di Fabio Rotondo, policy officer e campaigner, e Federico Anghelé, direttore
Sono quasi 24.000 gli studenti e le studentesse che l’8 e il 9 giugno potranno votare per la prima volta nella regione in cui studiano, senza doversi sobbarcare lunghi e costosi viaggi per raggiungere il seggio nel loro luogo di residenza. Numeri ancora piccoli ma che fanno ben sperare per il futuro, quando finalmente avremo (ce lo auguriamo!) una legge che renda possibile in maniera stabile il voto a distanza.
Si è parlato di flop rispetto alla sperimentazione del voto fuori sede per gli studenti universitari. Ma è davvero così? Ventiquattromila elettori rappresentano circa l’8% dei 330.000 studenti italiani che vivono al di fuori della regione in cui hanno mantenuto la residenza perché la sperimentazione introdotta con il Decreto Elezioni vale soltanto per coloro che vivono in una regione diversa da quella in cui studiano. Insomma, 330.000 e non i 590.000 considerati il bacino potenziale di questa sperimentazione che indicano gli studenti che vivono al di fuori della provincia di residenza.
Va poi detto che ogni cambiamento ha bisogno di tempo: in nessun Paese europeo che ha introdotto il voto a distanza, tutti esclusi Italia, Cipro e Malta, la prima volta si è assistito a una partecipazione di massa. Ad esempio, in Estonia nel 2005 solo l’1,9% utilizzò il voto elettronico, mentre nel 2023 questa percentuale è salita oltre il 50%, la più alta in assoluto. In Spagna, il voto per corrispondenza nel 2000 coinvolse meno di mezzo milione di persone, ma nel 2023 ha raggiunto oltre 2,6 milioni di votanti sancendo, di fatto, il record da quando è stato introdotto.
Senza andare troppo lontano, la provincia di Bolzano introdusse il voto per corrispondenza (l’unica provincia in Italia dove si garantisce il vuoto fuorisede) in occasione delle elezioni provinciali nel 2013 dove votarono meno di 8.000 cittadini. Nel 2023, alle ultime elezioni provinciali, il numero dei partecipanti è però salito a 13.100, dimostrando una crescita costante.
Si deve tenere poi conto del contesto, perché la nuova sperimentazione è arrivata un po’ all’ultimo, quando sembrava ormai naufragata la possibilità di veder riconosciuto anche in Italia il voto a distanza. Il Decreto Elezioni è stato infatti approvato a fine marzo ma le regole sulla nuova modalità di voto sono state rese note solo l’8 aprile. Considerato che la registrazione al voto a distanza andava completata entro il 5 maggio, c’è stato meno di un mese per poterlo fare. A fronte di tempi risicatissimi, però, la comunicazione istituzionale non ha certo brillato. Il Ministero dell’Interno ha infatti inviato comunicazioni ai comuni, alle università, ha caricato un avviso sul proprio sito e lanciato spot televisivi ma l’impatto sugli studenti non si è praticamente visto. Gran parte degli studenti che abbiamo incontrato, infatti, non sapevano nulla della sperimentazione.
Va aggiunto che le università seppur sollecitate da noi di The Good Lobby, hanno informato molto tardi gli studenti sulle nuove modalità di voto e alcune neppure lo hanno fatto. Tra metà di aprile e inizio maggio abbiamo raggiunto molte università un po’ in tutto il Paese allo scopo di informare gli studenti, volantinando, organizzando eventi. Pochissimi erano stati puntualmente raggiunti da informazioni “istituzionali” sul nuovo diritto di voto a distanza.
Infine, non va dimenticato che la sperimentazione riguarda solo le elezioni Europee ma in questa tornata elettorale oltre 3.500 comuni andranno al voto (senza dimenticare le elezioni Regionali in Piemonte), per cui gli studenti che intendano votare per il rinnovo dei consigli comunali o per le Regionali saranno comunque costretti a tornare a casa. Questo ha sicuramente influito sulla bassa richiesta di iscrizioni per il voto fuorisede.
Noi non ci scoraggiamo, la nostra campagna è solo all’inizio e insieme alla Rete Voto Sano da Lontano, formata da 11 associazioni studentesche e organizzazioni del terzo settore, continueremo a chiedere e fare pressione per far approvare una legge che comprenda tutte le categorie di fuorisede, quindi anche i lavoratori (che sono oltre 4.3 milioni di persone), e tutti i tipi di elezioni. La nostra petizione ha quasi raggiunto le 55.000 firme e invitiamo i lettori e le lettrici a unirsi a noi per chiedere finalmente una legge completa.