L’allegria. L’acqua che cresce. La preoccupazione. La paura. L’allarme. La corrente sempre più forte. Il livello che sale ancora. L’attesa dei soccorsi. L’angoscia. Ancora l’allarme. L’isolotto in ghiaia che scompare. L’ultimo abbraccio disperato. E poi il fiume, la morte. Ciò che è accaduto venerdì 31 maggio a Pramariacco, nel fiume Natisone, non è un reality televisivo della serie all’ultimo respiro. È la sequenza di una tragica mezz’ora, al termine della quale nessuno è riuscito a salvare due ragazze e un ragazzo che erano andati a fare una scampagnata e sono stati portati via, ingoiati nel gorgo, sotto gli occhi di tanti testimoni e di troppi, impietosi telefonini che ne hanno filmato la fine e perfino registrato le parole.
Il procuratore della Repubblica di Udine, Massimo Lia, ha convocato una conferenza stampa nella sede del comando provinciale dei carabinieri, per annunciare che l’inchiesta aperta ha ora un’ipotesi di reato, omicidio colposo, anche se rimane rubricata contro ignoti. Perché a oltre tre giorni dalla morte di Patrizia Cormos e Bianca Doros e mentre sono in corso le ricerche di Cristian Casian Molnar (il cui corpo non è ancora stato ritrovato) stanno emergendo troppi elementi che impediscono una rapida archiviazione, nonostante la piena del fiume sia stata improvvisa e la zona fosse segnalata da cartelli con il divieto di balneazione e l’avviso del rischio di inondazioni. “Condurremo tutti gli accertamenti del caso, per accertare se i soccorsi sono stati tempestivi. – ha spiegato il procuratore – Mi preme, però, segnalare che, allo stato attuale, non ci sono elementi specifici che ci fanno andare in questa direzione, ma le verifiche sono in fase iniziale”.
QUATTRO TELEFONATE – Il magistrato ha spiegato che Patrizia ha chiesto aiuto quattro volte al 112 e che la prima telefonata è registrata alle 13.29. La situazione è precipitata nel giro di mezz’ora e questo lasso di tempo pone interrogativi sulla tempestività dei soccorsi. L’ultima chiamata, quando la macchina degli interventi si era già messa in moto, non ha neppure avuto risposta. L’inchiesta costituisce una scelta tecnica per poter effettuare gli accertamenti, ad esempio acquisire i tabulati telefonici e i dati relativi alle persone presenti a Pramariacco o che si sono precipitate per prestare soccorso. Alla prima chiamata di Patrizia ha risposto un addetto della centrale del Numero unico regionale 112, che ha gestito l’Sos come un “soccorso tecnico” e ha dirottato la richiesta al Comando provinciale dei Vigili del fuoco di Udine. Da qui è stato inviato con la massima urgenza l’equipaggio più vicino al luogo della richiesta, mentre sono state attivate le squadre specializzate in interventi fluviali e sono stati messi in preallarme i sommozzatori.
L’ELICOTTERO PARTITO DA VENEZIA – Contemporaneamente è stato attivato Drago, l’elicottero dei vigili del fuoco che però fa base a Venezia, a un centinaio di chilometri dal luogo dell’emergenza. Intanto i ragazzi erano in ammollo, sempre più terrorizzati. Hanno richiamato il 112 una seconda volta spiegando che l’acqua stava salendo di livello e di intensità. La stessa cosa hanno fatto alcune persone che si trovavano sul ponte e hanno registrato ciò che stava accadendo. Il personale di terra dei pompieri è arrivato velocemente. Siccome Drago era appena partito da Venezia, diretto in Friuli, è stato chiesto l’intervento dell’elicottero sanitario della Sores Fvg, con a bordo un tecnico del Soccorso alpino, in grado di compiere le manovre per un eventuale recupero all’esterno del velivolo. Il secondo elicottero si è alzato in volo pochi minuti dopo Drago, ma è arrivato a Premariacco prima. Troppo tardi. Un paio di minuti prima i tre ragazzi – secondo il racconto dei testimoni che si trovavano sul Ponte Romano, erano stati risucchiati dal fiume. Uno dei vigili del fuoco si era gettato in acqua nell’estremo tentativo di raggiungere il terzetto, ma aveva dovuto desistere.
ELICOTTERI IN FRIULI – E pensare che a Campoformido si trovano elicotteri in dotazione al servizio sanitario regionale. Nel sito ufficiale si legge che il velivolo EC 145-T3 è attivo h24 per il volo diurno e notturno, con equipaggio completo: pilota, tecnico verricellista, medico anestesista-rianimatore, infermiere coordinatore di volo sanitario e tecnico di Elisoccorso CNSAS (Soccorso Alpino). Quindi quell’elicottero (ammesso che fosse disponibile) ha il verricello e una persona che lo sa usare per interventi simili a quello che richiedeva l’emergenza a Pramariacco. Un secondo EC 145-T3 garantisce i trasporti tra ospedali, l’assistenza per eventi con maxi afflusso di persone, ma è anche a disposizione della Protezione Civile Regionale per recupero persone illese, trasportare personale CNSAS in quota e recuperare salme in zone impervie. Gli elicotteri della Protezione civile hanno invece solo il gancio baricentrico e non il verricello. L’inchiesta dovrà accertare la disponibilità dei velivoli e l’applicazione dei protocolli, per capire se qualche errore di valutazione sia stato compiuto quando è stato allertato Drago, mentre solo in un secondo tempo si è ricorsi a un elicottero friulano, molto più vicino a Udine.
COMPETENZE A CONFRONTO – Domenico Lione, il prefetto di Udine, ha ricevuto già sabato la richiesta del ministro per la protezione civile Nello Musumeci di chiarire la tempistica. È lo stesso interrogativo che si pongono ora i magistrati. Il prefetto ha dichiarato: “In un intervento come questo il soccorso pubblico e l’attività di Protezione civile hanno confini inevitabilmente sfumati. È normale, dunque, che ci sia un interessamento diretto da parte del ministro della Protezione Civile. Del resto, in questa regione il sistema è affiatato, come dimostra l’eccellente collaborazione che abbiamo con la Regione”. Per questo è stato attivato il secondo elicottero in dotazione alla Regione Friuli-Venezia Giulia, dopo che i vigili del fuoco erano ricorsi a Drago, partito dal Veneto.
“CHIAMATE MIA MAMMA” – L’autopsia ha accertato che Patrizia e Bianca sono morte per asfissia da annegamento e politraumi. La mamma di Patrizia: “Ciò che più mi addolora è che tutti hanno fatto foto e video e nessuno li ha salvati. Nessuno. Potevano forse salvarli. Non era importante fare i video. Mia figlia era andata a fare una passeggiata, ha chiamato più volte il 112. Ha lasciato il suo nome, l’indirizzo. E ha detto: ‘Chiamate mia mamma’”.