Il Tribunale di Busto Arsizio ha dichiarato il "carattere discriminatorio" delle parole della stilista bolognese
Il Tribunale di Busto Arsizio ha condannato Elisabetta Franchi e la sua società Betty Blue Spa per le frasi sessiste pronunciate dall’imprenditrice nel 2022. Intervenendo al convegno “Donne e moda: il barometro 2022”, la stilista aveva affermato di “puntare” per “ricoprire le posizioni ‘importanti'” su “uomini” di qualsiasi età o “donne solo sopra i quarant’anni“ perché “se dovevano sposarsi, si sono già sposate, se dovevano far figli, li hanno già fatti, se dovevano separarsi hanno fatto anche quello e quindi diciamo che io le prendo che hanno fatto tutti i quattro giri di boa, quindi sono li belle tranquille con me a mio fianco e lavorano h24, questo è importante”.
Le parole di Franchi avevano scatenato non poche polemiche e l’Associazione Nazionale Lotta alle Discriminazioni (ANLoD) aveva presentato un ricorso al Tribunale di Busto Arsizio. Oggi la giudice Francesca La Russa ha riconosciuto il carattere discriminatorio delle esternazioni dell’imprenditrice e ha condannato la sua società a versare 5mila euro di risarcimento all’ANLoD. Oltre al risarcimento e al pagamento di 3500 euro di spese legali, il Tribunale ha imposto a Betty Blue Spa di promuovere corsi annuali di formazione obbligatori per tutti i dipendenti contro la discriminazione di genere. La società dovrà infatti “adottare, entro 6 mesi, un piano di formazione aziendale sulle politiche discriminatorie che preveda la realizzazione di corsi annuali, con l’intervento di esperti, ai quali siano chiamati a partecipare, obbligatoriamente, tutti i dipendenti e condanna la società resistente al pagamento di una somma di euro 100,00, in favore dell’associazione ricorrente, per ogni giorno di ritardo nell’attuazione di tali provvedimenti”, come si legge nel dispositivo di sentenza.
La sentenza rappresenta un importante passo avanti nella lotta contro la discriminazione di genere sul posto di lavoro: le parole di Elisabetta Franchi sono state ritenute dalla giudice offensive e lesive della dignità delle donne, tanto che le ha imposto anche di abbandonare ogni pregiudizio “di eta, genere, carichi e impegni familiari nelle fasi di selezione del personale per le posizioni di vertice”.