Lo scorso anno non era stato confermato nel ruolo di presidente della Sezione Lavoro della Corte d’Appello di Catanzaro. Ora il Csm a trazione centrodestra punisce in modo ancora più duro Emilio Sirianni, il giudice calabrese “colpevole” di aver dato consigli legali e supporto al suo amico Mimmo Lucano tra il luglio e il dicembre del 2017, a cavallo della notizia dell’indagine per associazione a delinquere, falso e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aperta nei confronti dell’ex sindaco di Riace (poi condannato in primo grado a 13 anni, pena ridotta in Appello a un anno e sei mesi). Con 15 voti a favore, 14 contrari e due astenuti, il plenum dell’organo di autogoverno ha negato alla toga – espressione della corrente progressista di Magistratura democratica – il superamento della settima valutazione di professionalità, bloccando così il suo avanzamento di carriera e di stipendio (con una seconda bocciatura, la conseguenza sarebbe la radiazione). Nella delibera approvata si legge che, sulla base delle intercettazioni tra Lucano e Sirianni acquisite agli atti, quest’ultimo “appare fortemente condizionato da rapporti personali, vincoli, condizionamenti amicali e orientamenti ideologici (…) incompatibili con le doti di equilibrio e indipendenza che dovrebbero costantemente connotare la condotta del magistrato”. Per quei dialoghi Sirianni era stato indagato per favoreggiamento e poi archiviato, così com’era stato scagionato in sede disciplinare.
Sulla pratica si è sviluppata una lunga discussione in plenum, incentrata sui limiti alla libertà di espressione e di opinione di giudici e pm. La votazione si è dovuta ripetere per ben tre volte: le prime due tornate, infatti, erano finite in perfetta parità, 14 a 14. Al terzo tentativo il consigliere togato Dario Scaletta, del gruppo conservatore di Magistratura indipendente, ha cambiato il proprio voto da astenuto a favorevole alla valutazione negativa, permettendo così l’approvazione della delibera. Insieme a lui, contro Sirianni si sono espressi i sei consiglieri laici di centrodestra, Ernesto Carbone di Italia viva e Michele Papa in quota M5s, oltre agli altri sei togati di Mi. Per la valutazione positiva di professionalità, invece, hanno votato i sei togati progressisti di Area, Mimma Miele di Magistratura democratica, gli indipendenti Roberto Fontana e Andrea Mirenda, i quattro centristi di Unità per la Costituzione (UniCost) e Roberto Romboli, laico in quota Pd. Astenuti i due “capi” della Corte di Cassazione, la prima presidente Margherita Cassano e il procuratore generale Luigi Salvato, membri di diritto dell’organo.
Nel corso del dibattito, durato quasi tre ore, il comportamento di Sirianni è stato stigmatizzato dai laici di centrodestra: “Oltre alla consulenza giuridica nei confronti di Lucano”, il giudice “si attiva per coinvolgere la stampa, elabora comunicati indirizzati al governo ed al ministero dell’Interno, suggerisce risposte ed istanze di accesso agli atti agendo a volte come se fosse un legale del sindaco stesso, altre come se fosse un suo consulente della comunicazione”, ha ricordato Claudia Eccher, eletta in quota Lega e già avvocato di Matteo Salvini. Per Rosanna Natoli, eletta in quota Fratelli d’Italia non si può “giustificare Sirianni dicendo che era libero di fare attività politica, altrimenti domani ci troviamo pieni di magistrati che faranno da consulenti ai sindaci senza nemmeno chiedere l’autorizzazione al Csm”.
Il consigliere di Area Marcello Basilico, invece, ha ricordato che “tutte le condotte “attive” di Sirianni sono antecedenti alla notizia che il sindaco di Riace fosse indagato”. E si è rivolto ai consiglieri sottolineando: “Per altri colleghi non ci siamo fatti i problemi che ci stiamo facendo oggi per Sirianni”. Il riferimento è ai magistrati coinvolti nello scandalo Palamara, a cui, quasi sempre, sono state riconosciute valutazioni positive nonostante le chat in cui tentavano di interferire sulle nomine dei capi degli uffici rivolgendosi all’ex pm radiato. Una disparità di trattamento sottolineata anche da un altro togato di Area, Antonello Cosentino: “Le chat di Palamara, quelle sì che incidevano sull’ordinamento giudiziario, non queste di Sirianni con Lucano. O riteniamo forse che l’impegno politico di un cittadino-magistrato possa ricadere in danno del suo status professionale pur non avendo alcun collegamento con la sua attività professionale?”. Sulla stessa linea Marco Bisogni di UniCost, relatore della proposta di minoranza favorevole a Sirianni: desta stupore, ha incalzato, “che proprio questo Consiglio si scandalizzi per queste conversazioni e che le consideri rilevanti al punto da attenere ai prerequisiti del giudizio di professionalità”.
Un altro punto divisivo è quello relativo alle intercettazioni in cui il giudice critica in modo aspro il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, definendolo “un grandissimo figlio di buona donna”, “mediocre”, “fascistone di merda” e “ignorante”. Su questo il togato indipendente progressista Roberto Fontana ha sottolineato: “Se passa il principio che da una conversazione privata con un amico possano scaturire conseguenze sul piano della valutazione professionale, solo perchè ha espresso un giudizio ingeneroso su un collega, non posso non fare presente a questo plenum che già si sta levando molta preoccupazione nella magistratura”. Sulla “punizione” di Sirianni esprime un duro giudizio in mailing list anche Stefano Celli, pm a Rimini e membro del Comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati (Anm): “Mi pare davvero evidente che il voto contro Sirianni, e, mi spiace dirlo, ma nei fatti è così, anche il non voto, l’astensione, sia una scelta politica. Ancor più significativa perché, oltre che dai laici di destra, viene da un gruppo (Magistratura indipendente, ndr) che invece censura persino l’Anm quando interviene in questioni politiche, che poi sono tutte le questioni di interesse generale”.