trarre questa conclusione”, ha detto il presidente rispondendo al giornalista che gli chiedeva se credesse che il premier israeliano stesse prolungando la guerra per motivi politici. Nella serata italiana Axios ha poi riportato che il direttore della Cia Bill Burns e il consigliere di Biden per il Medio Oriente Brett McGurk stanno andando in Medio Oriente per spingere l’accordo sulla liberazione degli ostaggi e sul cessate il fuoco. E domani una delegazione egiziana incontrerà le controparti del Qatar e degli Stati Uniti a Doha nel tentativo di rilanciare i negoziati di tregua a Gaza, scrive Al Arabiya.

“Un terzo degli ostaggi è morto” – C’è da considerare che il governo di Israele ritiene che più di un terzo degli ostaggi a Gaza siano morti. Secondo le stime di Tel Aviv, dei 120 prigionieri nella Striscia 43 sono stati dichiarati morti sulla base di varie fonti di informazione. Hamas ha affermato che diversi prigionieri sono stati uccisi negli attacchi aerei israeliani o sono morti a causa delle ferite non curate per l’assenza di assistenza sanitaria a Gaza. Delle circa 250 persone catturate il 7 ottobre, una trentina sono state liberate durante la tregua di novembre, mentre alcuni corpi sono stati recuperati dalle truppe israeliane.

Il piano di Biden al Consiglio di sicurezza Onu “entro la settimana” Gli Stati Uniti hanno presentato martedì una risoluzione in sostegno della proposta del presidente, che il giorno prima aveva già ricevuto l’endorsment del G7. “Numerosi leader e governi, anche della regione, hanno appoggiato il piano e chiediamo al Consiglio di sicurezza di unirsi a loro nel chiedere l’attuazione di questo accordo senza rinvii e senza ulteriori condizioni”, ha detto l’ambasciatrice americana al Palazzo di Vetro, Linda Thomas-Greenfield. Il testo, che circola in bozza, dovrebbe essere discusso e votato entro la settimana.

La proposta di risoluzione afferma che la rapida attuazione dell’accordo consentirà un cessate il fuoco, il ritiro dell’esercito israeliano dalle “aree popolate della Striscia di Gaza”, il rilascio di ostaggi, un aumento della portata degli aiuti umanitari, il ripristino dei servizi di base alla popolazione e il ritorno dei palestinesi nel nord di Gaza. Nell’ultima parte del testo si afferma l’impegno “a favore della visione di due Stati democratici, Israele e Palestina”, nonostante gli Usa abbiano finora messo il veto sul riconoscimento dello Stato palestinese.

L’appoggio dei membri del Consiglio è determinante perché tra i membri non permanenti per il 2024 e 2025 c’è l’Algeria, Paese storicamente molto vicino alla causa palestinese e promotore di diverse iniziative in sede Onu per chiedere il cessate il fuoco permanente a Gaza e il riconoscimento dello Stato di Palestina.

La rappresentante di Washington alle Nazioni Unite lo ha detto tra le righe: “I membri del Consiglio hanno sempre chiesto i passi delineati in questo accordo: riportare gli ostaggi a casa, garantire un cessate il fuoco completo, consentire l’aumento di assistenza umanitaria a Gaza e la ristrutturazione dei servizi essenziali. Ora dovrebbero lasciarsi sfuggire questa opportunità”.

Macron a Netanyahu: “Stop con la guerra a Gaza” – Il presidente francese ha chiesto “la fine della guerra a Gaza” nel corso di un colloquio telefonico avuto con il primo ministro israeliano, come riporta l’Eliseo secondo cui Macron ha espresso il suo “sostegno” alla proposta del presidente Biden per un cessate il fuoco e ha fatto appello a Hamas affinché la accetti. Il presidente ha sottolineato che tutti gli ostaggi, tra cui figurano due cittadini francesi, devono essere restituiti alle famiglie e che “il calvario dei palestinesi a Gaza deve finire”, auspicando un invio “massiccio” di aiuti umanitari nell’enclave “senza ulteriori ostacoli”. Il presidente francese ha poi evidenziato che un accordo tra Israele e Hamas potrebbe riaprire “una prospettiva credibile” per l’attuazione della soluzione a due Stati, “l’unica in grado di fornire le necessarie garanzie di sicurezza per Israele e di rispondere alle legittime aspirazioni dei palestinesi”. Riguardo ai rischi di escalation nella regione, Macron ha espresso preoccupazione per le crescenti tensioni alla frontiera con il Libano e ha chiesto a tutte le parti la massima moderazione.

Netanyahu non parlerà al Congresso Usa il 13 giugno – L’ufficio di gabinetto di Benjamin Netanyahu ha smentito stamattina la presenza del primo ministro israeliano il 13 giugno a Washington per tenere un discorso al Congresso americano, come riportato ieri dai media statunitensi Punchbowl News e Politico. La scelta temporale era stata considerata significativa perché proprio in quei giorni Joe Biden sarà assente da Washington per partecipare al G7 in Puglia.

La data non potrà essere il 13 giugno perché interferisce con le festività ebraiche, ha riferito l’ufficio di Netanyahu ha riferito ai media israeliani, aggiungendo che il calendario non è stato ancora definito.

Ultradestra all’attacco – Intanto il ministro di ultradestra titolare della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir è tornato a infiammare gli animi con una dichiarazione bellicosa alla vigilia della Marcia delle bandiere, la manifestazione che celebra la vittoria della guerra dei 6 giorni del 1967 e l’unificazione di Gerusalemme. Il governo di Tel Aviv ha permesso alla sfilata di arrivare ai limiti del quartiere arabo, aumentando dunque il rischio di provocazioni con i palestinesi. “Il Monte del Tempio e Gerusalemme sono nostri. Dobbiamo colpirli dove è più importante per loro – ha detto il leader Ben-Gvir alla radio militare israeliana –. Marceremo verso la Porta di Damasco e andremo al Monte del Tempio nonostante loro”. Parlando di Gaza, Ben-Gvir ha detto: “Ci sono cose che non abbiamo ancora fatto, come fermare il gas, dire basta agli aiuti umanitari: facciamolo per un mese o due, poi vedremo”.

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