Lunedì 10 giugno 2024. È questa la data che rimarrà nella storia del tennis italiano. Il giorno che renderà Jannik Sinner ufficialmente il nuovo numero 1 della classifica mondiale. Il ritiro di Novak Djokovic dal Roland Garros, è l’ultimo tassello che mancava all’altoatesino per avere la certezza di potersi issare lì dove nessun italiano ha mai osato nemmeno avvicinarsi. Il passo definitivo a certifica di un sorpasso meritato, quasi inevitabile. È stato un viaggio lungo quello di Sinner per la conquista della vetta del ranking, suddiviso in capitoli, fatto di trionfi e delusioni, momenti di svolta e record. Un percorso che trova la sua origine in un momento ben preciso, il 16 febbraio 2022.

L’ufficialità della separazione da Riccardo Piatti (dopo circa 8 anni di lavoro) e l’arrivo di Simone Vagnozzi e di Darren Cahill (dal giugno seguente) dà inizio a una storia nuova, inizialmente frustrante e altalenante, con le eliminazioni nei quarti a Wimbledon e Us Open (rispettivamente da Novak Djokovic e Carlos Alcaraz) e appena un titolo (il 250 di Umago). Delusioni cocenti, fonti di critiche e perplessità. Ma la strada è finalmente quella giusta. Queste sconfitte infatti consentono di incamerare esperienza e fame di vittoria, rafforzare personalità e ambizione, comprendere i propri limiti per andare oltre. Sinner a fine 2022 esce sì dalla top 10, ma questo altro non è che la più classica delle rincorse, necessaria a lanciarsi in avanti, in direzione di un salto di categoria.

L’inizio del 2023 pone le basi per la scalata in classifica. La sconfitta al quinto set negli ottavi degli Australian Open contro Tsitsipas è amara, ma tollerabile. Nel ranking del 30 gennaio Sinner scende ancora, passando dalla posizione 16 alla 17, eppure è l’inizio dell’ascesa. Il titolo nel 250 di Montpellier, le finali nel 500 di Rotterdam e nel 1000 di Miami, le semifinali a Indian Wells e Montecarlo creano un filotto di risultati che riportano l’azzurro al numero 9 del mondo. Per la prima volta Sinner assapora quella continuità che serve per diventare un grande del tennis. Ma come spesso capita quando si sperimenta una novità, l’esaltazione si lega all’incertezza. E così l’altoatesino (complice anche qualche lieve acciacco fisico) delude sia agli Internazionali che al Roland Garros.

Le due scivolate sulla terra rossa vengono cancellate rapidamente dalla prima semifinale Slam a Wimbledon (sconfitta contro Djokovic) e dal liberatorio primo titolo in un Masters 1000 a Toronto, in finale contro Alex De Minaur. Due momenti che rappresentano altri step fondamentali. Pesi psicologici che Sinner si lascia finalmente alle spalle, spingendolo al numero 6 del mondo. Proprio lì dove Matteo Berrettini era stato fino a un anno e mezzo prima. La crescita ormai appare evidente, così come pressanti si fanno le aspettative. Agli Us Open l’azzurro si presenta come uno dei favoriti, quasi un semifinalista scontato. E invece la sua avventura si ferma già negli ottavi di finale. Zverev lo estromette al quinto set.

Le fatiche nordamericane meritano una pausa di riflessione, in cui mettere in ordine i dettagli, analizzare i dati, ricaricare il fisico e la mente. Sinner così salta il girone di Coppa Davis. Una decisione non priva di sofferenze. In Italia le polemiche divampano, le critiche si inaspriscono. Eppure è proprio da qui che nasce il numero 1 del mondo di Jannik Sinner. La scalata in classifica, prima regolare e graduale, si trasforma in una corsa forsennata. Ogni torneo diventa l’occasione per spezzare record, far cadere tabù irrisolti. Due mesi colmi di clic mentali, che regalano a Sinner una regolarità sorprendente. Il tutto prende forma nella posizione numero 4 del mondo, come solo Adriano Panatta nel 1976 nel tennis italiano.

I successi nei 500 di Pechino e Vienna consentono a Sinner di liberarsi dal tarlo Daniil Medvedev. Nella round robin alle Atp Finals di Torino invece cade il tabù più grande di tutti: Novak Djokovic, 7-5 6-7 7-6. Un percorso torinese in cui l’azzurro supera anche Tsitsipas, Rune e nuovamente Medvedev, prima di cedere alla stanchezza e all’ultimo Nole (fino ad oggi) di altissimo livello. La sconfitta di Torino però non fa male, anzi. Diventa l’occasione per rilanciare le ambizioni. Perché il 2023 non è ancora finito.

A Malaga, in Coppa Davis, l’azzurro veste i panni del trascinatore e la Nazionale ritrova un successo che mancava da 47 anni. Un trionfo dove il momento più importante arriva però in semifinale. I tre match point consecutivi annullati a Djokovic (con conseguente vittoria italiana) segnano la testa di Sinner così come quella del serbo. Il primo trova la consapevolezza di essere ormai pronto a prendersi il tennis mondiale, il secondo invece sente aprirsi quelle crepe che nessun avversario in passato era mai riuscito a procurargli. È la svolta definitiva della carriera. Quella che trascina l’azzurro verso l’obiettivo che tutti adesso aspettano: il primo titolo Slam.

L’Australian Open è l’occasione giusta per “regalare” all’Italia un trionfo che attende dal Roland Garros di Adriano Panatta del 1976. Sinner supera senza affanni van de Zandschulp, De Jong, Baez, Khachanov e Rublev, e arriva in semifinale allo snodo cruciale. Ancora contro Djokovic. Il serbo in Australia è il padrone assoluto e ha vinto in 10 occasioni. Una sorta di “mostro finale” insomma. L’azzurro però è ormai libero da ogni sudditanza psicologica e travolge Nole in quattro set. Un’impresa che equivale a un passaggio di consegna. Ora tra lui e il primo Slam c’è solo Medvedev. Il russo per due set approfitta di un Sinner teso dalla prima finale, poi subisce la reazione e la rimonta, cedendo al quinto. L’azzurro sale così a quota 11 titoli in carriera, scavalca ancora Adriano Panatta e diventa il tennista italiano più vittorioso nell’era Open. Adesso è davvero tutto pronto per l’assalto alla vetta del ranking.

Dopo Melbourne è ancora numero 4 del mondo, ma la classifica cambia in fretta. Nel 500 di Rotterdam, due settimane dopo, vince il titolo ed entra nella top 3. A Miami, un mese dopo, domina il torneo, conquistando il secondo Masters 1000 in carriera e la posizione numero 2. La cima è sempre più vicina, anche perché nel frattempo Djokovic continua nella sua fase involutiva. E invece, improvviso, arriva l’imprevisto che complica tutto, gettando preoccupazione e incertezza. Tra Montecarlo e Madrid Sinner avverte un dolore all’anca destra. Un punto estremamente delicato, che costringe l’azzurro a quasi un mese di stop e a saltare gli Internazionali d’Italia. Il problema però non mette mai a rischio l’inerzia che si è venuta a creare riguardo alla conquista della prima posizione mondiale. Troppi infatti i punti da difendere per Djokovic, così come troppe sono le difficoltà che il serbo continua ad avere. Il recupero di Sinner (e la sua presenza a questo Roland Garros) ha rappresentato l’ultima spinta che serviva per afferrare definitivamente il traguardo storico, inimmaginabile fino a qualche anno fa. La scalata è terminata, il dominio di Djokovic crollato. Sopra Sinner adesso non c’è più nessuno. Solo una nuova storia da costruire.

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