È notorio che consumare latte crudo non sia proprio una buona idea per mantenersi in salute. Il rischio di entrare in contatto con una serie di agenti patogeni pericolosi come E. coli, Salmonella e Listeria è alto e le conseguenze possono essere fatali. Ora però si aggiunge anche la preoccupazione che proprio il latte crudo (e chi lo consuma) possa trasformarsi in un pericolosissimo vettore di una prossima pandemia.
In una lettera pubblicata sul New England Journal of Medicine alcuni scienziati di Wisconsin e Texas ritengono che esista un rischio con il consumo di latte crudo. Il Laboratorio di Diagnostica Medica Veterinaria del Texas ha ottenuto e analizzato campioni di latte vaccino da una mandria colpita nel Nuovo Messico, da cui sono stati isolati otto virus. I ricercatori hanno rilevato che i topi nutriti con latte di mucche infette dal virus H5N1 sviluppano gravi sintomi di influenza aviaria. Sebbene lo studio non possa confermare che le persone che bevono latte crudo contenente il virus svilupperebbero gli stessi sintomi, mette in evidenza il potenziale rischio. Per motivi etici, studi simili non possono essere condotti sugli esseri umani.
Come noto gli Stati Uniti hanno alzato il livello di guardia sul virus H5N1 dell’aviaria che ha compiuto il salto di specie e si sta rapidamente diffondendo tra i bovini da latte del paese. Al momento si conoscono tre infezioni umane da H5N1 tra lavoratori agricoli da quando l’epidemia è stata rilevata per la prima volta a fine marzo. Thijs Kuiken, patologo del dipartimento di Viroscienza dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam, nei Paesi Bassi, ha dichiarato al portale “STAT”: “Sulla base del peso delle prove derivanti dalla nostra conoscenza di questo ceppo dell’H5N1, è probabile che le persone che bevono latte crudo da mucche infette contraggano una malattia sistemica”.
Il nuovo studio condotto all’inizio di aprile – prima che la Food and Drug Administration statunitense e altri gruppi accademici annunciassero che il virus attivo non può sopravvivere in prodotti lattiero-caseari pastorizzati – comprendeva diverse componenti. Oltre a nutrire topi con latte crudo, il team ha testato vari metodi di pastorizzazione, per verificare se il virus poteva sopravvivere. Uno dei metodi ha eliminato completamente il virus nel latte, mentre un altro, che prevedeva un riscaldamento breve, ha solo ridotto il virus a livelli bassi.
I ricercatori hanno avvertito che i loro metodi di trattamento del latte non erano identici a quelli utilizzati per la pastorizzazione commerciale. Un altro aspetto dello studio ha previsto la conservazione del latte crudo contenente il virus a temperatura di frigorifero per diverse settimane, per osservare se la quantità di virus diminuiva nel tempo. Hanno riscontrato solo una lieve riduzione della quantità di virus attivo, suggerendo che “il virus potrebbe rimanere attivo per diverse settimane nel latte crudo conservato a 4°C”.
Gianmarco Pondrano Altavilla