Nell’Europa che guarda all’accordo tra Italia e Albania come a un modello, i 20 posti letto messi a disposizione nel centro di Milano sono un gesto d’insubordinazione. Perché a dormirci saranno i migranti che intendono proseguire il loro viaggio verso altri Stati. Intenzione contraria alle regole Ue: l’esame delle domande d’asilo spetta al paese di primo ingresso, cioè l’Italia. Che però non è la più ambita delle mete e infatti buona parte di chi arriva si ferma appena il tempo di recuperare le forze o ricevere i soldi per proseguire, tanto che Germania e Francia hanno più richieste d’asilo di noi.

Chi sbarca e non chiede asilo riceve un decreto di respingimento e in una settimana deve lasciare l’Italia. Altri arrivano dalla rotta dei Balcani, attraverso il confine di Trieste dove capita che non si fermino nemmeno per rifiatare. Quelli che non vogliono restare in Italia sono la maggioranza e i più puntano dritti verso Milano, ultimo snodo per le altre mete europee. Nel capoluogo lombardo quello dei transitanti è stato un inverno lungo. Già lo scorso autunno sono stati centinaia i transitanti all’addiaccio, comprese famiglie con minori e persone in difficoltà. A offrire riparo era stata l’associazione Rete Milano con i volontari disposti ad ospitare in casa propria. “Non c’era nulla, nemmeno per le persone fragili che poi sulla strada rimangono spesso vittime di ruberie, restando senza soldi e cellulare”, spiega Fausta Omodeo, presidente di Rete Milano, che oggi esprime gratitudine per i posti finalmente a disposizione.

Il centro per l’accoglienza notturna temporanea dei transitanti è ufficialmente operativo dal 2 giugno nella centrale via San Marco. La struttura è stata concessa in gestione all’associazione Senza Margini e verrà gestita in collaborazione con Rete Milano. I posti a disposizione sono 20 e a ogni persona verranno garantiti un kit igienico, cena, colazione, ed eventualmente supporto sanitario e infermieristico. La permanenza massima è di due notti consecutive, dopo le quali le persone verranno indirizzate verso gli uffici comunali che si occupano delle procedure per l’asilo. “Chi riesce parte il giorno dopo. Altri magari devono aspettare che arrivino i soldi da casa o dagli amici già all’estero. Poi c’è chi ha problemi fisici, alcuni arrivano con le gambe massacrate e le vesciche ai piedi. Ma sono comunque poche le persone che si fermano a Milano più di 3 giorni”, spiega Omodeo, che annuncia passi avanti anche sul fronte dei minori non accompagnati, che per legge non possono essere considerati transitanti e vanno immediatamente presi in carico dallo Stato.

“L’aspetto più positivo è che possiamo ricominciare a dire che questi posti ci sono, perché il punto critico è da anni che le persone in transito non esistono”, commenta soddisfatto Riccardo Tromba, presidente di Naga che dal 1987 offre assistenza sanitaria, sociale e legale a chi non ha permesso di soggiorno, incluse le persone in transito. E che tuttavia guarda a un “cambio di paradigma che permetta un discorso generale sull’accoglienza di tutti coloro che ne hanno bisogno”. Poi ricorda: “Le strutture di Milano per accogliere i transitanti furono chiuse nel 2015 come parte dell’accordo complessivo in cui l’Ue attribuiva all’Italia risorse per la gestione dell’emergenza migranti in cambio della realizzazione degli hotspot: vi diamo le risorse, ma voi dovete fermare le persone. Così le persone rimasero in strada”. “Esiste il regolamento di Dublino, mai superato, e quindi la regola del paese di primo ingresso. Ma esiste anche il diritto umanitario e un dovere di solidarietà, e poi la doverosa preoccupazione di un ente locale come il Comune per la città che amministra”.

Insomma, chi proprio non vuol sentir parlare di accoglienza apprezzerà che le persone vengano tolte dalla strada. Ma l’assessore al Welfare e Salute Lamberto Bertolé non si nasconde. “Si accoglie anche per contrastare il racket e il possibile sfruttamento della marginalità di queste persone. Ma innanzitutto per sostenere chi ne ha bisogno, offrendo poi un assessment giuridico per orientare le persone, anche in previsione di un’accoglienza stabile nel caso decidessero di chiedere asilo”. “Quella dei transitanti è una situazione causata da leggi obsolete come il regolamento di Dublino. Ma anche da un governo che, nascondendosi dietro agli slogan, si volta dall’altra parte per non affrontare la situazione”. Meglio “promuovere l’accoglienza diffusa e smetterla con l’emergenza si tratta di un fenomeno strutturale. Invece – spiega – come comuni siamo chiamati a mettere le toppe su un sistema che crea marginalità e allarme sociale. Il centro di via San Marco è pensato per garantire l’attivazione di un dispositivo salvavita che possa essere usato in emergenza e in maniera temporanea per evitare situazioni di pericolo e di precarietà”.

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