Non sempre i più forti vincono. Soprattutto se nella stessa squadra. E quando accade, si sfocia nella polemica e nella competizione malsana. L’ufficialità della nuova coppia Ducati formata da Bagnaia e Marquez (a partire dal 2025) potrebbe essere il preludio di qualcosa che si è già visto. E non solo nel mondo dei motori. I superteam (o Dream Team), molto spesso, nascono dal desiderio di accontentare le fantasie dei tifosi aumentando, allo stesso tempo, i malumori dei diretti interessati. Eppure, l’unico Dream Team in grado di sdoganare questo luogo comune è stata la squadra di pallacanestro americana omonima – di Michael Jordan, Magic Johnson e tanti altri -, in grado di stra(vincere) l’oro alle Olimpiadi di Barcellona 1992. L’eccezione in un mondo di figurine e multinazionali viventi, messe insieme solo per vendere qualche biglietto in più.
Troppe stelle ad Hollywood
L’unico luogo in cui c’è posto per tutte le stelle è il cielo. Sicuramente lo stesso non può accadere in una squadra Nba: in un roster di 12 elementi, 4 possono stare molto stretti. È il caso dei Los Angeles Lakers: stagione 2003/2004. Ai già vincenti Kobe Bryant e Shaquille O’Neal – conosciuti per il loro grande ego in campo – si aggiunsero Karl Malone e Gary Payton, gli eterni incompiuti. Il risultato? L’occasione di una vita si trasforma in un’epica catastrofe, consumata proprio in finale contro i Detroit Pistons.
Ad oggi, l’idea dei superteam sembrerebbe essere sfuggita di mano alle diverse franchigie americane che hanno preso come modello (sbagliato) proprio quei Lakers. Superteam, forse, solo a nomi: un mucchio di ottimi giocatori ‘arrivati’ e ancora alla ricerca di un insperato anello.
Le figurine ‘Galacticos’ e il dio denaro parigino
C’era un tempo in cui il Real Madrid spendeva senza avere successo, difficile da credere. I famosi ‘Galacticos’ hanno rappresentato la massima espressione di un fallimento quinquennale consumatosi primi anni 2000. Le grandi firme come Ronaldo ‘Il fenomeno’, Beckham, Figo (solo per citarne alcuni) scaldano il cuore della gente ma la bacheca del club rimane fredda e spoglia. Pochissimi trofei, o comunque molto meno di quanto ci si sarebbe aspettato: la disfatta si verifica nella stagione 2004/2005, terminata con zero trofei.
Quasi vent’anni più tardi, il Paris Saint Germain degli sceicchi replica fedelmente il fiasco madridista: Messi, Neymar, Mbappé, Di Maria, Sergio Ramos. Tutto bellissimo. Ma oltre il solito (e scontato) dominio nel campionato francese, niente di più. La Champions è rimasta ancora un’illusione che non si compra con i soldi.
Senna-Prost
La più grande rivalità nella storia della Formula 1. Alain Prost e Ayrton Senna si sono presi la scena degli anni Ottanta e Novanta, creando una narrativa a tratti scorretta e insostenibile, soprattutto in McLaren, quando i due erano dei separati in casa. Nel 1988, l’apice della loro rivalità venne toccata nel corso del Gran Premio del Portogallo. Nel tentativo di mantenere il primato (in ballo c’era il titolo mondiale), Senna strinse clamorosamente il compagno di scuderia Prost contro il muro. Il francese rischiò moltissimo per evitare l’impatto: a gara terminata, ci furono critiche nei confronti del brasiliano, lui ovviamente non si pentì per quanto fatto.
Un anno più tardi, nel Gran Premio di San Marino ci fu l’episodio di disobbedienza. Prima dell’inizio del Gran Premio in casa McLaren era stato preso un accordo secondo cui il pilota uscito per secondo dalla prima curva non avrebbe dovuto attaccare il compagno, almeno per i primi giri. Senna fece l’esatto opposto: superò – senza nemmeno pensarci due volte – Prost all’interno per conquistare la testa della gara e la vittoria finale. Al termine, il pilota francese minacciò il boicottaggio per le gare successive in caso di mancate scuse da parte del brasiliano. Ovviamente, di queste nemmeno l’ombra. Una sfida che continuò ad alimentarsi nel tempo, creando dinamiche che costrinsero i due a separarsi.
Lorenzo-Rossi, la (s)fortuna della Yamaha
Ecco il caso limite della Yamaha. Vincere, si…ma a quale costo? Jorge Lorenzo e Valentino Rossi hanno vinto insieme (e tanto) prima di porre un vero e proprio muro. Gli screzi tra i due hanno portato Rossi a cambiare team: ancora oggi, la decisione che inevitabilmente ha messo fine alla carriera di VR46. E anche al suo ritorno, dopo la parentesi con la non competitiva Ducati, la gerarchia era stata ormai stabilita. Con un Valentino Rossi che non voleva sentirsi da meno, i momenti di tensione si sono trascinati fino al momento decisivo della stagione. A Valencia, nell’ultima gara del motomondiale 2015, Jorge Lorenzo architetta un piano diabolico (che coinvolge il terzo incomodo Marquez) contro il suo compagno di squadra. Ancora oggi, una ferita aperta nella carriera di Rossi. Non una grande figura per la Yamaha.
Pecco Bagnaia e Marc Marquez saranno destinati allo stesso rapporto conflittuale? Pubblicamente non c’è mai stata alcuna polemica, almeno per ora. Un possibile screzio, però, è dietro l’angolo soprattutto, quando la Ducati dovrà scegliere il primo pilota su cui puntare. E con due personalità così ingombranti e contrastanti tra loro, lo spettacolo (e il rischio di un grande fallimento) è assicurato. La Ferrari, intanto, in attesa dell’arrivo di Hamilton prende nota.