Un po’ maître, maestro e gitano, alle 11 del mattino si presenta ai cancelli de ‘Il Fatto Quotidiano’ a Roma, Alberto Veronesi, in smoking, papillon e con pianola e cantante al seguito, per suonare al giornale l’aria del Barbiere di Siviglia “La calunnia è un venticello” di Rossini. Un modo per protestare contro le inchieste che il Fatto ha pubblicato sul presidente del Comitato Puccini, organismo governativo che gestisce 9,5 milioni di fondi pubblici: sulle tante incoerenze nei titoli di studio e premi che dichiara, sulle opacità con cui gestisce il Comitato, sulle cause e i debiti che si trascina da molti anni, per illeciti commerciali e per una brutta storia di donazioni per borse di studio per giovani artisti i cui fondi avrebbe utilizzato – per sua stessa ammissione – “anche per il mio personale sostentamento”. Veronesi distribuisce volantini con le fotocopie dei diplomi che, da due mesi, il giornalista del Fatto Quotidiano chiedeva a lui e ai conservatori ma inutilmente. Né lui né gli enti li hanno mai esibiti. Alla fine su tutti i fronti le risposte inciampano, le calunnie evaporano, fino a quando a smentire Alberto Veronesi arriva Alberto Veronesi.
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